lunedì, ottobre 03, 2005

Modern language, antiquati errori

Piero Ottone, in un articolo su un settimanale, si ferma a riflettere sulla larga diffusione della lingua straniera nell'italiano, nella forma di singole parole ormai d'uso comune.

Sfortunatamente per lui, si lancia anche in una cieca interpretazione del fenomeno.
Cosa determina - per lui - il ricorso sempre più frequente all'inglese? Semplice, il potere economico e - dice lui - politico, culturale.

Mentre è facilmente immaginabile il punto sull'economia, resta confuso quello politico, che Ottone non ci spiega. E buon per lui che non cerca neppure di spiegare dove sia la maggior "importanza culturale" (sì, dice proprio così, lui).
Però fa delle belle acrobazie, sul do ut des dell'accrescimento linguistico: loro ci han donato l'invenzione del computer e noi quella della pizza.
Il signor Ottone ha perso un'altra occasione d'oro per non esprimere opinioni nazionali.

Quel che si è perso è realtà popolare, di più basse giustificazioni dell'economia, di più semplice e rasoterra politica, di latitante identità culturale.
Cultura? Quella degli spot pubblicitari, dove anche quarant'anni fa i detersivi avevano il nome in inglese, ma storpiato all'italiana.

Vince davvero l'inglese o semplicemente la pigrizia?
In un SMS dallo slang moderno c'è più Inglese o Ignoranza?
Chi usa una voce come "slang" della riga sopra, lo fa per impatto visivo come nel mio caso, o solo perché è così ignorante da non sapere che in italiano si dice "dialetto"?

Non vedo che tristezza, in chi usa termini come "performante", inventandosi dall'inglese un italiano che esisterebbe già: basta conoscerlo.
Altro che scambio culturale interlingua.
Speriamo che la prossima volta, il signor Piero, guardi meglio gl'italiani, prima di scriverne -- altrimenti avrò altro di cui rattristarmi, leggendolo.

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