lunedì, agosto 22, 2016

Invisibili divisioni

Qualche volta si conosce un argomento un po' più della media, magari perché si è professionisti del settore (e questo è il caso che mi capita più di frequente), oppure semplicemente perché si conoscono più dettagli di altri che ne parlano.
Altra cosa ancora è essere attenti lettori o ascoltatori, tali da capire quando un discorso rivela inesattezze, nasconde informazioni, oppure è completamente errato. In questo caso non aggiungiamo conoscienza personale all'argomento specifico, ma ne creiamo a partire dalle capacità analitiche.

Un breve articolo che ho letto oggi su un quotidiano, cita nuove regolamentazioni in Italia per il glifosato, un erbicida (o quello che più propriamente si dovrebbe dire un agrofarmaco) in uso da lungo tempo.
L'articolo recita che "su questo prodotto il mondo scientifico si era diviso".
La formula delle "divisioni" è una classica argomentazione da stampa generalista, che è solita non portare fatti concreti a sostegno, ma ha lo scopo di acquisire l'interesse dei lettori con il tema retorico della presunta incertezza che regna nel mondo scientifico.
La complessità della scienza, riportata al livello di conoscienza medio, viene banalizzata dicendo che "neppure gli scienziati ne capiscono granché". Ovviamente non è vero, ma la riduzione del pensiero scientifico, del progresso della conoscenza, ad un'ignoranza diffusa, rende tutto meno pauroso per le persone semplici.

La prima volta che ho veramente riflettuto su questo fenomeno è stato una decina d'anni fa, vedendo il documentario "Una scomoda verità", sui cambiamenti climatici. Nel racconto di Al Gore, si rifletteva sul fatto che la stampa generalista ci parlava di scienziati divisi sull'argomento, quasi incerti nel sapere se tutto fosse davvero causato dall'influenza umana sul clima. Al contempo nelle pubblicazioni scientifiche, nessuno metteva in dubbio che la causa degli sconvolgimenti climatici, nell'ultimo secolo, sia sicuramente il modo in cui usiamo le risorse del pianeta.
Quindi la stampa generalista proponeva una tesi senza fondamenti, ma probabilmente più accettata dall'uomo comune.

In fondo il giornalismo non è solo cronaca, ma ci ha abituati alla speculazione, proponendola come fattualità.
Siamo abituati a leggere fatti di cronaca in cui insieme alla notizia ci viene data la spiegazione, al furto ci viene subito proposto chi era il ladro, prima ancora delle indagini. Abbiamo uno sfrenato bisogno di risposte immediate, tanto più è grave e pressante il caso: non riusciamo a concepire l'omicidio irrisolto, serve velocemente una soluzione che non ci lasci nell'incertezza.
Il metodo viene esteso infine ad ogni argomento giornalistico, dallo sport alla scienza e tecnologia.

E il glifosato?
Leggo ancora nell'articolo citato all'inizio, che lo IARC l'ha dichiarato "probabilmente cancerogeno". In questa frase risalta la parola "cancerogeno" su tutto, per cui l'articolo confida che il lettore si perda altri dettagli. Si dice poi come l'EFSA abbia invece dichiarato che è un prodotto "sicuro" per la salute; ora l'esperienza ci insegna che se qualcuno solleva una parola come "cancerogeno" (anche se preceduta da "probabilmente") ormai è dichiarata la sua nocività, e nessuno potrà mai più trasformarlo in "innocuo".
C'è poi un'aggravante, quella del prodotto chimico, che rende irrecuperabile il salvataggio del glifosato. Perché se si fosse trattato di un prodotto naturale, si sarebbero mobilitate le milizie del mondo naturale, biologico, un po' com'è accaduto quando esattamente le stesse dichiarazioni sono state sollevate da IARC sulla carne rossa.

Fate un esperimento: se dichiarate di essere probabilmente ricchi, e qualcuno mostra le vostre tasche vuote dicendo che sicuramente non è così, per molti diventa facile credere al secondo. Quando invece le cose si complicano, come per una dimostrazione scientifica, restano in pochi a voler ascoltare una spiegazione complessa.

Nel prezioso libro "Contro natura" di Bressanini e Mautino, si ricorda come una grande quantità di persone sia incapace anche solo di ascoltare spiegazioni complesse, figurarsi l'analizzare i contenuti.
In quel caso la divisione semplice degli sciocchi è fra cibo naturale e cibo innaturale, senza considerare che la cosa è molto più complessa, tanto che non esistono né cibi naturali né cibi contro natura, come spiegato dagli autori. Ironicamente, per la smania di semplificare, sono citati un po' di paradossi in cui certi alimenti vengono tutt'oggi prodotti e raccomandati dalla filiera del biologico e naturale, mentre sono nati da esperienze molto più imbarazzanti degli inutilmente odiati OGM.