venerdì, luglio 04, 2014

Versioni semplificate

Mentre il mondo continua a crescere, nella nostra conoscenza (ed intendo sia scientifica così come più semplicemente di fatti, luoghi e persone), diventa inevitabile eseguire una cernita, una selezione. Nessuno di noi potrebbe mai tenere in mente troppe informazioni, qualunque sia la loro natura o rilevanza.
Quello che è rilevante è invece la modalità con cui selezioniamo il materiale utile da quello inutile.

Anzitutto partiamo dalla fonte delle nostre informazioni. Di un bel viaggio ricordiamo alcuni luoghi o divertimenti significativi, così come di un bel libro ci rimane l'immagine dei personaggi o dei luoghi che più abbiamo vissuto nel racconto. Questi sono due esempi di esperienze dirette, per quanto il termine (filosoficamente) possa divenire ambiguo talvolta.
Per quanto il racconto di un libro sia indiretto, l'averlo trovato interessante fornisce un'esperienza diretta su come lo abbiamo immaginato, percepito.

Nella quotidianità, per la gran parte di noi che non vive da eremita, i mezzi di comunicazione di massa sono una ricca fonte di esperienze che viviamo da molto indirettamente fino quasi ad essere dirette. Vedere in video un evento sportivo, o un documentario approfondito, ci porta ad un passo dalla sua esperienza diretta, se la rappresentazione fornita è sufficiente.
Eppure non è sempre possibile dare un'informazione sufficientemente completa, per cui chi narra, chi espone, normalmente è obbligato a creare versioni semplificate.

Quanta semplificazione c'è nei racconti di cronaca, politica, eventi sociali?
Senza un approccio critico, senza un'abitudine al pensiero analitico, si finisce per fare propria l'esperienza diretta che ci viene pilotata. In questo modo si finisce per vivere non solo un sottoinsieme del mondo, ma un sottoinsieme distorto del mondo.
Quale fatica, combattere la superficialità.