martedì, agosto 28, 2007

La lettera elle

Qualche giorno fa leggevo un articolo di politica e cultura internazionale, al riguardo di una donna iraniana, di orientamento omosessuale, vittima di due soprusi.
Il primo accaduto nel suo paese d'origine, dove non solo le è vietata la sessualità, ma è persino condannata con la morte.
Il secondo è avvenuto a seguire, nel Regno Unito, dove ha chiesto asilo politico, ma le è stato negato, perché non ha portato prove concrete della sua omosessualità -- immagino che avrebbe dovuto condurre la sua compagna, a testimonianza, ma che sfortunatamente è già stata arrestata in Iran, e probabilmente giustiziata.

I britannici non sono europei, questo è palese. La frase non è mia, ma di un signore inglese, con cui mi capitò d'intrattenere dei rapporti di lavoro, alcuni anni fa.
Alla mia domanda, riguardo la possibile entrata della loro nazione nella moneta unica europea, rispose che prima o poi sarebbe avvenuto, ma che non sarebbe piaciuto a nessuno, sulle loro isole: "noi non siamo europei, siamo britannici".
Non credo però che nel resto d'Europa la situazione sarebbe stata facilmente a favore della lesbica iraniana. Forse in Olanda, o in qualche paese scandinavo, chissà.

Curiosamente, il giorno precedente, mi era capitato di vedere in televisione un episodio della serie the L Word.
Non ne avevo mai visti prima, e devo dire che si tratta di un immaginario decisamente raccapricciante. E non mi riferisco ai rapporti affettivi fra donne, tutt'altro.

Il taglio è anzitutto quello classico di molte serie americane moderne, con le molte storie intrecciate fra loro e una buona cura dell'immagine.
Il primo lato che mi è apparso inconsueto è quello dell'immagine delle protagoniste: tutte molto belle, tutte molto femminili, nemmeno un accenno androgino. Può essere un caso, ma ho spesso osservato come ci siano un po' di segni caratteristici dell'altro sesso, in molte persone omosessuali: e mi sembra la normalità. Non intendo che ci debba sempre essere un'esclusiva tendenza a somigliare in ogni modo all'altro sesso, ma nel mondo reale è comune vederlo spesso.
Le donne di the L word sono invece rappresentative solo di un campione che non ha simbolismi maschili, nessuna di loro si atteggia o veste in modo mascolino.
E' altrettanto possibile che la sessualità femminile con attrazione verso il femminile, sia in larga parte connotata da simbologie del tutto femminili, senza tendenze maschili. Eppure la prima impressione che ho avuto dalle storie narrate è rimasta la stessa fino alla fine dell'episodio.

Un chiarimento mi è venuto dal riflettere su tutto l'insieme, vedendo come venissero descritte le scene più intime dei rapporti fra le protagoniste. E qui non ho potuto che essere infastidito, perché ho realizzato chi fosse il target del telefilm: gli uomini.
Non avrebbe senso far vedere qualche lesbica mascolina, perché l'obbiettivo è di realizzare un prodotto che sfiora i confini della pornografia soft, dove gli spettatori sono probabilmente uomini, per i quali deve essere inscenato un tipo di rapporto gradevole.
Non sono i rapporti curiosi di Sex and the city, altra serie assai più famosa, dove l'ironia ci rende simpatica anche la finzione più sfrenata.
Trovo the L word quasi lesivo dell'immagine femminile, soprattutto delle lesbiche, che vengono rese caricaturali.
Solo uno degli avvenimenti dell'episodio si concludeva con una riflessione più profonda di una protagonista, accusata di essere una persona perversa in ogni suo agire, in quanto not straight. L'accusatrice era poi portatrice di quello che non è uno stereotipo della finzione: accusava di perversione, mentre aveva alle spalle una figlia disadattata, divenuta pornostar dopo il rapporto disagiato con la madre.
Questa riscossa finale, nello stile "ci date di peccatori, ma voi avete già peccati più grandi", forse ha risollevato un po' l'immagine o l'immaginario della sessualità lesbica. Di certo ha sottolineato la cura di facciata attraverso cui passano le società occidentali in decadenza.

La prima ipocrisia sta proprio nell'espressività. E' infatti comune per gli americani evitare le cattive parole, credendo che sia accettabile per un puritano pensarle, ma non dirle direttamente. In questo modo il volgare fuck diventa una F-word.
E allo stesso modo hanno trincerato lesbian dietro la L-word. Dimenticando deliberatamente che lesbian non è una cattiva parola, anche se esprime una condizione vietata in Iran e nei pensieri degli americani probi.
Forse però, visto il taglio del programma, la parola nascosta non è lesbian, ma lurker (alla lettera "guardone"), distintivo del bisogno instigato negli spettatori.

Guardatelo e fatevene un'idea: visto che non ho precetti di divieto, non ho parole da nascondere, suggerisco tranquillamente agli altri di farlo, anche se non mi è piaciuto granché.

mercoledì, agosto 22, 2007

Partiti per la tangente

Capita di frequente che le parole abbiano molteplici significati, per non parlare poi dei significati figurativi che attribuiamo loro, metafore, metonimie e così via.
Mentre il significato geometrico e matematico di tangente lo limitiamo a campi specifici, pare sempre più spesso che il significato secondario, meno comune, ricordi solo l'accezione negativa: quella sulle somme corrisposte illecitamente.
Chiederò quindi uno sforzo di fantasia per saltare da "quota spettante di un guadagno economico" (sia pur lecita) alla semplice "quota spettante". Quanto al resto del titolo, come sostantivo o aggettivo, rimane libertà di chi legge.

Mentre un po' di giorni addietro riflettevo su certe coalizioni politiche, che mi apparivano di risultato poco convincente, oggi ho letto di altre, assai diverse.
La carta vincente, del creare un nuovo soggetto politico, l'ha mostrata il signor Niccolò Ghedini, che smessi per un attimo i panni dell'avvocato salvatore di patrimoni, ha riferito
l'iniziativa è volta, nell'ambito della Cdl, a recuperare l'area del non-voto, che in Italia raggiunge ormai quasi il 20% dell'elettorato, e non certo a sostituirsi o a far concorrenza ai partiti della coalizione.
Anziché creare dall'inizio un calderone, in cui ficcare a forza i propri alleati, hanno studiato una doppia strategia: se gli altri compagni di merende saranno d'accordo, sarà il torpedone delle vacanze, ma se così non fosse sarà comunque un soggetto a se stante. Con un preciso obbiettivo: raccogliere tutti coloro che si sentono annoiati dalla politica, con il fine ultimo di accorparne i consensi. Riprendersi la quota spettante.
L'idea è in effetti assai efficace. Se un'azienda produce abbigliamento di lusso e abbigliamento sportivo, si può accorgere che una fascia intermedia di clienti vorrebbe avere anche dei capi intermedi: perché non creare una linea radical chic?
Ecco che questa soluzione mi appare vincente, per il bilancio di chi la pilota.
Ovvio che con un elettorato intelligente, con interessi primari diversi dall'ultimo reality show televisivo, non sarebbe una soluzione vincente.
Ma quella sarebbe la storia di una nazione diversa.

giovedì, agosto 02, 2007

L'ebbrezza dell'automobile

In questi giorni si sta preparando un decreto legislativo, per anticipare la legge sulla sicurezza stradale.
Quando il Legislatore si muove, verso i temi di attualità, dietro pressione dell'opinione pubblica, sono sempre piuttosto scettico sui risultati.
Certe leggi e decreti hanno la dote del facite ammuina, generati dalla capacità di mettere in movimento ministri e deputati, in un macchinario capace di sfornare in tempi più o meno lunghi, ma con vicende sempre complesse, degli editti pressoché inutili -- a meno che per utilità non s'intenda l'appesantimento dell'ordinamento giuridico.

Il punto caldo dell'estate, ma ricorrente anche negli inverni più rigidi, è quello delle sanzioni a scopo dissuasivo per chi assume alcolici prima di mettersi alla guida.
Il limite già presente per lo stato di ebbrezza, aldilà dei calcoli che si possono fare, è lamentato da molti per essere troppo basso, e facilmente superabile con modeste quantità. E' ben difficile sapere invece se la misura del troppo basso indicata da costoro sia reale, o esclusiva lamentela di chi ha la frequente abitudine di eccedere. Ricordo di aver udito il racconto sulle vicende di un signore, non presente alla narrazione, che non si era preoccupato di bere meno, ma di garantirsi che la compagnia assicurativa, nel caso di ritiro della patente, gli rimborsasse il taxi per andare al lavoro.
Tanto vale per chi ci ragiona su da sobrio.
Perché ci sono almeno un paio di considerazioni che si dovrebbero fare, prima di legiferare.
La prima è che il guidatore ubriaco (non solo leggermente ebbro) ha già perso da tempo il contatto con la realtà. Da quando ha iniziato a bere è arrivato più o meno progressivamente al bere sempre di più, e nella condizione finale non ha ovviamente la capacità decisionale di chi è sobrio. Chi è sobrio dovrebbe sapere ad esempio che è spesso impossibile far ragionare chiaramente un ubriaco. Chi è allora che dovrebbe essere spaventato dall'inasprimento delle sanzioni, se chi è già alticcio non se ne preoccupa più?
La seconda considerazione riguarda i livelli degli eccessi. Che il limite inferiore per l'ebbrezza sia troppo basso o no, la dimostrazione pratica, spesso dopo incidenti mortali, è che chi li supera in modo decisamente pericoloso non lo fa mai per "quel goccetto di troppo". I livelli misurati sono sempre più spesso di quattro o cinque volte il limite, prefigurando quindi una condizione di alcolismo.

Forse non se ne ha sufficiente percezione, di questa preoccupante tendenza all'alcolismo, l'ho realizzato qualche tempo fa, al pranzo per una festa, dove mi sono trovato invitato. Uno dei convitati, sulla trentina, era visibilmente alticcio, ma considerava se stesso in condizioni normali, anzi meglio del normale. Tanto da finire per raccontarci, insieme al suo amico del tavolo di fronte, che per loro un buon pranzo era quello in cui si erano scolati (in due) oltre una dozzina di bottiglie. Dopo erano usciti dal ristorante, ed erano andati verso il centro cittadino per l'aperitivo serale, ovviamente alcolico.
Così rimane non significativa la preoccupazione di chi vuole assecondare l'opinione pubblica, il partito dei pubblici scontenti, che ha bisogno della carezza consolatoria.
Si cerca di mettere un tappo in una sola perdita, con un problema che genera falle ovunque. Anziché prendere provvedimenti seri contro l'alcolismo, si cerca di limitare gli alcolisti a chi non guida l'auto.

Il fenomeno è molto simile a quello del consumo di tabacco.
Si cerca di tenere i fumatori fuori dal cerchio di chi non fuma, mentre l'interesse a ridurne il numero complessivo, a monte, non c'è.
Perché è faticoso, c'è da spendere tempo e denaro, e non si hanno risultati sufficienti da sbandierare dopo. E il denaro va perso come mancati introiti per l'erario, per non parlare delle inimicizie con i grandi monopolisti di alcol e tabacco.

mercoledì, agosto 01, 2007

Democrazia partita

Già qualche anno fa citavo un noto teorema, che avrei voluto richiamare in queste pagine assai spesso. Per non sembrare pedante, monotono, ho deliberatamente evitato di ripeterlo per mesi, ma nei pensieri di oggi mi era fin troppo ricorrente, per evitarlo di nuovo.

Sono mesi ormai che raccolgo chiacchiere, qua e là, sull'argomento del costituendo Partito Democratico, senza aver approfondito l'argomento, oppure avere presentato la mia personale disamina.
Ho anche avuto il racconto di chi ha partecipato a qualche incontro politico sull'argomento, e il riassunto fattomi è stato più che esauriente: confermava già tutto quel che ne pensavo.

La notizia di ieri, dopo la candidatura in extremis del signor Antonio Di Pietro, era anche l'altrettanto frettoloso rigetto del candidato.
Quest'oggi, leggo un annuncio a pagamento su un quotidiano nazionale, dello stesso Di Pietro, che commenta "il Partito Democratico ha perso un'occasione".
Il dubbio che ne ho avuto è stato molto semplice. Comprendo il fatto che Di Pietro potesse essere piuttosto scomodo, poco gradito in molti ambiti della politica governativa. Ma con la sua candidatura, ha voluto davvero proporsi per il partito finto-democratico, oppure ha voluto deliberatamente dimostrare che dietro la scenografia sfarzosa c'è il niente?

In fondo è l'obbiettivo finale del sistema bipolare tanto citato ultimamente.
Ricordo che già più di vent'anni fa citavo ad esempio la politica del nord America, per dimostrare come si possa costituire un sistema politico complesso, che indice elezioni pubbliche, con una moltitudine di rappresentanti al governo, ma che infine prende scelte totalmente indipendenti dal popolo che l'ha eletto. La logica vincente era di fornire due scelte, A oppure B, così che nessuno potesse dire che mancava la possibilità di decidere del futuro.
Ricordo di quei tempi l'Unione Sovietica già traballante, ma che veniva additata come un regime senza possibilità di scelta, mentre gli Stati Uniti d'America come il paese della libertà. Per qualcuno, allora come ora, chi era un homeless, un barbone americano, faceva una scelta, in piena libertà. Chi sceglieva fra il partito A e quello B compiva una scelta, indipendentemente dal fatto che i due schieramenti avessero gli stessi obbiettivi, se guardati da un punto di vista esterno. E a posteriori è ancora più facile osservarlo: l'alternanza ha prodotto le stesse guerre, le stesse operazioni segrete, gli stessi scandali.
Esula dalle mie capacità il fare osservazioni quantitative, e rapportarle a quelle qualitative: la mia percezione si limita al capire che nessun cambiamento, in quel paese, ha mai portato modificazioni radicali. E se quello è l'esempio più forte di bipolarismo, in una nazione forte, con un senso patriottico elevato, non voglio neppure immaginare che risultato potrebbe avere qui.

Ma torniamo ai nostri contes de fées, alle favole nostrane.
Chi crederà nel futuro partito, di tronfia democrazia più che di trionfale tale?
Forse è più facile rispondere a chi gli darà sostegno elettorale, responso che non necessita di grandi credo. Vi confluiranno tutti coloro che si sentiranno ormai in barca con l'attuale Ulivo, al pensiero che scendere significhi nuotare faticosamente. Sarà la naturale destinazione di chi ha sentito parlare per decenni di compromesso storico, e ci auguriamo sentitamente che non scateni di nuovo le violenze dei tempi passati. Sarà per certo un percorso verso il punto medio e mediocre dell'opinione pubblica, verso quel centro che vuole stabilità, tranquillità, anonimato della politica. L'incitazione a lasciar fare i politici il loro mestiere: gestire soldi e potere in modo discreto, senza mettere in mostra quell'ingordigia superba di cui tutti sanno, di cui è bene lamentarsene, ma niente più.
Sembra proprio che non siamo capaci di trovare alternative, fra il frazionamento dei mille partiti della bistecca, oppure all'opposto i due soli partiti del bene supremo, ma con ben due colori diversi.