sabato, ottobre 22, 2005

Evoluzione sociale

Sull'editoriale odierno di TGMOnline, redatto da Claudio Todeschini, leggo una riflessione sul legame fra abitudini di vita e tecnologia, un argomento spesso sollevato da tanti.

Pur occupandomi di nuove tecnologie, in prima persona, da oltre una quindicina d'anni, osservo spesso con sospetto tutto quello che viene spacciato per novità irrinunciabile.
Preferisco pensare che sia appunto un approccio scientifico, nel quale ogni cosa nuova necessita di essere prima analizzata, per potersi dire realmente nuova.

Tantissimi anni fa (relativamente al mio vivere) riflettevo già su quella che sarebbe potuta essere l'evoluzione sociale, grazie alle nuove tecnologie.
Se per migliaia di anni si sono succedute guerre e rivoluzioni per arrivare a poter vivere meglio (certo anche guerre per poter continuare a vivere sopra la media), la tecnologia, che rende più facile il vivere, sembrava la soluzione.
L'introduzione dei robot, ad esempio, nei vari settori dell'industria, non doveva portare una redistribuzione del benessere, abbassando i costi di produzione?
Era ovviamente un pensiero utopico, nella reale società umana.

Già mentre ero ancora uno studente, delle nuove tecnologie, avevo formulato il chiaro pensiero che un rischio della tecnologia fosse la velocità a cui si propagava. Nell'ultimo secolo la tecnologia è cresciuta ad un ritmo troppo rapido perché potesse essere compresa, acquisita, dalla gente.
Non è quanto in là siamo arrivati ad avere il peso maggiore, ma in che tempi. La cultura tecnologica media rimane molto bassa, per cui l'assorbimento avviene in modo sempre meno consapevole.
La definirei addirittura violenza tecnologica.

Todeschini si chiede quanto le tecnologie senza fili, wireless, ci liberino dai cavi, ma ironicamente ci leghino sempre più ai computer.
E' a mio avviso uno di quei sintomi della tecnologia che passa dal proporsi come utilità allo imporsi come unica via possibile verso il futuro.
E succede in modo sempre più subdolo, tanto che molti cominciano a considerare di aver fatto scelte, dove invece si nascondevano imposizioni, secondo le cieche regole della moda, prima che dell'innovazione.
Ma non si ferma qui la faccenda. E' la promessa di flessibilità del lavoro, che non offre meno lavoro e più benessere, ma semplicemente un modo diverso di lavorare.
E non finisce qui la mia riflessione.

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