venerdì, dicembre 30, 2005

Alta tecnologia

Così recita il titolo di un quotidiano on-line, ma lo scrive in inglese, perché in italiano sembrerebbe dozzinale. E se fosse veramente dozzinale, perlomeno sarebbe intonato al livello della campagna fotografica che ci propongono.
Ma vediamola, coi soli nomi, senza le foto d'effetto.

Qrio, l'ultimo robot commerciale di Sony.
In effetti di tecnologia quest'oggetto ne include un bel po'. L'articolo si sofferma a dirci che ha tre occhi, ma per chi ha visto i video del prodotto in questione, dal sito Sony, è comprensibile che sia davvero il dettaglio più trascurabile. L'effetto su cui ha puntato Sony è appunto l'antropomorfizzazione, la capacità di rendere espressioni corporee umane, in cui questo robot sembra primeggiare.

La nuova Xbox 360 di Microsoft.
Tecnologicamente non sembra così stupefacente: un PC di recente generazione, racchiuso in una console. Il software la renderà appetibile, ma dal punto di vista tecnologico cosa dovrebbe sorprendere?

Con lo iPod nano la Apple "rivoluziona il mercato mp3", come recita la didascalia.
Non ci spiega dov'è la rivoluzione. Si suppone nel formato ridotto, visto che tutto il resto di quel che offre è già sul mercato da un anno. Come hanno lamentato già molti utenti, sono riusciti a rendere più piccolo e fragile, qualcosa che esisteva già. Gran tecnologia.

Un robot in mostra al Tokio Robfest, di cui ammetto di non saper niente.
Sono sicuro che ci sia più tecnologia in questi prodotti amatoriali che in quelli commerciali, dello stesso show giornalistico.

Il supercomputer IBM Blue Gene/L.
Molto probabile che ci sia tanta tecnologia dietro, che dire.

La Sony PSP.
Una "console nel taschino", come recita la didascalia. Con un po' più di tecnologia di un iPod nano, indubbiamente, eppure non sono ancora convinto. Vedi ad esempio i film in standard UMD, che solo Sony come major cinematografica poteva proporre.

Il laptop da 100 dollari di Negroponte, per i paesi emergenti.
Quindi la negazione dell'alta tecnologia, per farci rientrare i costi. C'è da emozionarsi.

Il browser web Firefox di Mozilla.
Lo uso da lungo tempo, come browser esclusivo, ne sono soddisfatto, ma non ci vedo nessuna alta tecnologia: forse sono l'utente sbagliato, che non diventa schiavo dei propri venditori di fumo.

La corsa delle auto robot negli USA.
Affascinante: sicuramente c'è della tecnologia. Che finirà in qualche veicolo militare, suppongo.

NEC E616, il cellulare più sottile del mondo.
Immagino vorrebbe averlo avuto la ragazza che nella cronaca di qualche giorno fa, dopo un litigio con un fidanzato violento, è stata costretta a ingoiare il cellulare: l'hanno infatti operata d'urgenza allo stomaco.
Siamo pieni di orifizi in cui lo vorremmo avere, questo nuovo prodigioso prodotto, in un settore (quello della telefonia mobile) in cui non si vede mai niente di nuovo.

Una arma laser montata su un aereo militare americano C-130.
Finalmente la tecnologia che lascia meno tracce delle bombe al fosforo. Nessuno può farne a meno, quando vive in occidente ed è democratico.

Occhiali da sole con bluetooth da Motorola.
Gran tecnologia, un paio di occhiali da sole che portano di lato un apparecchio acustico, come quelli che facevano sentire dei veri andicappati chi aveva problemi di udito negli anni '70. Ma ora è uno status symbol, come privarsene.

Google Earth
, la terra vista in fotorealismo dallo spazio.
Praticamente quello che fa un programmetto analogo della NASA, ma con più dettaglio -- oltre alle pubblicità a pagamento di Google: dev'essere questo il lato altamente tecnologico.

Windows Vista.
Che letto in italiano rende esattamente quel che può essere, l'ennesima s-Vista di Microsoft su come funziona il mondo. Ma i soldi coprono qualsiasi gap: sarà sicuramente un prodotto di successo -- solo non vedo la tecnologia, se non quella già esistente.

Un iPod video.
Nuova grande intuizione Apple: inventare qualcosa che già esiste, ma con il proprio marchio. Geniale.

Il sito di photo sharing Flickr.
Non lo conosco: chissà quale meraviglia non vista mi son perso.

I computer Apple con i processori Intel.
Suona come "quando non sai più dove battere la testa, trova qualcuno incapace come te, ma con tanti soldi". Complimenti.

Il cellulare Rokr di Motorola.
Che sorprendentemente riesce a suonare gli mp3. Come tanti altri, ma forse Motorola ha un merito per stare in questa lista, gli altri no.

L'enciclopedia on-line Wikipedia.
Sicuramente un'ottima cosa, anche se non ci vedo l'alta tecnologia del roboante titolo.

Tiriamo le somme: Sony 2 prodotti, Apple 2 prodotti, Motorola 2 prodotti, Microsoft 2 prodotti, Google 2 prodotti, all'open source 2 prodotti, NEC e IBM solo 1, vabbè ... pare che gli sponsor (o il politically correct) siano tutti più o meno soddisfatti.
E l'alta tecnologia?

giovedì, dicembre 29, 2005

L'insostenibile prezzo del vivere

Leggevo un articolo di un forum (teoricamente generico o su altri argomenti), dove un giovane riporta l'esasperazione del vivere ed avere un lavoro.
Viene da chiedersi come mai per Natale veniamo subissati di richieste di solidarietà dai paesi poveri, quando il paese povero più vicino è questo, quello in cui viviamo.

Il sarcasmo, l'ironia con cui vengono farciti questi racconti ci dà una dimensione della gioventù, che cerca comunque di andare avanti, con la voglia di vivere.
La tragedia che ci leggo è che questi giovani, oggi precari, nel giro di 10 o 20 anni saranno a loro volta genitori, senza una famiglia che li appoggi economicamente, alle spalle: quale sarà la voglia di vivere dei loro figli?
Riuscirà a farli emergere dalla miseria in cui saranno sprofondati?

Prevedo più facilmente che si moltiplicherà la protesta degli estremismi, di chi vive già ai margini del sostentamento e non potrà offrire ai propri figli un appoggio per crescere.
Nessuno, fra coloro che fanno politica, ha una percezione realistica di questo fenomeno. Lo strumentalizzano, in positivo o in negativo, lo dileggiano, ne inorridiscono.
Il punto è che nessuno sembra capirne il dramma, aldilà di riempirsene la bocca in sterili polemiche.
E non sono preparati a capirlo: nessuno di coloro che ha avuto esperienza di una famiglia solida, di una stabilità economica, può capire quelli che saranno i genitori poveri dell'immediato futuro. Come nessuno di questi nuovi poveri diverrà mai importante politicamente.
S'è aperto uno strappo nel tessuto sociale ben diverso da quello che ci vogliono far credere, la scelta non è più di essere giovani e rivoluzionari oppure vetusti e conservatori, perché a breve tanti di quei giovani ingrosseranno le file di chi è meno giovane, senza automaticamente divenire i nuovi conservatori: non avranno più niente da conservare.

L'Africa, con tutti i suoi dolori, l'oriente vicino e lontano, il sudamerica, sono tutte realtà di diversi disagi. Nessuno da ignorare, sia ben chiaro.
Ma ogni giorno di più, con più forza, servono a coprire il disagio sociale di casa nostra, come un tappeto sotto cui nascondere la polvere.
Solo che quando non ci sarà più solo polvere, ma ratti morti, diverrà difficile nasconderli sotto ad un tappeto colorato.

Something's wrong in this House today
Something's been going on there may be a price to pay

The Alan Parson's Project, "May be a price to pay" dall'album "Turn of a friendly card"

Via-DiQui

L'arroganza dei politici è una di quelle manifestazioni che solitamente non passa mai in sordina. Di ogni scelta prepotente, ottusa, riescono sempre a farsene bandiera.
Fortunatamente, molte volte in modo ridicolo, ma se non c'è chi se ne accorge, il senso del ridicolo vale poco.

Il vocabolo squatter è diventato negli ultimi anni di largo uso anche in Italia.
Ripenso a Firenze, dove un edificio storicamente occupato, vicino al ponte all'Indiano, era chiamato dagli stessi occupanti Indiano okkupato; adesso sarà diventato sede di squatter, senza aver cambiato occupanti.
L'estensione cyberquatting, non è ancora entrata ufficialmente nella lingua italiana (o così credo), ma il suo senso è in uso da anni, anche in Italia. Denomina l'abuso fatto da chi registra a proprio uso un dominio internet di cui non ha diretto interesse: un po' come se io registrassi per mio uso personale un dominio come microsoft.it oppure adiconsum.it -- diverrebbe sicuramente fuorviante per chi vuole contattare i titolari del legittimo marchio o denominazione.

Nell'articolo citato sopra, per la voce cyberquatting su Wikipedia, si fanno pure riferimenti a normative in atto in Italia, per prevenire questo fenomeno.
Qualche anno fa fece scalpore l'operazione di Nicola Grauso, che chiese la registrazione di ben mezzo milione di domini internet con nomi di persona, del tipo mariorossi.it, dimostrando che la legislazione era ben lungi dal proteggerci.
Viene quindi da pensare che oggi saremmo più protetti, che qualcosa sarà stato fatto.
E' presto detto.

Se provate a digitare nel vostro browser web un indirizzo del tipo http://www.via-carlogoldoni.it diverrà chiaro che qualcosa, innegabilmente è stato fatto. Di peggio, ovviamente.
Nella sua arrogante campagna elettorale come sindaco di Milano, la signora Letizia Moratti, ha infatti incaricato una compagnia pubblicitaria di registrare le quattromila vie di Milano come domini internet.
Ovvio che quelle vie non esistano solo a Milano, ma grazie ad una campagna elettorale adesso sono proprietà di Milano. O perlomeno, tramite un giro di società, di una singola persona che anela a regnare su Milano.

L'evidente dimostrazione è che i fenomeni di squatting, occupazione con la forza, non vengono solo dalla forza fisica, ma anche da quella economica -- diciamo che su una quantità del genere, un registrar come l'italiano Register.it ne venda il diritto d'uso a 15 euro; probabilmente per un totale inferiore anche ai 60mila euro.

Quale sarà il fine ultimo della signora candidata? Lo vedremo sicuramente nelle prossime settimane, quando la campagna elettorale inzierà a bollire.
Che altro vedremo? Forse la solita mini sfilata di pupazzetti dei partiti di opposizione al governo, quei personaggi che riescono a guadagnare 5-10 secondi di spazio televisivo per dimostrare indignazione e impotenza.
E' chiaro infatti che non ci sia mai desiderio o capacità, da parte di chiunque faccia le regole, di cambiarle in favore degli altri cittadini.
Cercare di cambiare un piccolo pezzo alla volta sarebbe l'unico metodo, ma sfortunatamente non è sfruttabile per i propositi elettorali, dove tutti propongono grandi cambiamenti -- salvo poi non attuarne neppure una minima parte.

Sarebbe bello che la campagna elettorale si svolgesse al contrario, con i cittadini che elencano le proprie necessità, proprio come in una favola.
Magari in quel caso l'unica via che molti attribuirebbero alla signora candidata sarebbe un via di qui.
Ma forse Milano la pensa diversamente, soprattutto ora che possiede - almeno in internet - le uniche vie d'Italia.

martedì, dicembre 27, 2005

Consumo e cultura

Pare da una recente indagine ISTAT e dell'Osservatorio SMAU, pubblicata su un quotidiano on-line, che ormai anche gli istituti di statistica c'infarciscano dell'idea che consumo equivalga a cultura.

Certo non appare così serio l'ISTAT, a chi ne ha seguito le pubblicazioni nei primi anni di passaggio all'Euro -- quando ci raccontava che veder raddoppiare i prezzi di frutta e verdura al dettaglio, mentre diminuivano all'ingrosso, era una nostra percezione sbagliata dell'inflazione e del costo della vita.
Ma sono tempi passati, ormai tutti si sono abituati all'ormai assodato passaggio 1000 Lire = 1 Euro, per cui l'ISTAT continua il suo percorso d'indegnosa sfrontatezza, liberamente.

Ci rinfrancano che le famiglie con dei giovani non sono arretrate, perché in casa hanno comunque dei beni tecnologici.
Non ci racconta poi se qualcuno li sappia usare: in fondo loro si occupano di consumi, e da questi ci raccontano cos'è la cultura.

Ci tranquillizzano che la telefonia cellulare significa altra cultura tecnologica, e che spendere molti più soldi col telefono cellulare è altra cultura tecnologica, che cresce -- soldi spesi in cultura, insomma.

Se vi sentite ignoranti, compratevi un telefonino: telefonate all'ISTAT e mandateli a quel paese -- che ci auguriamo tutti non sia l'Italia, nonostante le conferme quotidiane.

domenica, dicembre 25, 2005

Vittime dell'intelligenza

Non è sorprendente che ci siano continue difese con le unghie e coi denti, di chi perde fette di potere, come accade all'attuale pontefice vaticano.
C'è da dire che anche il suo predecessore risentiva di simili deficit, ma aveva imbastito un più efficiente controllo sulla spiritualità, fortificando e motivando le organizzazioni giovanili radicali.

Le cadute di stile, i proiettili senza polvere da sparo, sono poi un'altra storia.
Quel che mi sorprende è che non vengano organizzati meglio certi discorsi politici, quando sono appunto scritti prima. Ma in fondo è altrettanto vero che non servono sempre limature, qualche volta l'espressioni grossolane rimangono incisive anche se partono da concetti logicamente errati.

La capacità di piegare e influenzare le masse non necessita di verità, di concetti logici. Al contrario di quello che serve per acquisire il favore di piccoli gruppi o individui, dove si deve partire con qualche concetto condiviso, per smuovere una massa è più efficiente partire da una provocazione.
La provocazione non necessita di verità oppure di logica, deve solo far pressione su qualche punto sensibile.
Un esempio classico è quello del legame fra criminalità e immigrazione clandestina. E' facile infatti dimostrare che fra gli immigrati clandestini vi siano molti criminali, che vivendo nel rischio accettano probabilmente con più facilità quello di emigrare in modo incerto in un paese straniero. Diventa così facile mobilitare la massa contro gli immigrati clandestini, lanciando la provocazione della criminalità.
E' ovvio che poi il fenomeno sia più complesso, ma questo non è da spiegarsi alla massa, diventa scomodo e noioso. Spesso è talmente complesso che fa scadere nel ridicolo chi cerca di semplificare spiegazioni.

La provocazione di Ratzinger, come nelle sue parole, è verso la tecnologia. L'applicazione del progresso alla scienza, e infine della scienza alla tecnica, è da sempre il timore più grande di chi fonda il potere del proprio ordinamento sull'ignoranza.
La stessa conoscenza sul come funziona ciò che già abbiamo (anche senza manipolazione tecnologica) è fonte d'inquietudine, basta pensare alla generazione della vita stessa. La religione non s'è persa d'animo di fronte alla spiegazione dei meccanismi cellulari che determinano la nascita di un nuovo individuo, ma ha preso posizione per determinare (nel modo arbitrario che le è consono) il momento esatto in cui c'è il presunto intervento divino, da cui le inutili polemiche sul diritto all'aborto.

L'affronto alla logica (e al dizionario) viene sicuramente dall'infelice espressione "vittime dell'intelligenza", che l'arroganza in sottovoce di Ratzinger ha spacciato come negatività.
Quel che ci ha fatto sapere, è che nella sua visione l'intelligenza è pericolosa, dannosa.
Certo, concordo con lui che un dilagare dell'intelligenza sarebbe estremamente dannoso, per l'ente che lui rappresenta: la sola intelligenza renderebbe la Chiesa Cattolica inutile.
Ma sono quelle parole che un politico dovrebbe dirsi solo con i suoi compagni, raccontandole diversamente alla gran parte dei sostenitori. Gli esempi classici - estremizzati - sono degli stati totalitari, dalla Germania di Hitler, alla Cina recente, dove il messaggio è "noi facciamo il bene di tutto il popolo", mentre ovviamente non possono raccontarsela nello stesso modo, nei palazzi del potere.
Una popolazione davvero intelligente è un rischio, in proporzione direttamente inversa rispetto al numero di persone che amministrano il potere.

Nel mio discorso di Natale quindi condividerò parte delle parole di Ratzinger, ma con una differenza che le renda logiche - visto il significato della parola "intelligenza", dalla radice della parola latina in avanti, dal significato di "capire, comprendere".
Siate ogni giorno vittime dell'intelligenza! E' il miglior augurio che posso fare, per tutti, nei giorni a venire.
Non c'è niente di negativo nel capire - se a capire davvero non è la persona che state cercando di truffare o sopraffare.

martedì, dicembre 20, 2005

Ecologia devastante

Non sorprende quante organizzazioni, più o meno commerciali, siano sensibili all'ecologia.
In fondo, il pianeta disastrato su cui viviamo è visibile a tutti. Poi ci sono la percezione e la sensibilizzazione verso i disastri ambientali, di cui abbiamo sensazioni diverse in dipendenza di molti fattori.
Il primo fattore, che porta alla sensazione di disagio della natura, è il vedere come cambiano le cose intorno a noi. Chi ha avuto la possibilità di vivere in luoghi (tempi) migliori nota che qualcosa non va.
Non penso vado sottolineato anche il livello culturale, che ci porta a conoscere di più del mondo, per cui a preoccuparsi anche della natura disastrata anche se lontana da casa nostra.

Il secondo punto è quello che mi ha generato una riflessione.
Ci sono tante offerte sull'energia alternativa, ma non vedo mai, nel computo dei costi, quello che è il costo di produzione delle apparecchiature alternative.
Un esempio? I pannelli fotovoltaici, per la generazione di energia elettrica come diretta conversione di quella solare.
Pannelli che costano di base molti soldi. Pannelli frutto della tecnologia corrente, realizzati in silicio, la cui raffinazione e lavorazione, per giungere al pannello, implica industrie che lavorano nel settore dei metalli e della chimica. Quasi inutile sottolinearlo: mai con impatto ambientale nullo, come qualcuno dice a proposito dell'energia generata dal pannello finale.
Senza contare che nessun pannello solare è utile da solo, ma esclusivamente in accoppiata a un circuito di regolazione e immagazzinamento dell'energia, solitamente in delle batterie. Al piombo.
Un metallo pesante, altamente inquinante, il cui smaltimento è sempre un problema.
Quindi, dopo i 4-5 anni di vita utile della batteria, dovrà essere cambiata (non le vendono a costo zero) e smaltita (di nuovo non a costo zero, economico e ambientale).
Non so poi se chi parla di costo zero, pensa che non dovrà smaltire i rifiuti tossici di produzione, tanto ormai si produce tutto in qualche paese asiatico. Per poi lamentarsi che loro non rispettano l'ecologia. Oppure consolandosi che la fabbrica di silicio nelle Filippine o a Taiwan, è lontana, per arrivare a inquinarci.

La morale? Ben vengano le energie più pulite, rispetto a quelle attuali (che inquinano anche in fase di produzione energetica), ma per favore: basta con la favola che queste nuove risorse siano del tutto pulite.
Pare che tutti gli estremisti dell'ecologia vivano in un mondo dysneiano, in cui basta soffiare sui mulini a vento (o sulle pale degli aerogeneratori) e mettere pannelli solari sui tetti come spighe di grano nei campi.
Certe visioni sono favole che dall'adolescenza in avanti nessuno dovrebbe credere per vere.
Qual è il rischio? Di perdere il contatto con la realtà, quella in cui vive qualche altro miliardi d'individui.

Pare strano a dirsi, ma anche chi sogna troppo può avere effetti devastanti sul mondo.

sabato, dicembre 17, 2005

Pessimismo inutile?

Qualche giorno fa ho lanciati strali verso un progetto del MIT che vedevo più teorico che pratico, più demagogico che concreto.
Leggo invece oggi che un produttore di Taiwan s'è proposto per la fase realizzativa dell'oggetto.
Sono stato d'inutile pessimismo? Beh, probabile: aspetto però di vedere il prodotto in circolazione, per capirlo con certezza.

giovedì, dicembre 15, 2005

Davanti a un presepe, chiedete chi è il neonato: non è una domanda banale

Talvolta si dimenticano i dettagli storici (leggende incluse) e possono porsi situazioni imbarazzanti.
Vale anche per il dio Mitra, figlio del dio Ahura Mazda (non so se ha qualcosa a che fare con le auto giapponesi).
Nella sua incarnazione umana, la storia di Mitra ha una leggenda che ricorda qualcosa di già sentito -- su quale divinità non si tratta di leggende?
La condenso in breve, ma la potete ritrovare anche qui, con molti più dettagli storici.
Figlio di un dio, nato da una vergine, il giorno del solstizio d'inverno (il 25 dicembre), in una grotta. Che altro dire, ah sì: dipartito dalla sua forma terrena all'età di 33 anni.

Se aggiungo che il culto era conosciuto dal 1300 a.C., non è difficile capire chi possa esservisi ispirato.
Da notare che le scritture sacre per la chiesa romana sono state canonizzate nel quarto secolo dell'era cristiana -- con gli aggiustamenti ritenuti necessari, magari anche radicali.
Quarto secolo che ha visto (casualmente?) anche il prevalere ultimo della Chiesa di Roma sul mitraismo, oltre alla sua affermazione definitiva nell'impero romano, visto l'editto di Costantino del 313 d.C.

Quando vedete un presepe, un simulacro di natività divina, chiedete quindi chi è il neonato.
Non è una domanda per l'ignoranza di chi chiede, ma per mettere allo scoperto quella di chi espone il teatrino.

Scoprirsi brillanti

Qualche volta capita di riscontrare che le proprie idee, sensazioni, siano già condivise da altri, che le hanno sviluppate in modo indipendente.
Oltre alla conferma di non essere soli, c'è anche l'appagamento di essere giunti ad una scoperta comune, qualcosa che appoggia il costruttivismo che sperimentiamo.

Ho fatto questo tipo di scoperta sulla mia disposizione al libero pensiero verso la spiritualità e la naturalità.
Trovo infatti perfettamente naturale, avendo un pensiero di tipo scientifico, credere in ciò che possiamo capire, del mondo che ci circonda. Per tutte le altre cose poi, quelle di cui non abbiamo spiegazione, mi appare altrettanto naturale che non si possa conoscere tutto. E' un ruolo della scienza, dare una spiegazione ai fenomeni vecchi e nuovi in cui ci imbattiamo.
Quel che invece è anti-scientifico, oscurantista, è l'imposizione di un qualsiasi dogma.
Ormai la gente accetta una miriade di dogmi, abituata com'è a non ragionare, facendosi dire sempre da qualcun'altro cosa si può pensare.

Così ho accolto con molto interesse il sito dei Brights, di cui qui c'è anche una versione italiana del loro manifesto.
Credere nella natura, senza il sovrannaturale. Raccontarlo agli altri. Viverlo.
Un concetto semplice, quanto disarmante, per l'uomo moderno. Anche perché l'uomo moderno ha sempre più anni alle spalle di coercimenti religiosi, in mille salse.

E l'ignoranza e arretratezza, opposte alla scienza e al progredire, sono presenti solo nelle antiche istituzioni religiose?
Ovvio che no.
Sul fronte spirituale ci sono sempre nuove sette, che nel tentativo di adattare i vecchi schemi al mondo moderno bruciano ogni giorno nuovi arrosti. Come nel panteismo della New Age, di cui posso apprezzare l'arte musicale denominata similmente, ma che mi guardo bene dall'avvicinare l'accozzaglia di tutto il resto che viene chiamato così.

Perfino in ambito tecnologico c'è chi riesce a inventare dogmi, con la pretesa di basi pseudoscientifiche -- e questa, fra tutte le deviazioni, trovo che sia la più ridicola.
Mi accorsi di questo fatto già moltissimi anni fa, avvicinandomi da giovinetto al mondo dell'hi-fi, con l'interesse per la musica e l'elettronica.
Guardando le affermazioni di chi si occupa di audiofilia esoterica, osservandole con qualche base scientifica, non si possono perdere le tante sciocchezze pseudo-tecnologiche. Molti appassionati di hi-fi sono infatti convinti di avere orecchie più sensibili della strumentazione che fa andare in orbita un satellite. Non si disarmano neppure davanti alle cifre numeriche, se gli fai notare che stanno sentendo una differenza, dove non la rileva uno strumento milioni di volte più sensibile, rispetto al grossolano orecchio umano.

Una delle ironie più grandi è che della natura magari abbiamo poche conoscenze, che siano perfettamente approfondite, ma su quelle poche, comprovate, c'è sempre un cretino che a priori le considera false.
Figurarsi cosa non può pensare di tutto il resto.

lunedì, dicembre 12, 2005

Quando l'informatica è una scienza della truffa

Basta leggersi qualche articoletto sui generis, essere avvezzi alla vita quotidiana, e non si può che pensare a piccole e grandi truffe, dietro lo scenario della tecnologia.

Rapidamente: Microsoft indice un concorso per trovare il programmatore indiano (in India, sì) di maggior talento.
Il premio? Lavorare a stretto contatto con Bill Gates.
E' evidente che mr. Gates voglia spacciarsi per un semidio, per cui la sua sola presenza vale come premio per il miglior programmatore indiano.
Solo che lui sa che i soldi che ha in tasca non passano per osmosi a chi gli si avvicina, mentre chi gli si accosta può essere un ottimo tecnico, ma un grande ingenuo in economia. Unica materia in cui a Gates non si può negare di saperci azzeccare.
Diciamo che perlomeno è fortunato: ha un unico settore in cui capisce qualcosa, anzi eccelle (la truffa, o l'accumulare denaro, a seconda di come si vuol chiamare), che però gli rende moltissimo -- se fosse bravissimo nell'intagliare pipe in legno, ad esempio, non sarebbe divenuto così famoso.
Come? L'informatica? Quella è solo facciata, per un'azienda come la sua: l'importante è mettere in moto il denaro, poi si può fingere di saper fare tutto.
E una.

Numero due: quando la politica si allea con lo sviluppo tecnologico, cosa ne nasce?
Niente di buono.
Dimostrazione veloce? Il computer da cento dollari di Negroponte, da vendersi ai paesi poveri.
Computer che per il momento sta solo sulla carta. Leggendo bene, ci starà per un momento assai lunghetto.
Infatti sarà, come dice il CEO di Intel un "trabiccolo da cento dollari" -- sempre che riescano davvero a produrlo, a quella cifra.
Ma per Negroponte non ha importanza, intanto sta riscuotendo consensi e suppongo anche favori, che finiranno per portare anche soldi e prestigio al MIT, l'istituto che rappresenta.
E la stessa Intel si sta sicuramente arrabbiando non tanto per il "trabiccolo", quanto perché una volta tanto, si progetta un trabiccolo e loro non sono nella gara degli appalti.
Appalti che se vanno come per gli aiuti umanitari, ai paesi africani (destinatari ultimi di questo prodigio di tecnologia), faranno giri ben contorti, per finanziare come al solito qualche signorotto della guerra.
L'unica cosa che non è mai finta, in queste dichiarazioni entusiastiche, sono i soldi che si muovono.
Cosa? La tecnologia? Quella è come la facciata dell'azienda di prima, si dipinge coi colori di moda.

mercoledì, dicembre 07, 2005

Avere i numeri che contano, difettare nelle parole

Mi chiama al telefono, pochi minuti fa, una gentile signorina, che si presenta con nome e cognome, come dipendente di una prestigiosa università e chiede "vorrei parlare con il contact manager della vostra azienda".
Alla mia risposta che la suddetta azienda è composta solo dal sottoscritto, si è defilata rapidamente.
Meglio così: almeno non è finita della lunga lista di chi, trovando il mio numero sulle Pagine Gialle, cerca di vendermi merci e servizi d'ogni genere.

E' da notare come il progresso crei inutili mostri linguistici. Suppongo che il contact manager fosse il direttore delle risorse umane, in lingua italiana.
Certo sono più parole da dire. Fanno anche meno impressione, visto che ormai se non si lanciano espressioni in inglese (in qualsiasi ambito) si viene visti come poco proiettati verso il mondo.

Quel che trovo decisamente ridicolo è l'uso spropositato fuori dal contesto.
Io che lavoro in un settore altamente tecnologico, uso quotidianamente decine di vocaboli inglesi, ma esclusivamente quando sono in contatto con chi hanno senso: quando so cioè che sono compresi al volo da più persone, abbreviando altre spiegazioni.

Vedendo gli annunci di lavoro, sui quotidiani, si scende ancor più nel patetico.
Ogni professione dev'essere espressa in inglese, per cercare di dare un'aria di prestigio a chi ne offre l'impiego, probabilmente più che per chi aspira a occuparlo.

Il mio giudizio finale - e dopo di questo tutto il mondo scomparirà, of course - è che l'effetto sortito sia esattamente contrario, per chi ascolta, legge, e ha un po' di cultura.
Qualcuno che ricorre all'inglese (fuori da un contesto rigido), per esprimere un concetto già esistente nella propria lingua, non denota padronanza dell'inglese, ma palese ignoranza della propria lingua.
All'Università di Pisa hanno i numeri, difettano solo nel linguaggio.

sabato, dicembre 03, 2005

Libero arbitrio

Leggo che il pontefice si pronuncia sul farmaco abortivo Ru486, con le parole "uso arbitrario del progresso".
Chissà perché, ma quando l'ho letto ho pensato alla sua immagine che monopolizza televisione e giornali. Considerando i mezzi di comunicazione come simbolo del progresso, l'uso arbitrario non può che essere una loro monopolizzazione da parte di un solo soggetto.
Il cacciatore che cade nella propria trappola.
Peccato (e non nel senso religioso) che nessuno se ne accorga.

Chissà qual è la sua interpretazione delle parole libero arbitrio, che se non vado errato sono citate in alcuni testi che lui considera sacri, per cui dovrebbe seguirli attentamente -- ad esempio, io che li considero semplicemente un retaggio di cultura e folclore, non sono costretto a farlo.

Avete mai notato come in fondo le notizie più coinvolgenti sono sempre sbandierate da un solo lato?
Non si è (quasi) mai letto un articolo da prima pagina, di tanta incisività, sul lato opposto. Non si apre la comunicazione col lettore dicendogli che la prima cosa a smuovere le acque è positiva.

Se questo signore, vestito di bianco, vuole raccontarci la sua visione, deve senz'altro essere libero di farlo.
Ma se vuole fare comizi, li faccia cortesemente per il solo pubblico che sceglie di ascoltarlo.
Non credo che sia neppure favorevole a questo risvolto del progresso. Quello in cui l'universo non gli ruota più attorno, come nella favola tolemaica.

Palle

Se c'è uno sport che mi ha sempre lasciato dubbioso, e progressivamente intollerante, è sicuramente il calcio.
Dal minimo interesse che ne provavo da piccolo, perché fra bambini era convenzione avere una squadra per cui tifare, sono passato a non sopportarlo proprio.

E' interessante notare come gli interessi economici abbiano imbastito, fin dall'educazione dei piccoli, una struttura completa e asfissiante. Ci sono tutti gli altri sport, a livello nazionale, certo: ma la quota di quanto viene investito, in educazione e denaro, non può che essere risibile.
Un meccanismo, sia diretto che subdolo, porta ad accentrare tutti gli interessi nazionali sul fenomeno e i suoi divi.

Oltre al divismo, alla monopolizzazione dei programmi sportivi in televisione, periodicamente rispunta l'emergenza violenza.
Sembra infatti che insieme all'interesse nazionale per lo sport, sia stato macchinato anche un metodo per concentrare in luoghi e tempi ben definiti ogni sentimento violento. La discriminazione razziale, l'Italia del nord e del sud, tutti i campanilismi, sono ottimi pretesti per impegnare chi vuol sfogare violenza imprecisata.
Aldilà di questo fenomeno (che sicuramente impegnerà qualche altra mia pubblicazione), c'è però un altro fatto.

Pare che invece nessuno si accorga dell'ipocrisia di chi controlla il calcio e la politica.
Ad ogni evento violento seguono reazioni di forte indignazione da parte di amministratori di società, sindaci, procure, ministeri. Si annunciano durissimi giri di vite, provvedimenti straordinari.
Che solitamente appaiono tali solo a chi segue il calcio come spettatore di uno sport.
Per gli altri, che cercano solo sfogo a disagio sociale, che non hanno avuto educazione diversa, non hanno alcun peso le regole. Non è un deterrente sufficiente la forte indignazione.
Così come non lo sono i giri di vite, in una nazione dove neppure i più banali delitti vengono spesso impediti o puniti.

Dopo un esempio di scontri fra polizia e ultras avvenuto di recente a Firenze, leggo un articolo di giornale al proposito. E la farisaica legge dello sport pulito non manca di colpire -- ma non di stupire chi come me è disilluso.
Leggo, uno degli ultras arrestati è stato condannato a due mesi e venti giorni di reclusione, poi a decrescere: con sospensione della pena, e non menzione della stessa. L'unica cosa sorprendente della notizia è che non gli sia stato anche regalato un panettone con bottiglia di spumante, visto che siamo ormai a dicembre.
Pena ben diversa gli sarebbe toccata se avesse lanciato un cavalletto fotografico in alluminio a qualche personaggio politico.
Ecco a cosa serve il calcio: a farci capire che una spranga di ferro in testa a un poliziotto è invero assai leggera.
In politica, il peso specifico diventa opinabile.

Leggo infine che l'amministratore di una squadra di calcio e un sindaco ci raccontano di essere fortemente indignati. Anzi, pronti a soluzioni drastiche.
Voi ci credete davvero? Hanno credibilità queste due persone?
Palle.