lunedì, aprile 27, 2009

Informazione. O quello che più vi si avvicina

Cos'è l'informazione, al tempo odierno?
Mi pongo sempre più spesso la questione, leggendo articoli di qualsiasi tenore, o ascoltando quello che esce dai media audiovisuali.
Parto da un punto di vista critico, per un'attitudine imparata progressivamente, sicuramente per la necessità di leggere e comprendere internet. Guardandosi intorno però, è inevitabile mantenere il senso critico sempre alto, anche nutrendosi da altre fonti informative.

La facilità con cui tutti possono comunicare tutto sulla internet, fa capire velocemente: i contenuti non sono sempre controllati, verificati, depurati da opinioni troppo personali, e sarebbe anche sufficiente che chiunque ne esprima mettesse un preambolo a chiarirlo. Credo di farlo sempre, quando scrivo qui: raccolgo fatti, di prima o di seconda mano che siano, nel commento ci metto sempre qualcosa di mio (altrimenti a che servirebbe il commento?).
Si trovano al contrario troppe "guide", "manuali", che spesso non si rivelano obbiettivi.

Lasciato da parte internet, tornando nella comunicazione ufficiale, quella dei professionisti dell'informazione, è tutto roseo? Certamente no, di sicuro non lo è mai stato. Eppure non riesco a capire se si tratti di aver acuito una mia sensibilità, o se semplicemente sono aumentate le opinioni, le fantasie, finanche le falsità, raccontate come fatti.
Ogni volta che leggo un articolo, ascolto un commento giornalistico, relativo a qualcosa di cui posso dire di capirne qualcosa, finisco sempre per trovare la stonatura.
Una delle cose che trovo più irritanti è sentirmi canzonato da qualcuno che si dichiara esperto, o conoscitore dei fatti.

Un articolo di giornale parla di case ecologiche, costruite in legno. Tutto molto interessante, convengo con buona parte di quel che leggo, sui fattori ecologici e ambientali. Poi trovo la frase
[il legno] scherma le radiazioni elettromagnetiche

Non c'è falsità nella frase, in effetti, ma solo incompletezza. Un'incompletezza assai colpevole, se si valuta una certa intenzionalità: quando leggete di radiazioni elettromagnetiche, a cosa pensate?
Il primo pensiero di molti andrà verso le famigerate onde radio dei telefoni cellulari. Ecco questo è il tipo di radiazione elettromagnetica che sicuramente non viene schermato dal legno in modo apprezzabile. Ne sanno qualcosa i vecchi radioamatori di un tempo, che costruivano dei telai in legno per le antenne radio, visto che questo non influiva sui segnali elettromagnetici.
Però il legno è un bel materiale, ecologico, naturale, fa venire il desiderio di attribuirgli ogni buon influsso.
Se qualcuno poi ha già in casa degli infissi in legno, le persiane, i frangisole, degli scuri da casa di montagna, ha invece già sperimentato che il legno scherma bene da altre radiazioni elettromagnetiche. Quelle che di solito cataloghiamo come luce visibile.

La rincorsa ecologica degli ultimi tempi, ha un po' di colpe nell'amplificare questi messaggi confusi.
Una ventina d'anni fa era un fenomeno più di nicchia, quello dell'ecologia come pseudo scienza. Erano sì più forti i cosiddetti movimenti verdi, che ora sono spariti, inglobati, ma l'asserzione di alcune inesattezze come quella sopra era più legata a certi circoli di fanatici. Mentre oggi, l'informazione è stata depurata dal significato politico, permettendo a più persone di condividerla come fatto.
Se è stato detto in televisione è vero. Se è scritto su un giornale (di nostra fiducia) è vero.

L'informazione è sempre più manipolata. Ho scritto un luogo comune? In realtà ci sono dei fatti di fondo che vanno ben oltre la preoccupante escalation di questo fenomeno.
Da un lato (per quanto abominevole) è comprensibile che l'informazione tenda ad essere manipolata da parte di chi la usa come strumento di potere, di plagio. Non è un fenomeno nuovo, a ben vedere. Politica e commercio (anche in tandem) hanno sempre abusato di questa possibilità, in modo più o meno evidente.
Dall'altro lato, quello di chi dice di opporsi al predominio delle informazioni fasulle, è preoccupante che si usi lo stesso metodo. Un pubblicitario che distorce le informazioni per un ritorno economico lo posso comprendere, e condannare. Ma perché si distorcono allo stesso modo anche altre informazioni, di valore sociale e culturale?
Forse per essere al centro dell'informazione, per acquisire la posizione egemonica di chi vi dice la verità vera, in un mondo in cui tutti (gli altri) mentono.

Faccio ogni giorno una maggior difficoltà a leggere quotidiani e notiziari. Non perché voglia trovarci comunque l'inganno, ma perché mi rendo conto di quanto sia facile manipolare.
Provate a leggere uno di quegli articoli con abbondanza di frasi virgolettate: se la stessa frase viene riportata due volte, è scritta in due modi diversi.
Non mi conforta pensare che sicuramente il modo di fare informazione oggi sarà la scuola dell'informazione del futuro. Vedo lontani i tempi per un'informazione indipendente, fatta di sola cronaca, dove sta a noi trarre opinioni e conclusioni.

martedì, aprile 14, 2009

Lingua e società

Il titolo di questa annotazione potrebbe essere lo stesso di un serissimo libro. Se ci mettiamo a sviscerare l'uso della lingua italiana, l'impatto sociale e tutte le strade che li collegano (in ogni direzione), il risultato può essere molto lungo e complesso.

Leggo su una rivista settimanale, pure di un livello culturale sopra la (bassa) media dei settimanali, un articolo sulle vicende della grammatica e ortografia italiana, nei tempi odierni.
Niente che mi sorprenda, mi è sufficiente peraltro camminare per strada o sfogliare un quotidiano, per avere una misura del decadimento linguistico.
Se la lingua latina classica veniva evitata dal volgo, tanto da creare qualcosa di più semplice, viene ora da porsi qualche domanda.
Anzitutto mi chiedo se l'idioma volgare, dal Rinascimento ad oggi, è diventato così tanto complesso, oppure se la nostra condizione culturale è scesa ad un livello inferiore di quella del contadino medievale: tanto che neppure il latino semplificato ci basta, così da aver bisogno di un volgare semplificato.
Certo, mi obietterete che non cito i dialetti, probabilmente più semplici ancora della lingua volgare rinascimentale. E la mia omissione è infatti puramente strumentale, perché la mia percezione è indirizzata verso una direzione: i servi della tecnologia, versione aggiornata dei servi della gleba, hanno bisogno di un nuovo linguaggio, basso nei contenuti, semplificato nella forma, che accetti le storpiature come parte integrante.

I punti di collegamento fra il medioevo agricolo e questo medioevo tecnologico ci sono tutti.
Anzitutto il bisogno angosciato di essere parte di un grande disegno. Nella visione odierna sembra che si voglia privilegiare l'individualismo, ma nei fatti l'individuo viene premiato se sceglie di essere diverso, inquadrandosi in un altro gruppo sociale, rispetto a quello d'origine. Così si sente realizzato se fa la vacanza nell'isola tropicale, se acquista un'automobile importante, se compra casa nel quartiere giusto, se veste con gli abiti di moda. Non ha poi percezione del fatto che entra in un gruppo uniforme, perché l'appagamento viene dal distaccarsi dal gruppo originario, sentito come povero, umiliante, comune.
Che il padrone del proprio gruppo sia un latifondista medievale, o una compagnia di telefonia mobile odierna, un marchio di personal computer, il risultato è poco dissimile: valgo in quanto appartengo, penso perché mi hanno spiegato esattamente cosa pensare.

Già ai tempi in cui frequentavo la scuola media superiore c'era chi si preoccupava dell'uso delle calcolatrici: gli allievi stavano imparando ad usarle sempre e comunque, senza alcun senso critico. Se lo strumento aveva le batterie scariche, e digitando 3 per 2 appariva zero, c'era chi pedissequamente ne copiava il risultato. In fondo era la cifra apparsa su uno strumento elettronico avanzato.
La sindrome del calcolatore non ha avuto freni, la sua diffusione endemica porta oggi a scrivere SMS nelle occasioni più bizzarre, a consultare internet per sapere se le previsioni meteorologiche dànno bel tempo, anziché guardare fuori dalla finestra.

Quanto sono arrivato lontano, partendo da un argomento semplice semplice.
In origine era tutto riassunto in una letterina:
Ho letto con interesse l'articolo sulla deriva della grammatica italiana nell'uso comune, sono rimasto però perplesso su alcuni contenuti.
In due virgolettati (che immagino quindi conformi agli originali), leggo gli interventi di due esperti di linguistica.
Fra le varie argomentazioni, il primo afferma: "Nella Prima Repubblica c'era un modello democristiano e uno comunista".
Mi auguro si tratti di un refuso, sulla coniugazione del verbo. Poi proseguo nell'articolo e leggo in una frase del secondo intervistato: "Anche le ''convergenze parallele'' di Moro era un'espressione ambigua e surreale", e qui comincio ad essere sospettoso, verso il nuovo possibile refuso, tanto da pensare più a una frase complessivamente scritta (o detta) male.

La mia tolleranza verso l'italiano scorretto, quando è espresso da chi si occupa di comunicazione pubblica, è decisamente bassa. Se poi sono io ad accorgermene (che non sono un esperto) prima ancora che l'Accademia della Crusca, lo trovo decisamente grave.
Nella lettura dei quotidiani mi sembra poi che la situazione sia peggiorata con una progressione inquietante. Errori fino nei titoli principali, che anche il più vetusto correttore ortografico avrebbe risolto. La fretta di vendere informazione, oppure la riduzione delle risorse economiche assegnate, sembrano aver decretato a loro volta la decadenza della lingua.

Forse l'articolo andava interpretato diversamente? Dovevo desumerne che la decadenza del linguaggio ha ormai attaccato anche coloro che dovrebbero salvarlo?
Comprendo l'indulgenza dei tecnici del linguaggio, che nel tempo concedono sempre più aperture verso nuove espressioni e nuovi termini: in fondo la lingua è viva, si plasma, cambia secondo necessità.
Trovo però indisponente che i cambiamenti siano dettati da un progressivo abbassamento culturale, anziché da una crescita.

sabato, aprile 11, 2009

Salute alternante

Questa raccolta di appunti pubblici fa spesso dei salti indietro, aggiornando vecchie opinioni o completandole.
Resta ferma la mia opinione passata, sull'attenzione da porsi verso certe alternative alla medicina (detto più propriamente che nell'ossimorico medicina alternativa).
Cosa ne è invece della medicina convenzionale, nella sua applicazione?

Il caso vuole che sia stato ospite, per un certo tempo (a mio parere lungo) della struttura ospedaliera citata nel vecchio articolo. Potrei elencare tanti aspetti positivi della mia permanenza, quale ad esempio l'occasione (seppure un po' forzata) di prendermi una vacanza. Oppure l'incontro professionale ed umano con qualche serio e motivato professionista. Eppure, quello che ci condiziona di più, in condizioni di disagio, sono senz'altro le situazioni sgradevoli che non fanno che accrescerlo.
Se hai un minimo di comprensione della medicina, e del corpo umano, cominci a porti domande.
E se hai molto tempo, diventano molte domande.

Ti chiedi ad esempio perché ti venga fatto un prelievo di controllo della glicemia, mentre stai digerendo la cena: ovvio che darà un valore falsato.
"Lei soffre di diabete?"
"No, è evidente che il prelievo fosse nel momento sbagliato!"
"Eh, sì, forse sì... intanto facciamo gli stick di controllo della glicemia..."
Pensi che dopo i (molti) buchi sulle dita, tutti con risultati in perfetta salute, la pantomima abbia termine. Sbagliato: dopo quattro o cinque giorni torna il test.
"Ancora?"
"A me scrivono di farlo, io devo farlo!"
"E va bene, facciamolo; quant'è il risultato?"
"Vediamo... [tempo di risposta del glucometro] è 101"
"E il range di normalità?"
"Da 80 a 120..."
Mi riservo il commento successivo per qualcuno più alto in grado. E non è un commento di buonumore.

Il cardiologo esegue l'ecocardiografia, e commenta.
"Ecco, è tutto in ordine, non ci sarebbe niente che non va, ma visto che lei ha ancora la febbre, ci deve essere qualcosa che non va"
"In che senso?" -- l'ipotesi mi pare così bizzarra che non credo alle mie orecchie
"Ecco, vede qui, la valvola aortica? Questa massa che si muove sopra, in condizioni normali potrebbe essere una normale formazione, ma in questo caso può essere una grave infezione batterica"
Sono talmente sorpreso dal tono stolido con cui mi viene detto, che sinceramente non riesco a preoccuparmi, ma guardo il mio interlocutore con lo sguardo bonario che si adotta con i ritardati mentali.
Dietro minaccia di morte imminente eseguo altri esami invasivi, e una profilassi che mi crea allergie, oltre al rischio secondario di prendermi una labirintite, senza contare che potrebbe anche farmi saltare i reni. Però salvandomi il cuore. Così dicono, per qualche giorno.
Il nuovo cardiologo ripete l'ecocardiografia dopo una settimana.
"Lei cos'ha fatto?" -- riferendosi alla mia patologia
"Ho aspettato" -- riferendomi alla lunga attesa
Sorride, legge la cartella, cerca riscontro nel nuovo esame. Dopo un po' si alza, si scusa ed esce, quasi spazientito. Torna dopo poco.
"Mi scusi, vorrei rifare l'esame con la nostra macchina migliore, perché qui io non riesco proprio a vedere niente che non va"
Ha tutta la mia comprensione. Mi trasferiscono davanti ad uno strumento estremamente accurato, mi esaminano in due, girandomi come una salsiccia sulla griglia. Da qualsiasi lato guardino non riescono a trovare qualcosa che non vada. Si chiedono perfino chi possa aver diagnosticato così male.
Torno al mio reparto, dove la cura cambia. Ma non si capisce bene con che criterio, visto che non hanno ancora idea di cosa ci sia da curare.

Una notte mi sveglio con la gola che brucia: è per il fumo di sigaretta, qualcuno sta fumando all'una e mezza di notte. Fortunatamente sono fra i pazienti deambulanti, il mio vicino è sotto ossigeno, non potrebbe lamentarsi. Mi alzo e vado dritto verso la fine del corridoio: il personale ospedaliero del turno di notte ha pensato bene di farsi qualche sigaretta lasciando la porta esterna aperta, che per effetto camino sta tirando dentro il loro fumo.
Un mio breve e seccato commento interrompe le loro attività, senza alcuna risposta.
Torno a letto sperando che il fumo venga presto eliminato dagli aspiratori, e mi viene naturale pensare che la situazione è grave, se non c'è una preoccupazione primaria per la salute dei degenti. Un'azione repressiva colpirebbe pochi, mentre i molti fumatori (ho stimato che il 70-80% del personale non medico sia fumatore) continuerebbero a non riflettere sui loro gesti.

Grazie alla cura non richiesta per il cuore, mi ritrovo nel giro di qualche giorno con due piedi gonfi come borse dell'acqua calda.
Il primario riconosce il problema e soggiunge
"Posso darle un antistaminico, ma non un cortisonico: falserebbe le analisi che stiamo conducendo"
Non faccio fatica a comprenderlo e ne convengo.
Il giorno dopo l'antistaminico ancora non è arrivato, e i miei piedi sono lì a testimoniarlo, per il nuovo medico che mi visita.
Il terzo giorno arriva una compressa di antistaminico. Ma prima ancora che possa chiedere, qualcuno mi inietta in flebo qualcos'altro.
"Che cos'era questo?"
"Un cortisonico"
Rimango perplesso. Per tutta la giornata il mio stato fisico è molto diverso, così alla sera chiedo di nuovo chiarimenti: mi confermano che si trattasse di un cortisonico, come prescritto.
Al mattino dopo i medici trasaliscono: non c'è alcun cortisonico indicato nella mia cartella clinica, forse il medico del giorno prima ha dimenticato di firmare la prescrizione. Cose che capitano, come quando lasci i panni stesi e prendono la pioggia. Forse non sanno che so rimediare meglio al dispiacere di rovinare un maglione, rispetto all'avere rovinati i polmoni?

In conclusione, ho saltato molti altri aneddoti per non dilungarmi, ma la percezione globale è stata quella di essere ospite in una grande fiera del dilettante.
Alcuni anche motivati, altri decisamente superficiali, ma nel complesso dei dilettanti della medicina applicata.
Si salvano sicuramente alcune figure guida, come gemme in mezzo al minerale grezzo. Finché stanno lì in mezzo però il loro valore è piuttosto limitato.

Diventa comprensibile perché la statua votiva all'ingresso riceva tanti consensi floreali: dove la scienza viene applicata a singhiozzo, ci si augura una maggior costanza dalle figure mistiche immaginarie -- che non apparendo mai, fisicamente, non fornendo alcun aiuto verificabile, sono di confortevole coerenza: vuoi mettere un santo, che non vedi, con un medico, che vedi e sbaglia cura?