martedì, aprile 29, 2008

Quattro virgola quarantuno

Tale era la somma, in Euro, derivante dall'estinzione di un mio conto corrente.
Visto l'importo così esiguo, ero stato invitato a ritirarlo di persona dalla filiale di Cariprato, presso cui avevo il conto. Trattandosi di un'agenzia lontana dalla mia attuale residenza (uno dei buoni motivi per chiudere il conto), avevo progressivamente ridotto il credito, proponendomi di passare a ritirare le spettanze con comodo. Non valeva certo la pena fare chilometri e chilometri, specificamente per pochi spiccioli.
Dato che stamani ero in zona, ho pensato bene di riscuotere il mio credito, pensando che fosse un'inezia: quanto tempo avrei mai potuto impiegare?
Esattamente mezz'ora, questo è il tempo che ho impiegato. Perché l'importo non sembrava poi così rilevante: non me lo pagavano in contanti.
Il primo consulente ha dovuto cercare la pratica, e constatare che era stata liquidata con un assegno circolare. Quattro virgola quarantuno Euro, non trasferibile. "Ha un documento d'identità? Sa, devo farne una copia". Ovviamente ce l'avevo. Dopo la copia e la firma avevo il mio assegno, ovviamente da incassare.
Decido così d'incassarlo direttamente lì, anziché in un'altra banca. Paziento così in una lunga coda di persone, davanti ai due sportelli aperti, sui quattro disponibili.
Finalmente arriva il mio turno, così presento gioioso il foglietto colorato che mi verrà convertito in moneta sonante (letteralmente, visto l'importo). "Ha un documento d'identità?". Ovviamente, è quello di venti minuti prima. Quattro Euro e quarantuno centesimi, penso: ma quanto costa alla banca tutta questa operazione?
"Ah mi dispiace... non mi accetta l'operazione, dobbiamo aspettare, non c'è altro da fare"
Provo a ironizzare sull'importo, che magari ostacola l'incasso. L'impiegata chiama al telefono qualcun altro, chiede se ci sono problemi a incassare tale importo. Mi pento di aver anche solo pensato che fosse ironico.
Dopo alcuni minuti di tentate telefonate (l'assistenza tecnica della banca non risponde) e di passeggiate dell'addetta allo sportello, magicamente la situazione si risolve. Ricevo due monete da due Euro, due monete da venti centesimi, una moneta da un centesimo. Felice di tanta abbondanza non mi resta che andare.
Non posso evitare di pensare che se i 4,41 Euro fossero stati il resto dell'edicolante, o del supermercato, li avrei avuti in tempi più rapidi, senza dover attestare un paio di volte la mia identità.

Quanto costa mezz'ora del vostro lavoro? Mezz'ora del mio costa ben più di cinque Euro.
Mezz'ora del mio tempo libero, delle mie pause in cui scrivo un articolo di weblog, ha un costo esorbitante, tanto che nessuno può comprarsela.

martedì, aprile 15, 2008

Difficoltà espressive

In ogni attività umana, più o meno consciamente, esercitiamo delle scelte politiche, quando il nostro pensiero o la nostra azione interessano la vita pubblica. E' in fondo una definizione scarna, da dizionario, eppure inevitabile.

I miei ripetuti interventi sul significato di democrazia, sembrano invece a tratti dissonanti con il senso della politica. Sarebbe come chiedersi "ma se la democrazia è solo illusoria, quale significato hanno le scelte politiche in un paese che si dichiari tale?".

Giocando con l'universale linguaggio della matematica, ho fatto qualche somma, con alcuni dei voti risultanti dalla recentissima elezione politica.
Se sommiamo le preferenze di voto, andate a partiti che non verranno rappresentati alla Camera, otteniamo oltre tre milioni e mezzo di schede, mentre per il Senato sono oltre due milioni e novecentomila. Essendo ottimisti, prendiamo il risultato migliore, ovvero i poco meno di tre milioni finiti nel vuoto. Sul totale delle preferenze valide sono circa il 9% delle scelte.

E' sicuramente l'ennesima dimostrazione dell'impossibilità del concetto di democrazia, quando viene trasposto nella pratica. E non lo lamento perché io fossi rappresentato in qualche modo in quel nove percento. E' lecito però il dubbio che tutti noi, pur se rappresentati in un Parlamento, o in un Governo, si finisca per appartenere al gruppo di chi non ha alcuna rappresentanza reale.
Sarebbe del resto inattuabile, che una rappresentanza politica fosse del tutto uniforme con chi la rappresenta. A meno di essere tutti cloni perfetti, l'individualità ci differenzia, e cerchiamo di aggregarci con un best match, il migliore raggruppamento. Secondo idee politiche, ma anche secondo stili di vita, svaghi preferiti, interessi sportivi, e così via.

Va da sé che quel nove percento non ha avuto alcun peso sulla più importante scelta in un paese, quella riguardo al suo governo. Se quei tre milioni fossero spariti, in un sol giorno, sarebbero almeno cambiate le percentuali assegnate a chi ha avuto maggiori preferenze. Eppure è ancora più inquietante il ruolo di continuare ad esistere, per un diritto di scelta che non ha diritto di rappresentanza (pur con i limiti dell'individualità detti prima).
E c'è un senso logico che diamo a questo fenomeno, quello della stabilità di governo. Si parla di rendere meno frastagliato l'orizzonte politico, rendere dei blocchi più netti, perché il Governo sia uniforme.
E' molto interessante il percorso seguito, verso la cosiddetta stabilità. Si parte dall'individualità: a nessuno viene negata, tutti (i maggiorenni) possono esprimere un parere. Poi si suddividono dei macro gruppi (chiamiamoli partiti politici). Qui si opera una selezione, da chi ha la massima preferenza a scendere, smussando con un taglio netto chi non raggiunge una quota interessante.

Certo, mi si può fare osservare che tutto questo dipende dalle leggi elettorali, ma per arrivare alla fine della mia analisi è del tutto indifferente. L'obbiettivo finale, infatti, è sempre quello di creare un gruppo oligarchico, uno solo. Ben definito. Quando questo avviene, e nel processo è stata coinvolta la popolazione, lo definiamo democrazia. C'è un evidente paradosso, se non altro a livello linguistico.

Mi viene facile sollevare un paio di domande. La prima è sulla qualità della vita: la popolazione di un paese, si sente veramente rappresentata, ben governata, sapendo che l'obbiettivo è quello di avere stabilità dall'uniformità di pensiero?
Premessa l'individualità, come ricchezza sociale, è un po' anomalo vedersi felici nell'omologazione. Sicuramente meno oppressi dalla difficoltà nelle scelte individuali (che vengono assolte dal gruppo, secondo uno standard), ma altrettanto meno liberi, nelle stesse scelte.

La seconda domanda che mi pongo è sulla possibilità di scegliere la propria vita: chi non ama l'uniformità più o meno forzata, la classificazione e massificazione, può in qualche modo decidere un cambiamento?
Facciamo un'ipotesi, un po' astrusa, ma con qualche esempio pratico. Supponiamo di accettare un'approssimazione di democrazia su un livello più fine. Una sorta di riunione condominiale: tutti che decidono insieme, anche se si detestano, avendo di volta in volta qualche vittoria e qualche sconfitta. Se il condominio in questione fosse un Parlamento (dove le liti sono già adesso come quelle condominiali), e finanche un Governo, potrebbe esserci maggiore rappresentanza per tutti. E mettiamoci pure la proposta fatta da molti: che non si vedano sempre le stesse facce, che sia garantito un ricambio.
Insomma, fatta un'ipotesi di cambiamenti radicali, se davvero fosse desiderata, potrebbe mai essere cambiato tutto nel profondo? I rappresentanti che abbiamo eletto, farebbero un'azione di sacrificio nel più grande interesse popolare?
Se a questo punto vi viene da sorridere avete centrato il sarcasmo.

Nella mia umile opinione, qualsiasi visione sociale dovrà comunque scontrarsi con la difficoltà nel darne espressione. Come in un gioco di prestigio, vedo quel nove percento come apparso dalla bacchetta dell'illusionista: prima del trucco, nella realtà, era un quasi cento per cento.

lunedì, aprile 07, 2008

Alternative all'energia

Le problematiche ambientali stanno stimolando sempre di più i dibattiti sui metodi di produzione dell'energia, soprattutto quella elettrica.
Avevo già scritto di recente qualcosa sulla produzione elettrica, per citare alcune evidenti incongruenze. Un programma televisivo, a cui ho assistito casualmente lo scorso sabato, mi ha riportato a riflettere su altre palesi stonature, che spesso osservo.

L'energia da fonti rinnovabili è sicuramente interessante, per come si propone, ovvero per inesauribile nella scala dei tempi umani.
Il dettaglio che spesso appare trascurato, evitato, ignorato, è la chiave per il vero utilizzo di queste energie: come le convertiamo in qualcosa di utilizzabile per gli scopi umani?
L'illuminazione solare ci fornisce una buona fetta di energia, ma visto che non ce ne serviamo (come umani) per la fotosintesi, come si converte in un'altra forma?
Ormai hanno un po' tutti chiaro che esiste una qualche forma di pannelli solari, mentre è molto meno chiaro da dove vengano e cosa ci portino. Già sul secondo punto, la differenza sui pannelli solari termici e quelli fotovoltaici va spesso chiarita.
La forma di energia più versatile che sappiamo sfruttare è senza dubbio quella elettrica: la riconvertiamo in luce, caldo, freddo, moto, per non parlare delle applicazioni informatiche e di controllo, anche per altre forme di energia.

E' bello avere energia elettrica dalla luce solare? E' senz'altro stupendo, ma cosa ci costa?
Perché parlare di produzione a costo zero è assai grossolano.
Il pannello solare ha un costo, non indifferente, in termini economici ed energetici. Sì, perché produrre un pannello solare fotovoltaico costa anche energia. Il processo industriale, in cui si parte da un materiale che può essere a basso costo, come la sabbia silicea, è piuttosto complesso e dispendioso. Ci sono trasformazioni chimiche e fisiche, operazioni di precisione e controlli particolari. Evidentemente non ha un costo zero.

Qualcuno può obbiettare che in fondo conta il rispetto ambientale, per cui la produzione di energia elettrica dal sole è qualcosa di ottimale.
Vero. Se sei una pianta o un arbusto. Assai meno se sei un pannello solare.
A parte l'industria che lo produce (e che immette nell'ambiente quelle sostanze che si vogliono evitare, con un curioso mordersi la coda), ci sono altri due fattori: la vita utile e la manutenzione.
La vita utile del pannello solare non è infinita, in una ventina d'anni ha magari ridotto il suo rendimento (già basso in origine) a valori troppo bassi per essere utile.
Le stime ascoltate in televisione, e da chi ne parla come grande opportunità, dicono che in Italia ci vogliano una decina d'anni per ammortizzare il costo d'installazione. Ovviamente con tanto di incentivi statali: pagandoli interamente di tasca propria chissà quanto ci vuole. Rimangono quindi una decina d'anni in cui godersi l'energia "gratuita", la metà del ciclo vitale del pannello.
E quale può essere mai la manutenzione a cui mi riferivo?
Il pannello in sé non ne necessita, ma il pannello non è l'intero sistema. L'impianto completo necessita anche di batterie, che accumulino l'energia per sfruttare il suo livello medio (anziché avere corrente elettrica solo se c'è il sole splendente, e mai di notte o quando rannuvola).
Le batterie ad alta energia e ottima resa per questi usi sono tipicamente del tipo al piombo/elettrolita. La loro vita utile è di qualche anno, dopodiché non dovranno essere solo sostituite, ma anche smaltite e riciclate correttamente, vista l'elevata tossicità ambientale del piombo. Quanto costa in termini ambientali ed economici?

Tutto questo non significa certo che l'energia solare sia da scartare. Va sicuramente promossa, ma con il primo obbiettivo verso un suo sfruttamento migliore.
Sotto il sole che ride, come il simbolo di alcuni noti movimenti politici, ci sono nuvoloni piuttosto neri.