giovedì, luglio 10, 2008

Quel che si sceglie al sole

Se fate una breve ricerca su questo weblog risulta evidente la mia feroce critica all'abuso di alcune parole. La prima, la più quotata, è la parola democrazia.

Un paio di giorni fa si è tenuta una manifestazione a Roma, una protesta assai accesa, contro il comportamento di alcune personalità politiche italiane.
Visto che l'evento ha scatenato molte discussioni, era improbabile che non vi fossero strascichi di discussioni, critiche o polemiche. E' interessante notare che se non ci fossero state iperboli, sarebbe stato classificato tutto come "la solita manifestazione di facinorosi".

Il fatto più interessante, dal mio modesto punto di vista, è che il signor Antonio Di Pietro ha dimostrato esattamente quello che può essere il senso vero della parola democrazia.
Qui è meglio che approfondisca, perché detto così sembra solo una lode, ad un fenomeno gioioso.
In veste di promotore della manifestazione, il Di Pietro ha accettato una serie di relatori abbastanza dissimili fra loro. Questo l'ho visto in diretta da internet, e in parte riletto a posteriori. La televisione, il mezzo di comunicazione di massa, ha volutamente evitato buona parte della discussione. Ha scansato ogni strada diretta verso la massa. Perché passino le manifestazioni sindacali, dove c'è sempre qualcuno che protesta con lunghi discorsi noiosi, ma qui c'era un po' troppa foga, andava ammorbidito.
L'intento della democrazia è quello di dare a tutti lo stesso diritto di decidere del governo di un paese. Proprio tutti, dai serafici non violenti, agli estremisti che auspicano morti e torture. Questo è il senso di sovranità appartenente al popolo. La democrazia non presume bontà negli intenti, toni pacati, atteggiamenti sereni, ma esclusivamente la possibilità di tutti a intervenire nel governo di un paese. E' un concetto in effetti paradossale, perché se non sono tutti d'accordo (ed è la norma), quelli che verranno scontentati sapranno di non poter decidere, ovvio.
E' un concetto fragile, perché se un'influente casta di demagoghi riesce nell'intento, può indurre la scelta di un'oligarchia, più o meno velatamente.
Una delle concezioni più moderne non è quindi quella di democrazia, visto che ha solitamente delle derive chiaramente oligarchiche, ma quelle in cui si riconosce un gruppo di privilegiati, al di sopra del resto della popolazione, magari lasciando a quest'ultima delle scelte, come in certe monarchie costituzionali. Sembra un'affermazione rivoltante, ma è esecrabile solo il risultato, non il riconoscerne l'esistenza.
Provate a chiedere a chiunque, se crede veramente che qualsiasi rappresentante popolare, in uno stato, sia sicuramente integro nella sua funzione.
Se le situazioni sfavorevoli ai più sono una certezza delle oligarchie, altrettanto evidenti sono le possibili fratture dell'ordinamento democratico.

Questo non implica che sia malsano sperare nella democrazia. E' un po' come sperare nel bene universale, nella possibilità di benessere per tutti, senza scontentare alcuno. Qualcosa che ci riempie di gioia, meravigliosamente utopico: se non lo raggiungiamo non c'è ovviamente bisogno di augurare un male universale.

Ora, la manifestazione del Di Pietro ha messo insieme un'accozzaglia di proteste. Alcune più chiare, indirizzate, altre confuse, talune persino incoerenti con l'argomento della manifestazione.
E per completare il senso della democrazia avrebbero dovuto partecipare anche gli avversari. La ricerca della democrazia non può che essere un passaggio per l'anarchia, perché è esattamente lo stesso stato: cosa succede se tutti comandano, ma non tutti hanno la stessa opinione?
La lezione di democrazia reale è questa: un calderone in cui tutti parlano a modo loro, esprimendo il proprio concetto di sovranità, secondo le proprie idee. Che caos.
In realtà quello che è avvenuto nella manifestazione di due giorni or sono è stato pure troppo tranquillo, rispetto a quello che una democrazia deve garantire. In fondo c'era un argomento di base, verso cui tutti tendevano.

Non mi farei mai rappresentare dal signor Beppe Grillo, che come ho citato spesso pecca di qualunquismo, nella sua ricerca di visibilità posta sopra tutto. Ma non posso certo dire che un personaggio eccessivo si muova sempre nel torto: quando ha ragione, gli va dato credito. La statura morale dei politici è un requisito fondamentale: non importa lo schieramento.
Comprendo che essere estromessi dai mezzi di comunicazione sia opprimente per la signora Sabina Guzzanti, e che ha tanti interessanti argomenti seri o divertenti da raccontarci, ma farne un gran misto, per la popolarità in una piazza, è insensato.
La satira repressa ha prodotto due aberrazioni, incapaci di rappresentare l'ironia (per l'amarezza dei temi) e altrettanto incapaci di rappresentare la politica (per l'incoerenza delle trattazioni).

E allora che si fa?
La risposta più stolida viene dal signor Walter Veltroni, che imputa al Di Pietro ogni male del mondo, lanciando anatemi. Lui, il Veltroni, auspicava dialogo, concertazioni, compromessi. Insomma la democrazia della tranquillità, quella in cui tutti cercano la poltrona soffice.
Non ha ancora capito che qui fuori c'è un altro paese, assai peggiore dei dati ISTAT. Oppure preferisce non capirlo. Peggio sarebbe il fingere di non capirlo.
Auspica libertà, senza capire che non è possibile averla per concessione, ma che necessita di una costante conquista. Se credi di dare uguali diritti agli altri, e questi se ne agguantano ogni giorno di nuovi, schiacciando i tuoi, serve un nuovo equilibrio.

Se per pura ipotesi avessimo da un lato dei governanti che spadroneggiano, forti dell'anestesia popolare, e dall'altro lato degli antagonisti che temporeggiano, è evidente che avremmo una sola forza politica, con compiti individuali diversi. Alcuni si occupano del governare, altri si occupano di riempire lo spazio del dissenso, fungendo da semplice imbottitura.
E per fortuna non vorremmo mai scegliere di vivere in una situazione così. O no?