lunedì, giugno 22, 2015

Intelligenza tecnologica

Ogni volta che leggo articoli di giornali e pubblicazioni per il consumo di massa, mi preparo sempre alla
banalità, alla semplificazione. Comincio a sentirmi decisamente prevenuto verso l'umanità intera, mi chiedo appunto quale distorsione mentale mi porti a vedere le cose decisamente in negativo: essendo io una persona costruttiva, cerco di convincermi che sto proprio sbagliando.
In fondo non è possibile che il livello di conoscenza, il semplice buon senso, scendano così in basso come li vedo io. Ecco, preferisco vedermi come un semplice misantropo, così da rincuorarmi: è un mondo migliore di come lo dipingo, vero?

Non fai in tempo a pensare qualcosa di positivo, che subito arriva chi te lo smonta.
Ieri mi è capitato di leggere un articolo di quotidiano su come "gli italiani sognano una vita più smart" (sic). La commistione di vocaboli in voga, in una frase dal significato minimo, attira subito la mia calamita per le idiozie. Così la seguo e mi leggo il contenuto, tanto per avere conferma.
Tutto nasce da uno studio promosso da Ericsson e realizzato da Luiss Business School, praticamente un'azienda che commissiona ad un'università che si occupa di nuovi manager una ricerca. E' un po' il concetto direttamente inverso di ricerca scientifica: anziché studiare un fenomeno a partire da quello che può smentirne l'esistenza, si studia il modo per dimostrarne l'esistenza in qualsiasi modo possibile.
Cosa può desiderare di dimostrare un'azienda del settore tecnologico? Che la tecnologia è indispensabile, magari. Beh, ma viene da pensare che in fondo, nell'ultimo secolo, l'utilità e i benefici della tecnologia sono stati spesso visti un po' da tutti. Quindi servono alcuni spunti nuovi, altrimenti l'argomento non genera ulteriore interesse.
I punti che batte il quotidiano (e non oso leggermi la ricerca originaria) sono il desiderio irrefrenabile degli italiani verso la nuova tecnologia, e lo stato "iper-tecnologico" (sic) del cittadino medio. Eh sì, perché ben il 40% (vi si cita) "trascorre oltre quattro ore al giorno su internet". La deduzione è equivalente a dire che chi trascorre decine di minuti a leggersi il pannello integrativo di un divieto di transito assurge allo stato di letterato. Che dire poi di chi passa nottate a scarabocchiare con la vernice spray i muri o i vagoni del treno, è sicuramente iper-artistico.

I contenuti, la comprensione, non sono di alcun interesse per chi vende un prodotto, se non sono indirizzati al proprio prodotto, all'immagine positiva di questo.
Un libro diventa caso editoriale se vende un buon numero di copie. Un'esposizione d'arte diventa prodigiosa se stacca un buon numero di biglietti paganti. Nessun profitto, nessun onore.

Per cui, visto che sono prevenuto, sono portato a pensare che i bisogni dei cittadini digitali, della società connessa, verso una serie di nuovi servizi elencati nella ricerca, ha sicuramente delle risposte. E per tutte queste risposte c'è l'azienda che ha commissionato la ricerca.
E' interessante la strategia proposta già dalla Apple di Jobs, la dichiarazione verso gli utenti "voi siete intelligenti, siete all'avanguardia, ecco perché avete bisogno dei nostri migliori prodotti". Il consumatore non deve sentirsi l'idiota che accetta qualsiasi prodotto nuovo, ancorché un po' scadente, come succedeva con l'elettronica degli anni '60 e '70 del secolo scorso. E' anzi un bene che ci sia una vasta produzione cinese mediocre, che ricordi a tutti di pretendere la qualità che ogni iper-tecnologico cittadino merita.
Se potessero, come la sognerebbero una vita più intelligente!