lunedì, ottobre 24, 2005

Il mito della democrazia

Qualche anno fa lessi un bel libro (che adesso non citerò né per autore né per titolo) in proposito ai paradossi, quelli dei sensi, come quelli insiti nelle attività umane.
C'era in particolare un paradosso che ritenni tanto significativo quanto inquietante.

Nel 1951, un economista americano (in seguito premio Nobel, nel 1972) enunciò un infallibile quanto impietoso teorema matematico.
Kenneth Arrow dimostrò infatti l'impossibilità dell'esistenza della democrazia, in termini matematicamente esatti.
Dev'essere stato un vero schianto nella società americana, impegnata nella guerra fredda, per dimostrare la superiorità della propria democrazia, di fronte al nemico sovietico.
La reazione in un paese totalitario di stampo classico sarebbe stata quella che sappiamo, accuse di falsità, di minacce alla sicurezza statale, oppure direttamente screditamento e condanna all'oblìo. Fin qui niente di nuovo, tolgo anzi il congiuntivo: Arrow non poteva che finire dimenticato e messo da parte, come fu fatto.
Certo ho omesso che in America c'è anche modernità, motivo per cui non fu necessario sopprimere fisicamente Arrow, come sarebbe potuto accadere in altri stati totalitari, come in sud america, o nel sud est asiatico.
Resta il fatto del suo scomodo teorema.

Mi chiedo oggi, ogni volta che sento le parole "democratico, democrazia", se chi le pronuncia ne abbia qualche coscienza.
Risuonano un po' come le cure del medico settecentesco, che per alleviare un mal di testa perforava il cranio del paziente, per ridurne la pressione cranica. Quel che mi provoca irritazione è il sapere già per certo che il richiamo alla democrazia è un tentativo di trapanare la testa a qualcuno, per infilarci dentro un concetto utopico, spacciandolo come possibile.

- continua -

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