mercoledì, marzo 29, 2006

Computer fanatics

Molti anni fa era, agli albori dell'informatica per tutti, c'era una continua diatriba su quali fossero i computer migliori, i più innovativi, i più evoluti e prestanti.
Prestanti, perché questo termine esiste in italiano, mentre la mania per gli tecnicismi stranieri ha partorito creature aberranti, come il tanto diffuso performante.

Il mercato si è poi avviato verso sempre un più deciso bipolarismo, dove solo le architetture compatibili con il mondo Microsoft e quelle del mondo Apple, hanno cominciato a spartirsi la ricchezza del nuovo mondo, quello dei computer per tutti.
Leggendo dei brani, in un articolo del signor Vittorio Zucconi, ho ripensato, com'è inevitabile, ai fanatismi più assurdi, verso cui il mondo dell'informatica si è diretto.
Premesso che non sono un fanatico del mondo Microsoft, sottolineo che non lo sono sicuramente neppure del mondo Apple, pur essendo utente del primo, come in passato utente anche del secondo.
L'articolo di Zucconi è in realtà uno delle decine di articoli simili, che ho letto negli anni. Tutti che iniziano incensando la Apple per le sue mirabolanti invenzioni (senza aver innovato in niente di tecnologico), proseguendo nel lamento della dura vita di chi usa un sistema alternativo e meno diffuso, terminando col fatto che adesso si sono riscattati, perché il mondo è cambiato in meglio e grazie a loro.
Sembrano le tre fasi tipiche del fanatismo informatico, usate anche dagli utenti o sviluppatori di prodotti Microsoft. Hanno anche loro un Dio unico (il signor William Gates, contrapposto al signor Steve Jobs), che ha creato il cielo e la terra. Hanno le loro lamentele, hanno il mondo finalmente migliore grazie al brand per cui tifano.

Inutile dire che il loro settarismo, quella da cui Zucconi si sente affrrancato, rimane esattamente lì dov'era vent'anni fa.
Quello degli utenti Apple non è stato poi così sofferto, quasi imposto, come ce lo racconta. Entrare in un negozio dove si vendeva solo Apple, diciamo dieci anni fa, era come l'entrare in un negozio di Hi-Fi esoterico. Quei negozi dove ti vendono un pezzo di ferro che messo sotto un giradischi lo fa suonare meglio, oppure cavi elettrici per condurre gli elettroni nel modo giusto. Una bottega d'alchimia tecnologica, insomma, un santuario.
Gli utenti Apple vivevano come in uno stato di estasi mistica, predicando il vero verbo, guardando con astio e orrore verso la blasfemia di chi avrebbe potuto dir loro che in fondo "è solo un computer, non un tabernacolo di un santo".

Non sono rimasti soli, però. Mentre dal lato degli utenti di prodotti Microsoft la cosa era limitata a percentuali più ristrette di fanatici (in ogni caso fanatici esattamente allo stesso modo), si sono sviluppati i nuovi credo. Come quello dell'open source, un movimento che sicuramente ha anche molti buoni propositi, ma che tende ancor più all'esaltazione trascendentale.
Cito ad esempio l'onnipresente signor Richard Stallman, i cui scritti fanno pensare ad un profeta laico (la contraddizione è voluta).
Per non parlare di altre figure di spicco, come Larry Wall, che ha scritto i manuali del suo software suddividendoli con i nomi e le citazioni bibliche, e non in senso ironico.

La parte ridicola per la tecnologia è che per dimostrare la bontà di soluzioni tecnologiche si faccia ricorso al fanatismo, all'esaltazione di principi morali.

martedì, marzo 28, 2006

Saper riconoscere gl'idioti

Qualche volta diventa un'impresa, vista la propensione alle idiozie per puro spirito emulativo.

Il signor Marcello Pera, già citato qui, incidentalmente Presidente del Senato (anche se il fatto, per fortuna, non ha alcun legame) ci lascia sempre nel dubbio.
Quando rilancia i fondamenti della società europea, a suo parere basata sulla matrice "giudeo-cristiana" (sic), lascia perlopiù interdetti. E' un po' l'effetto che ti fa uno che ti sfascia l'auto che hai lasciato ben parcheggiata, e poi ti urla contro: non capisci all'istante se è totalmente pazzo o se sta disperatamente cercando un altro responsabile.
Non si capisce infatti se abbia mai sentito parlare della filosofia della Grecia antica, visto che pone tutti quei concetti come fondati esclusivamente dopo l'avvento del Cristianesimo. Non si capisce se abbia mai sentito parlare delle civiltà Romana, e ancor prima Etrusca, e dei cambiamenti sociali che avevano già allora iniziato. Non si capisce se quando parla di fondamentalismi religiosi, pericolosi, li condanni o semplicemente li invidi.
A voi la decisione sul fatto che questo individuo sia un vero o un falso ossìmoro. Sarà per la mia cultura limitata, ma non mi è mai stato difficile comprenderlo, ogni volta che l'ho sentito proferire verbo.

lunedì, marzo 27, 2006

Vo(l)to elettronico

Credo che chiunque abbia letto un po' i giornali o le riviste che parlano di attualità, non si sia perso la situazione incresciosa degli intercettamenti telefonici, della manipolazione delle firme raccolte da un partito politico italiano, e mille altri risvolti.

La domanda, semplice, diretta, è: vi fidate del voto elettronico, dopo queste premesse?
E non perché l'elettronica e l'informatica siano inaffidabili, ovvio.

Dal mio punto di vista, prettamente tecnico, la robustezza della catena di un sistema è tutta nel suo anello più debole. Quindi in un sistema dove chi fa da giudice è anche allo stesso tempo un giocatore, diventa difficile pensare che non ci siano debolezze.
E dalla mia esperienza pratica, la sicurezza anche di chi si impegna, è solitamente risibile.

Quanto costa un SMS?

Pare una domanda banale, eppure non sono così sicuro che lo sia.
Nonostante io operi nel settore delle tecnologie avanzate, sono solitamente moderato nel mostrare entusiasmo verso certi nuovi prodotti. Diciamo pure che sono molto critico, verso i falsi nuovi prodotti, quelli che ci bombardano in ogni comunicato commerciale e volantino pubblicitario stipato nella cassetta delle lettere.
Così, ho ancora un telefono cellulare del tipo che non invia SMS multipli, arrivato ai 160 caratteri si ferma e qui devo ingegnarmi su cosa fare -- soprattutto se il messaggio è per qualcuno che so non poter rispondere, ma che può leggerselo come una nota più tardi.

Ho quindi un dubbio, sui telefoni dotati invece di questa capacità di suddividere i messaggi: con quale criterio lo fanno? Non avendone mai usati, mi verrebbe da pensare che agiscano in base alla lunghezza: superata una lunghezza limite inizia lo spezzettamento.
Magari è una considerazione ingenua, forse esiste un metodo più intelligente per farlo.
Dagli SMS che ricevo però, il metodo non lo comprendo. L'unica cosa che comprendo è che spesso ricevo cose come: "Collegato 1/2: Ciao, come s" seguito da "Collegato 2/2: tai?"
Chi spedisce il messaggio ne paga quindi due? Per tre sole parole?

domenica, marzo 26, 2006

Opinioni politiche

Tutti noi ne esprimiamo in fondo, coscienti o no di farlo. Anche la scelta di un gelato, di un colore per l'automobile, del tessuto di un indumento, tutto fa politica.
Gli apolitici sono in realtà degli utopisti, solitamente delusi dal non trovare una posizione esattamente coincidente con le loro idee. Certo vale per chi si dichiara tale e ne difende la posizione, mentre è piuttosto diverso per gli indifferenti verso la politica, che spesso sono i soggetti più facilmente manipolabili -- dalla politica, ovvio.

Verso la metà degli anni '80 ero molto più attivo a mia volta, verso la politica e il suo rapporto con i giovani, essendo ancora studente, in mezzo ai cambiamenti che mai sembravano favorevoli.
La protesta verso l'allora Ministero dell'Istruzione ed i suoi provvedimenti, dall'orwelliano 1984 proseguì fino all'85, in quello che qualcuno definì il movimento dei ragazzi dell'85.

Riflettevo giusto ieri sulle parole di una persona, che in una chiacchierata del tutto informale, mi ha colpito dicendo più o meno che "da giovani, si sceglie sempre uno schieramento, se stare a destra o a sinistra".
Quel che c'è di triste, nella riflessione, è il fatto che poi negli anni, molti perdano interesse verso qualsiasi obbiettivo politico. Cerchino la tranquillità della non-politica, lasciando le ideologie per i nuovi idoli, i simulacri del benessere.
Sembra quasi che rinuncino a qualsiasi coinvolgimento, nel timore che li distragga dal nuovo obbiettivo. Finiscono per esprimere opinioni politiche - dirette - solo quando la politica insidia il vitello d'oro. Allora si rivoltano maldestramente, lanciando strali contro gli eretici, avversi al nuovo Dio.

E qui ammetto che a mia volta ho allentato gli interessi verso la politica, non sono più l'attivista della mia giovinezza, anche se in realtà non ho perso interesse per la politica, non ho coltivato l'illusione di un ovattato mondo apolitico.
Quello che mi ha stancato, annoiato, è la gente stessa per cui potresti fare qualcosa. La domanda che mi sono posto è suonata come "ma davvero c'è chi merita di meglio? C'è davvero qualcuno per cui battersi?".
Se fossi minimamente religioso, la domanda non si porrebbe neppure: ovvio che il bene universale debba essere un obbiettivo primario.
Se avessi dei figli, una famiglia, mi sentirei altrettanto tenuto a perseguire quell'obbiettivo.
Come mai, le tante persone che hanno queste due condizioni, non si sentono altrettanto motivate a migliorare il futuro?

Nella metà degli anni '80, sempre quelli citati prima, nutrivo una certa avversione per gli articoli del signor Eugenio Scalfari, sul suo quotidiano (era fondatore e direttore de La Repubblica, per chi non lo ricorda). Le sue posizioni mi scatenavano sempre una certa irritazione.
Anche oggi, che i miei spigoli si sono smussati, lo trovo talvolta su quegli arroccamenti dell'intellettuale che protesta e si indigna, con un suo snobismo culturale.
Trovo invece abbastanza condivisibile il suo articolo di oggi, sull'inesistenza dei moderati.
In fondo il paese non si distanzia granché dalle finzioni letterarie di un romanzo di Benni, come in Spiriti, dove le forze che si contendono il potere si dividono fra moderati e moderisti.

Quel che trovo sicuramente condivisibile, nell'articolo di Scalfari, è l'ormai palese incapacità d'indignazione degli Italiani.
Se un tempo potevo stancarmi dell'italiano medio, con la sua mediocrità, adesso sono davvero inorridito davanti al fatto che neppure dietro le associazioni più potenti del paese ci sia più decoro. Anche falso decoro, come siamo abituati a mostrarlo benissimo in questo paese, ma decoro.
Un'associazione come Confindustria, che un tempo poteva farmi arrabbiare per le arroganti posizioni sul lavoro, adesso è talmente anestetizzata da rivoltarsi contro chi la vuole svegliare, perfino se è un suo membro, come il signor Della Valle.
Che ha semplicemente raccontato quello che tutti coloro che non sono ipnotizzati possono vedere, il fenomeno di un paese a rotta di collo verso il disastro economico, oggi per le famiglie più povere, domani per quelle più ricche.

Scarsa lungimiranza. Come si può credere che la nazione stia davvero andando bene così?
Eppure un disegno c'è, dietro a tutto questo. Faccio un'ipotesi inquietante, che mi è saltata alla mente giusto ora.
Supponiamo che l'impoverimento cresca ancora a dismisura. Qualcuno tempo fa lanciava l'ipotesi che fosse una manovra per garantire lavoratori a basso costo per le aziende, ma non penso sia il quadro completo.
Proseguiamo.
Supponiamo che l'impoverimento renda molto fragili la maggior parte delle aziende che ancora oggi galleggiano. Come alcuni avranno notato - non molti, altrimenti le cose sarebbero cambiate - ci sono, al contrario, delle aziende ad ampio spettro di attività che invece stanno crescendo; vuoi per la pubblicità, vuoi perché si stanno facendo spazio a gomitate sempre più forti.
In un futuro in cui una miriade di aziende medio-piccole (ma non solo) saranno in difficoltà, diverrà facile per un colosso acquisirle, colonizzarle. In quel futuro potrebbero esserci molti marchi italiani, ma una sola azienda a controllarli. A quel punto l'amministrazione dello Stato diverrà solo un'attività collaterale, un fantoccio per le relazioni internazionali; o anche per indire di tanto in tanto delle libere elezioni, che sponsorizzino partiti politici incapaci di cambiare uno Stato delle Cose.

giovedì, marzo 23, 2006

Italia in zona verde

Faccio un misto delle recenti notizie, che di nuovo han sempre ben poco.
Il dipartimento di stato degli USA ha indicato il nostro paese come a rischio attentati, in concomitanza delle elezioni politiche ed amministrative. Un po' come certi stati del sud america, soprattutto quando il direttivo è distante dalle posizioni maccartiane. Devo dire che non mi sorprenderebbe se ci proponessero anche un appoggio militare, per sostenere queste elezioni, un po' come in Iraq.
C'è bisogno di garantire una zona verde come a Baghdad?
Sarebbe interessante sapere da chi vogliono ripulirla, l'Italia. Per saperlo basta in fondo seguire il loro vassallo (e non mi riferisco ad un rappresentante ufficiale).

domenica, marzo 12, 2006

Guerriglia annunciata

Qualcuno scriveva tempo fa che le tragedie annunciate sono in fondo consolanti.
Perché ci danno una certezza della tragicità imminente, confermando il nostro bisogno di sicurezze, anche in negativo, ma che siano certe. Come dire: siamo impreparati a quel che di buono può succedere, fuori dal nostro controllo.

Ho appreso solo poco fa, dei disordini avvenuti a Milano stamani. Due sono i pensieri che vi ho collegato.
Il primo è il triste commento di Cassandra, visto che già da tempo immaginavo in cosa sarebbe sfociato, il disagio sociale. Già in altri articoli passati avevo ravvisato questa mia preoccupazione.
Il secondo pensiero è stato che probabilmente, oggi, non c'erano partite della serie A di calcio che fossero altrettanto importanti. Quelle che a latere portano solitamente lo stesso tipo di distruzione e violenza, ma a cui ormai siamo abituati. In quei casi non fa più notizia.

Curioso notare che la manifestazione, preparatasi come non autorizzata e violenta, anticipi invece un'altra manifestazione, autorizzata stavolta, che si svolgerà nel pomeriggio, da parte di altri gruppi che inneggiano alla violenza.
La differenza fra i due gruppi è probabilmente nello schieramento politico, ma quello che di sicuro è più interessante, rimane invece nella similitudine fra i due gruppi. Entrambi propongono infatti violenza come espressione del loro disagio sociale.
Questo però non fa notizia, svelarlo non è nell'interesse di chi manovra.
Il piccolo timoniere non ci tiene a far sapere di essere causa primaria degli scontri, con la sua sprovvedutezza. Nel frattempo è impegnato a stilare la lista di tutti quelli che vogliono il suo male, ultima entrata è una giornalista piuttosto nota, rea di non aver fatto le domande giuste, che ne santifichino l'immagine.

La poco nuova preoccupazione che ho, legata alle manifestazioni violente, è che anche la repressione lo diventi, con la strada spianata ad uno stato di polizia.
Non sarebbe del resto una sorpresa, vista l'attuale tendenza a completare il piano di rinascita democratica come dai documenti della loggia massonica di Licio Gelli.
Ennesima dimostrazione su come la parola democrazia non diventi solo vacua, ma anche tranquillamente abusata. Si veda infatti come viene definita in testa al documento: quale semplice adattamento del sistema esistente, senza citare che anche in una definizione da dizionario c'è un elemento di rilevante differenza, un popolo chiamato a scegliere.

Ma ormai siamo divenuti esperti in democrazia, visto il supporto a personaggi come il signor George Bush, che la sta esportando - a suo dire con successo - in tutto il mondo.
Speriamo che con la crisi economica, fra le varie importazioni dall'estero, non si finisca pure noi nella necessità d'importare democrazia dagli Stati Uniti d'America.

venerdì, marzo 10, 2006

Paura di perdersi

Un cardinale ha affermato recentemente di essere favorevole all'insegnamento della religione musulmana nelle scuole italiane, vista ormai la presenza di molti fedeli anche in Italia.
E' un evidente contrasto col senso moderno di scolarizzazione. Non l'insegnamento della religione musulmana, ovvio, ma l'insegnamento di qualsiasi religione, visto che si riduce già alla catechesi (nel caso della religione cattolica) -- avevo da tempo questa opinione, e oggi l'ho riletta in un'intervista alla signora Emma Bonino.

L'insegnamento di una religione (come dice la Bonino) è un fatto privato, chi vuole seguirne una ha il diritto di farlo fuori da una scuola.
Mentre non ha alcun diritto di mantenere con la forza, nei già difficili palinsesti scolastici, l'adorazione di alcunché.
Visto che l'ottocento è trascorso, e il novecento pure, vediamo di creare cultura del duemila, nelle scuole, punto.

Ora però, la curiosità è: come mai il rappresentante della religione dominante il Paese (visto che non è più religione di stato, non vedo come altro definirla, con tutte le sue ingerenze), l'esponente di una forte dottrina, decide di aprire verso i diretti concorrenti?
Perché c'è una paura più forte, rispetto al perdere i fedeli per un'altra religione. E' il terrore di perdere i fedeli verso l'ateismo.
Un po' come un venditore di hamburger, che avrà sicuramente più terrore di chi smette di mangiarli, rispetto a chi ne mangia da altri venditori -- se è un venditore capace.
Perché è un rischio accettabile quello di una seconda religione in gara per le scuole, rispetto a perdere del tutto la presa sulla scuola.
Come diceva un educatore cattolico del passato, "datemeli dai 5 ai 12 anni, e saranno nostri per tutta la vita". Perdersi questa occasione sarebbe un vero peccato.

Chi comanda?

Le mie riflessioni sulla democrazia non sono poi tanto cambiate.
Continuo ad essere fortemente convinto che sia una delle tante idealizzazioni in cui ci sforziamo di credere, anche quando ogni cosa ci dimostra il contrario, un po' come le credenze religiose.

L'ultima dimostrazione è nelle chiacchiere intorno ad un confronto elettorale, che dicono doversi presentare in televisione la prossima settimana, forse.
Un confronto dove saranno messe in gioco regole rigidissime (o così ci raccontano), per evitare che uno dei due candidati rubi tempo o immagine all'altro.
Qualunque sia la vostra posizione, verso uno dei due schieramenti, è del tutto ininfluente, per quello che sto esponendo. Il punto è che il confronto servirà a far decidere gli incerti, perché saranno loro a decidere per voi. Già.
Guadagnato finalmente il centro dei consensi, da parte di entrambe le coalizioni, ora conterà solo chi è indeciso, chi non ha nessuna voglia di votare, chi vede tutte e due le parti come una presa in giro.
Chi ha deciso, chi prende posizioni, chi si schiera, grazie alla corsa verso il centro, non conta più niente.

La falsa democrazia è stata fatta convergere nella sola scelta di chi non sa cosa scegliere.
E il meccanismo è talmente richiuso su se stesso, che è ormai difficilissimo uscirne. Perché allontanandosi da questo centralismo si dà una forza imprecisata a tutti quelli che ci si sono seduti in mezzo.
Il terrore dell'instabilità sta concentrando tutti in un punto di massima instabilità, dove ormai basta una voce discorde per scatenare il caos.

Qualsiasi sia il risultato elettorale, ci sarà un solo gruppo di perdenti: gli italiani che voteranno con convinzione per uno schieramento.
C'è da aggiungere che come in ogni guerra, non ci saranno vincenti. O meglio, saranno poche centinaia, ben pochi in confronto ai milioni di elettori.
Chi c'è fra quelle centinaia? I politici che si rimetteranno in gioco, e poi i potenti del Paese, quelli che ancora fanno funzionare un po' di economia (anche se solo per le proprie tasche). Chiunque esca vincitore, loro ne rimarranno sempre amici, compari, camerati.

Non ho una ricetta, in quest'articolo. Non c'è una conclusione per cui dire "se facessero tutti come dico io... cambierebbe l'Italia". Perché non se ne possono applicare, di realistiche.
L'unica cosa che si può fare è mantenere viva la coscienza di quello che succede: tenere gli occhi aperti può allenarci per il futuro. Al presente non vedo nessun cambiamento epocale, se non delle scelte per il male minore.
Ho solo irritazione nel constatare chi comanda, per davvero.

mercoledì, marzo 08, 2006

Otto marzo

Mentre tempo fa parlavo delle giornate contro, stavolta si tratta di una giornata a favore, visto il festeggiamento a nome delle donne.
E dietro ogni simbolo si nasconde spesso il niente, un po' come affermavo/negavo per il San Valentino.
Insomma, gran cosa festeggiare, ma ci sono anche piccoli aspetti fastidiosi. Prendiamo ad esempio l'evento 8 marzo originario, che conoscevo fin da bambino, come collegato a questa festività.
Una disgrazia avvenuta in realtà il 25 marzo, del 1911, in cui in un incendio, di una fabbrica americana, morirono 140 operaie, sfruttate in condizioni gravose.

Le operaie della "Triangle Shirtwaist Company" lavoravano da 60 a 72 ore alla settimana, per uno stipendio settimanale da 6 a 10 dollari.
Praticamente quello che capita adesso alle lavoratrici dell'est asiatico, a distanza di quasi un centinaio d'anni.
E le lavoratrici americane di oggi? Nemmeno per loro è cambiato granché, nella qualità del lavoro, rapportandola ai tempi in cui vivono. Eh sì, perché ritengo rilevante che ogni cosa sia rapportata al suo tempo.
Le discipline economiche e sociali, hanno infatti portato un cambiamento sempre più forte nel senso del lavoro. La riuscita più triste e strampalata, ottenuta nel Nord America, è che ora viene denigrata chi non vuole lavorarle, quelle 60 ore la settimana. Non è più una sfruttata chi lavora 60-70 ore la settimana, al contrario è considerata una fannullona chi non lo fa.
In una perversa deviazione dei valori, si è formata la nuova coscienza del lavoratore.

Il cambiamento dei tempi ha portato poi nuovi ruoli. La fabbrica moderna non è più quella delle cucitrici del 1911, ma un luogo dove si lavora con i computer, come se questo rendesse automaticamente nobile il lavoro, meno faticoso in ogni senso.
Adesso che la produzione industriale, anche americana, si appoggia fondamentalmente a prodotti dei paesi "poveri", sono fiorite le donne manager, impiegate con un livello superiore di cultura.
Anche self-employed, lavoratrici e lavoratori autonomi, un esercito al servizio del paese, che non può lavorare meno di quelle 70 ore settimanali, se non vuole sentirsi in colpa.

Hanno liberato i vecchi schiavi del lavoro, rendendoli schiavi di un nuovo modello sociale, che pur non chiedendolo esplicitamente, li vuole tutti stacanovisti.
Pena l'esclusione dal gruppo, dalla nazione, dalla bandiera.
Eppure il modello sociale non sa fornire loro una spiegazione del loro smarrimento, quando tornano a casa, dopo le dodici ore giornaliere di lavoro. Non sa spiegar loro come mai, in una mezza domenica festiva, scoprono di avere dei figli che si drogano e rubano, o perché il marito (o la moglie) hanno un amante.
Hanno lavorato tutta una vita, e non comprendono come mai la loro famiglia, la loro vita personale, è completamente allo sfascio. Non si capacitano del come possa accadere, che tutti i soldi guadagnati non abbiano comprato la felicità. Non sanno perché al terzo o al quarto matrimonio, stanno ancora cercando una cosa facile come il benessere.

In questa rappresentazione, che qualcuno può considerare impietosa o esagerata, ci vedo sempre più anche delle fette d'Italia. Come quel nord-est tanto florido e lavoratore, che adesso non sa più per chi produrre, vista la crescita a zero del paese.
La crescita zero del paese, che l'attuale Ministro dell'Economia ha definito "soddisfacente". Come dire: se tutto va bene siamo rovinati, e fortunatamente è andato tutto bene?

Ma buona festa a tutte le donne. Che non potranno dire la loro in politica, perché l'Italia ha meno sbocchi politici per le donne che molti paesi africani.
Buona festa a tutte le donne, che possono avere lo stesso lavoro degli uomini, ma solo se lavorano bovinamente come molti uomini.
Buona festa a tutte le donne, tutelate dalle violenze e dai soprusi solo in qualche scarabocchio di legge (dirli disegni mi pare eccessivo); mentre tutti sanno che la legge in Italia è fatta per essere aggirata.
Buona festa a tutte le donne, perché se sopravvivere in questo mondo diventa difficile, per loro lo è solitamente un po' di più.

domenica, marzo 05, 2006

La voce del padrone

Mi è capitato, mezz'ora fa, di ascoltare un intermezzo alla radio, indicato come campagna elettorale, in osservanza di una certa legge dell'anno duemila.
Ora, era talmente ridicolo nell'esposizione, che mi ha fatto pensare invece all'anno mille, ma andiamo per gradi.

La radio, citiamola pure, era Radiomontecarlo, emittente del Principato di Monaco, ma di cui non è difficile capire la proprietà.
Le voci dei candidati elettorali erano più d'una, alternate fra i due schieramenti.
Già questo dovrebbe mettere in allerta una persona attenta: possibile che tutta l'Italia si divida nettamente in due schieramenti? Guelfi o Ghibellini? Bianchi o Neri?
Eppure la nazione è assai più grande della Firenze medievale. Il punto è il teorema del gelataio, esposto brillantemente da Odifreddi nel libro C'era una volta un paradosso, che ho citato già altre volte.
Data una spiaggia, su cui due gelatai devono dividersi i clienti, all'inizio i venditori si mettono agli estremi, l'uno a sinistra, l'altro a destra. Poi si accorgono che in realtà più si spostano verso il centro, più hanno probabilità di avere clienti che non solo stanno al loro estremo, ma anche quelli che sono aldilà del centro, verso l'altra direzione. Così cominciano a spostarsi sempre più verso il centro, sicuri che chi viene dalla loro direzione non abbia gelataio più vicino.
Eccoli qui i nostri gelatai, ormai manifesti come centro-sinistra e come centro-destra, ad indicare che non intendono muoversi da un centro verso cui tutti vanno.
Non c'è un concetto di buono o cattivo, nel centro. E' fondamentalmente un messaggio di qualcosa che sta al centro, come se la media non fosse anche mediocrità.

Ma torniamo al messaggio che veniva proposto come equo.
In verità, il primo e il terzo personaggio, vengono descritti dalla commentatrice (che si sforza di tenere un tono neutro, freddo) come esponenti del governo in carica, elencandone anzitutto le funzioni attuali.
Il secondo viene invece descritto come rappresentante di uno schieramento diviso. E' evidente che questo tipo di apprezzamento non è così equo, neppure dal mio punto di vista, per cui quella persona può essere un perfetto idiota: non avrei mai l'arroganza di dire di essere equo, nel presentarlo come persona di uno schieramento diviso, indipendentemente dalla verità o no della cosa. E' evidente che la stessa cosa si possa dire di entrambi i gruppi, vista la manifesta disomogeneità, dalla corsa verso il centro.

Mentre la presentatrice, dalla voce àtona, ci rassicura che il messaggio è equo, un ascolto attento, psicologico(?) ce lo restituisce ben diverso. Indipendentemente da chi potesse essere migliore o peggiore.
La tendenza della radio in questione s'è manifestata quindi ben chiaramente.
Il punto è che la maggior parte della gente non s'indigna di fronte a certi comportamenti da manigoldi; se anzi è di vedute concordi con il padrone della voce, se ne rallegra, anziché avere orrore di certe cadute di stile.

In un mondo dove la comunicazione è così complessa, viene da pensare che in fondo la volgarità non sia nelle parole di chi l'esprime, ma nelle mani di chi la lascia rappresentare.
Il forte compromesso a cui sono stati sottoposti gl'italiani è quello che dice "Se vuoi davvero fare pulito della feccia, restaurare il benessere, avere certezza del futuro, devi dare tutto in mano a noi". Un po' come dire che il fine giustifica i mezzi.
Il punto è che verso quel fine non ha assolutamente intenzione di muoversi nessuno, mentre i mezzi sono in moto da tempo.
Gli abitanti stanziali del paese, che dal canto loro rappresentano fieramente la popolazione originaria, che viveva di pastorizia (oltre che di agricoltura), non sapendo più fare i pastori, sono divenuti ovini e bovini. Insomma, hanno detto "Sì" (o anche "Beeh" e "Muuh").
Ridicolo pensare che sappiamo già chi si mangerà i vegetariani (e non).