martedì, dicembre 15, 2009

Previsioni e strali per l'anno che verrà

In questi giorni, se non già da settimane, sono sicuramente all'opera tutti i più noti astrologi per l'imminente inizio di un nuovo anno, se così vogliamo chiamarlo. E' più un evento numerico che altro, se non fosse per la simbologia attribuitagli: nella pratica è un giorno più meno come tutti gli altri, con inizi e fini, scadenze e commemorazioni.
Che ci riserverà l'anno che verrà?
Il gioco delle previsioni è talmente sciocco, se non ci fosse qualche arguto astrologo che ogni tanto ci ricorda come "gli oroscopi sono solo un gioco". La frase di per sé è indisponente, quando si pensa al giro d'affari milionario di chi la enuncia. Sicuramente per costoro è remunerativo, partecipare a quel gioco.
Vediamo se sono capace quanto loro.
Scienza
Nell'anno che verrà il clima e l'ambiente saranno al centro delle preoccupazioni, perché chi ha a cuore la salute del pianeta interverrà in modo deciso, con soluzioni innovative. Tradotto: chi inquina tanto (come ogni altro anno passato) dovrà faticare a nasconderlo (come già accade), ma saprà inventarsi una legge o una scusa, per posticipare ogni intervento che richieda denaro. Qualcosa di già accaduto: ma sotto le fauste influenze dei pianeti, in posizioni diverse rispetto all'anno precedente.
La tecnologia farà immensi passi avanti, migliorando le abitudini e gli stili di vita. Verrà scoperta una nuova cura contro una malattia gravissima, grazie a dei ricercatori italiani che lavorano all'estero (dove vengono pagati), ma la sua applicazione dovrà attendere ancora tempo, perché sorgeranno molte difficoltà (come al solito). La comunità religiosa si opporrà fermamente a qualsiasi cambiamento che non venga direttamente da un'entità ultraterrena ben definita (oppure no): nessuna molecola sarà mai dichiarata sacra, a meno che la sua formula di struttura non sia già scritta chiaramente nei testi millenari.
Dopo le annate celebrative di Second Life, YouTube e Facebook, si scoprirà che qualche altra comunità rivoluzionaria si annida nel mondo digitale, sarà nuovamente sfaccettata, brillante e oscura, promuoverà la comunicazione e costringerà in solitudine, denuncerà i fatti del mondo e ribollirà di qualunquismo. Il nulla diventerà il tutto (gli oracoli necessitano di un pizzico di ambiguità).
Società
La crisi economica volgerà al termine, seppur lentamente gli equilibri si ristabiliranno, il Natale del prossimo anno sarà più ricco e carico di doni. Tutto questo per chi ha un patrimonio e un portafoglio azioni considerevole, mentre gli altri continueranno a vedersi licenziati, disoccupati, affossati nei debiti e schiavi di banche e finanziarie. Del resto che vi aspettavate, qualcuno doveva pagare i danni all'economia, e ovviamente non si tratta di chi sa ordire truffe e complotti, speculazioni e soprusi.
In compenso i programmi televisivi accontenteranno ricchi e poveri, con buona pace dei soliti snob della cultura, che si sa, han sempre da lamentarsi e lagnarsi, della lingua italiana scritta e parlata male, delle scenette volgari e così via.
La politica avrà alti e bassi. Si scoprirà un nuovo scandalo paralizzante i titoli dei quotidiani, maggioranza e opposizione si indigneranno per motivi diversi, affileranno i coltelli, per affettare infine una porchetta al tavolo della riconciliazione. Perché servirà tanta serenità e un confronto pacato e dai toni smorzati, come si addice ad ogni paese immobile, impermeabile a qualsiasi evento significativo.
Chi è stato condannato e minacciato si rivarrà, schiere di personaggi dalle mani lorde troveranno nuovi impieghi non solo in seconda fila, ma anche nella prima (esattamente come succede già).
Amore
Impossibile non prevedere cosa succederà nei rapporti amorosi. La ricerca di una prestigiosa università svelerà che esiste una differenza fisiologica fra appartenenti a sessi diversi, ma non solo: dimostrerà che anche le persone dello stesso sesso possono avere diversi orientamenti sessuali e preferenze televisive.
Tutti quelli più dotati di sensibilità affettiva, capacità cognitive, prestazioni atletiche e bell'aspetto dimostreranno in uno show di non esistere. In compenso i meno dotati non saranno ospitati in alcuno studio televisivo: in realtà saranno gli stessi già visti prima, guardati da un'angolazione differente.
Fortuna  
I fortunati di questo nuovo anno saranno tutti coloro che vivono sotto l'influenza di una stella molto lontana, paragonabile al Sole del nostro sistema planetario, ma che illumina con altrettanta solerzia un pianetucolo lontano miliardi di anni luce da noi. Ecco, gli abitanti di quel pianeta saranno i fortunati, data la vastità di spazio che li separa da noi.

martedì, dicembre 01, 2009

Macchine ingenue

Il mondo dell'informazione, in ogni suo mezzo, è sicuramente la prima fonte di molte riflessioni in cui m'imbatto.
In un'intervista letta oggi, il signor Frank Schirrmacher, di professione giornalista, sottolineava quanto sia grande la sua preoccupazione per i computer e come processano i nostri dati personali. Le ingenuità in cui cadeva questo giornalista - descritto come personaggio eminente - erano talmente grosse da farmi persino dubitare della sua buona fede.
L'assunto principale era piuttosto retorico: le macchine ci spersonalizzano, tutto quello che passa al loro vaglio viene trattato in modo freddo, togliendo ogni emozionalità. Si passa poi dalla raccolta indiscriminata d'informazioni, che ci riduce a insiemi di numeri, da trattare per soli fini commerciali. La soluzione dello Schirrmacher è quindi di allontanarsi da quest'inferno, dalla trasformazione degli uomini in oggetti, in macchine stesse.
Tutto molto poetico, toccante. Candidamente sciocco.
Quello su cui questo signore passa sopra, non sappiamo se in modo intenzionale, è lo scopo primario. Nel suo racconto iperbolico, pare infine che queste macchine malvagie si nutrano dei propri numeri, moltiplicandosi per una sorta di calcologenesi. Più dati ricevono, più crescono, più ci annichiliscono.
Nemmeno un accenno, dallo Schirrmacher, a chi manipola quei dati finali: nessuna macchina, ma solo umani come lui, o l'editore del suo giornale. Umani che si nutrono in modo bulimico di denaro e potere, e che incidentalmente hanno trovato delle macchine per alimentarsi di più e più voracemente. Immagino che per questo signore, l'uscita dal medioevo, il diffondersi di cucchiaio e forchetta, abbiano avuto lo stesso trauma. E ora chi glielo spiega che sono tutte macchine d'invenzione e uso umano?

martedì, novembre 17, 2009

Influenza Avida

Vi ricordate dell'influenza aviaria? Non serve un esperto nel campo medico, per ricordare i furori giornalistici con cui fu pronosticata, pochi anni fa, una diffusione disastrosa. Uno scenario apocalittico, con orde di pericolosi contagiati.
Più o meno la storia recente dei virus derivati dalla peste suina, ma in questo caso pure più amplificata. Se nella passata mancata pandemia si era subito corsi verso il grande sforzo bellico contro i temibili virus, in questa è stato fatto ben di più. Soprattutto in un paese dove gli organi informativi sulle patologie dipendono in così stretta parte dalle compagnie farmaceutiche.
La massa molle dell'opinione pubblica è stata plasmata con cura per mesi, infondendo la giusta quantità di panico, cercando di non eccedere, ma mantenendo un'allerta vigile. Al momento dei primi decessi poi è stata orchestrata una campagna mediatica esemplare.
Per chi combatte il terrorismo, e i suoi mandanti, non sarebbe difficile trovare né gli uni né gli altri. Ma non è quella la parola, quando pur speculando su morti e terrore, si finalizzano grandi affari e si muovono grandi capitali.
Così, la nuova influenza sta purtroppo creando decessi come altre patologie simili, anche se in questo caso il fattore di mortalità sembra essere di un centesimo. Mentre probabilmente il ritorno economico è di centinaia di volte, e questo in tempi di crisi economica è una strategia finanziaria di successo, non un'azione terroristica.
E' quasi più interessante rifletterci sopra adesso, che l'ascesa iperbolica si è rivelata una curva discendente. Adesso si potrebbero cominciare a buttare nella spazzatura televisioni e giornali, ricacciare nella melma da cui provengono certi articolisti prezzolati. Ma il desiderio d'informazione, di linea guida, prevale sul discernimento. Lo spettatore o il lettore medio necessita del cane che lo tenga nei ranghi, sulla strada fino al pascolo. Non disubbidirà né a quello né al bastone del pastore.
E poi, presto ci sarà una nuova grave epidemia. Appena saranno stati spartiti gli introiti e i dividendi di quella attuale.

giovedì, agosto 27, 2009

Fortunata inesistenza

La maggior parte della comunicazione e informazione, dai media più datati e ancora in voga (televisione, stampa) fino a quelli più moderni (espressi tramite internet), mi pare divisa in due evidenti categorie.
La prima categoria è quella più conservatrice, dove un'autorità superiore concede gli spazi e decide dei contenuti. E' un meccanismo rigido, che permette però di conservare il potere di comunicazione, a chi già lo detiene. Vale come esempio il recente caso di un film, a cui è stata negata la pubblicità sulle principali reti televisive italiane (pubbliche e private), perché il tema trattato è l'impoverimento culturale a causa della televisione stessa.

La seconda categoria dei canali di comunicazione e informazione è quella che identifichiamo oggi in internet, più specificamente in alcune applicazioni del web, quali certi forum e gruppi di discussione pubblici.
Qui diventa più difficile un controllo capillare, anche per chi dispone di un certo potere, economico o politico. La grande libertà di espressione disponibile rende infatti le censure più difficili, ma al tempo stesso permette un fenomeno già presente molto prima dell'era informatica: quello della destabilizzazione, della confusione. In qualsiasi discussione è sufficiente infatti qualche intervento mirato, ma non troppo diretto, per portarla alla deriva e svuotarne i contenuti. E' fin troppo faticoso (se non talvolta impossibile) contrastare dei fatti, ma è relativamente facile minare la serietà di chi li espone, addurre incertezze anche solo vagamente correlate all'esposizione iniziale, abbassare il livello di discussione fino allo scambio di epiteti.
Pochi riescono a rimanere al di sopra di questo metodo provocatorio, così in un ambito di discussione abbastanza vasto (come su internet) si giunge rapidamente alla confusione.

Quindi, la comunicazione ha due alternative principali: il plagio e la distorsione.
Se si riesce perciò a detenere il potere di decidere l'informazione, e senza fatica quello di trasformare in rumore indistinto le parole di chi si oppone, si è raggiunto un regime di monopolio, visto che si controlla l'unica informazione chiara, diramata da mezzi che non la presentano contraddittoria.
Il progresso di questo fenomeno è assai esemplare in questo Paese, dove il cambiamento è stato apportato a piccole dosi, affinché fosse recepito come normalità.
Un cambiamento improvviso avrebbe infatti indispettito molte persone, come con certi colpi di stato o repressioni popolari. E' evidente come il livello di stabilità di questo metodo soft sia piuttosto elevato, rispetto all'insorgere di altre dittature ed ai sovvertimenti delle rivoluzioni. Viene da credere che sia un notevole passo avanti rispetto alla Germania degli anni '30, in cui si era riusciti a far eleggere democraticamente un dittatore: in questo caso si è riusciti infatti a far appoggiare democraticamente, a posteriori, la necessità di uno governo autarchico. E' un successo che molti governanti invidiano o avrebbero invidiato, dalla Cuba di oggi, al Cile o l'Argentina del passato, per non parlare delle grandi nazioni asiatiche.

Fortunatamente questo weblog non viene letto, non esiste. Altrimenti anche qui si accalcherebbero i sostenitori e i detrattori, fino a sollevare sufficiente polvere da nasconderlo.

venerdì, maggio 08, 2009

Politica giovane

Ascoltavo soltanto, come faccio sempre più spesso con gli apparecchi radiotelevisivi. Ho notato infatti che non sempre le immagini sono pertinenti alle parole, nei dibattiti le inquadrature saltano secondo i piaceri del regista, nei telegiornali alle notizie si allegano "immagini di repertorio", nei film e telefilm con poca azione si può comunque capirne la storia, se i dialoghi sono ben fatti.
Ecco, non seguivo le immagini di un dibattito, ma ho sentito un paio di interventi fatti da due giovani, con affermazioni che mi hanno infastidito, tanto che sono andato davanti al televisore acceso ed ho chiesto a mia moglie "Ma i giovani, sono tutti così ingenui?". Ha annuito.

Le notizie che imperversano sui telegiornali, nei quotidiani, e nelle trasmissioni televisive di approfondimento mi interessano fino ad un certo punto.
In qualche caso è legato al periodo ed alle notizie, come ai soggetti o ai commentatori delle stesse, ma la prima ragione per avere interessi limitati è l'intenzione che sta dietro alle notizie. Quelle da "prima pagina" sono solitamente fonte di prestigio (leggi introiti) per la testata, per non parlare della capacità di plagio e manipolazione verso gli utenti (lettori, spettatori). Il mio interesse è principalmente verso gli effetti di questa seconda funzione (in ordine di citazione, non necessariamente d'importanza), ovvero per lo studio comportamentale della gente.

Avrete letto e sentito parlare di tante cose ultimamente, uno degli argomenti presi come spunto dai due giovani del dibattito era l'aspetto fisico e la sua relazione con le capacità lavorative, nello specifico, il lavoro in politica.
L'altro argomento riguardava le capacità di un politico e la valutazione di queste.

Appena ho sentito citare che l'aspetto fisico non conta, di fronte alle capacità di lavoro, ho subito provato un fastidio: non perché io sia in disaccordo, ma perché se è necessario un intervento che lo dica, la situazione è grave. E ancora non ho detto il perché. Vediamo se scrivendo per esempi arrivo a qualcosa di chiaro.
Qual è la peggiore manipolazione sull'argomento? Negare che essere brutti o belli non implica essere più o meno bravi nel proprio lavoro?
Asserito che essere brutti non nega bravura (e tutti ci sentiamo felici, davanti a questa frase politicamente corretta), si può rimarcare che essere belli non implica essere incapaci (questo secondo punto è stato meno asserito finora). La salvezza dei "brutti" è stata quindi che non potevano essere sempre incapaci; allo stesso modo la salvezza dei "belli" è legata allo stesso fattore, neppure di loro si può dire "belli, ma stupidi", nel mondo del politicamente corretto.
La dicotomia belli/brutti ha quindi creato un pericoloso precedente, nel mondo della politica idealizzata: nessuno può essere detto incapace.
Gli incapaci saranno sempre sostenuti e salvati, perché o sono brutti (e allora anziché valutarne le capacità ci si preoccuperà non discriminarli per la bruttezza) oppure sono belli, e salterà fuori un "comitato di belli", indignati perché loro non si sentono stupidi o incapaci.
L'incapacità avrà quindi, sempre, dei forti sostenitori. Le categorie belli/brutti sono fra le più semplici, direi basilari nella psicologia umana, ma è replicabile (con risultati più o meno brillanti) in tutte le categorie umane. Un esempio? C'è un caso ancora più eclatante dei "belli/brutti", quello del maschile/femminile: la quantità di sciocchi articoli che cercano di definire se siano più intelligenti gli uomini o le donne dovrebbe essere esauriente.
Che dire alla giovane dell'intervento nel dibattito? "Mia cara, lei è caduta in un bel tranello!"
Mentre raccoglie prove delle sue capacità in quanto "bella", vincono tranquillamente gl'incapaci, belli e brutti.

Il secondo intervento, sulla valutazione della produttività dei politici, è poi pura utopia.
Dice l'intervenuto: se io vengo valutato nei profitti, come imprenditore, perché non valutare anche i politici, creando una commissione super partes?
Evidentemente, data l'attività d'imprenditore, non ha mai seguito la politica, altrimenti non mi spiego la richiesta. Sì, perché se avesse mai sentito parlare di quelle commissioni che già dovrebbero vigilare sull'operato di certi organi del governo, super partes, dovrebbe anche averne già visti i risultati. Ovvero la mancanza di risultati. Creiamo una nuova commissione? Ne saranno felici quei politici che se ne spartiranno gli stipendi, senza dover svolgere alcun lavoro: a che scopo dovrebbero punire i compagni di partito, gli amici che li hanno eletti?
Perché è ampiamente dimostrato, che la rappresentanza popolare è solo folclore: chiedete a chiunque se conosce uno o più politici che abbiano fatto prima i propri interessi, prima di quelli statali. Ma perché viene tollerato?
Il giovane intervenuto è partito dal risultato attuale (una politica che non funziona per i cittadini), senza riflettere sulle cause, dove i primi a non chiedere i cambiamenti sono i cittadini: perché un oligarca eletto e rieletto dal popolo, qualunque cosa egli faccia, deve cambiare se stesso contro i propri interessi?
"Mio caro giovane, lei è caduto in un bel tranello!" Mentre ci ripropone in salsa moderna che "tutti i politici sono dei farabutti", non si preoccupa che la maggioranza degli italiani li tollera. Questo è il fenomeno ancor più grave.

martedì, maggio 05, 2009

Materiali ecologici

Leggevo ieri su un quotidiano, svogliatamente, un articolo sull'ambigua normativa riguardo alle buste in plastica per gli acquisti, le classiche buste da supermercato.
Pare infatti che la loro messa al bando, preannunciata per il 2010, non avverrà per una serie di cavilli, di giri tortuosi nella legislazione, praticamente come accade per quasi tutto, in questo Paese.
Non mi attirava infatti la spiegazione giuridica, e devo dire che quasi non mi toccava il dito puntato del cronista, che cercava di alzare i toni e rendere importante il suo intervento, ma che probabilmente era solo un riempitivo di colonne.
Di tutto l'argomento mi girava in testa una sola domanda, che mi pongo da tempo, sulla questione "buste di plastica". Ogni volta che giro questa domanda a qualche interlocutore non ne ricevo risposte interessanti, spesso chi mi ascolta si stringe nelle spalle, senza risposta.

La motivazione per farle sparire sembra essere ecologica: se si mettono in circolazione, finisce che qualcuno le lascia nell'ambiente, dove non si biodegradano, finiscono per soffocare qualche animale, e così via.
Il primo punto che trovo interessante è questo: non possiamo produrre niente, a livello di produzione umana, che non sia già pronto ad essere abbandonato ovunque. Perché sappiamo che avverrà, in modo endemico, qualsiasi cosa finisca in mano agli umani è passibile di repentino abbandono in ogni sorta di ambiente.
Perdiamo tempo a cercare d'insegnare agli scimpanzé a contare, ai topi a correre nei labirinti, ma non sappiamo insegnare agli umani a non gettare le cartacce per strada.

L'umano che riesce a sfruttare il ragionamento per una buona percentuale di ore nella giornata, dovrebbe ricordare con me un altro fatto (all'origine della domanda scomoda).
Come buttate i rifiuti quotidiani?
Potrebbe richiedervi uno sforzo ulteriore, ma dovreste avere presente che quotidianamente produciamo degli scarti di ogni genere, alimentari, imballaggi, materiali esausti.
Ora, il passaggio dalla casa al cassonetto dei rifiuti, solitamente necessita di un contenitore, ma non solo. E' giustamente richiesto che i rifiuti non siano gettati senza un mezzo di contenimento, solitamente un sacchetto plastico.
Perché non usare la stessa busta usata per l'acquisto?
Perché devo acquistare dei sacchetti per pattumiera, dello stesso materiale delle buste da spesa, mentre le buste da spesa vengono rese illegali?

Vorrei tanto che qualcuno sapesse rispondermi con qualcosa di più di un'alzata di spalle, e magari con qualcosa di meglio della storia degli umani sporcaccioni. Perché se questo è il problema, non serve toglier loro di mano la busta di plastica, mentre continuano a gettare per strada qualsiasi cosa, serve piuttosto un'educazione. E quella non si fornisce per legge, magari attraverso una legge, ma soprattutto attraverso i giusti canali di comunicazione.

lunedì, aprile 27, 2009

Informazione. O quello che più vi si avvicina

Cos'è l'informazione, al tempo odierno?
Mi pongo sempre più spesso la questione, leggendo articoli di qualsiasi tenore, o ascoltando quello che esce dai media audiovisuali.
Parto da un punto di vista critico, per un'attitudine imparata progressivamente, sicuramente per la necessità di leggere e comprendere internet. Guardandosi intorno però, è inevitabile mantenere il senso critico sempre alto, anche nutrendosi da altre fonti informative.

La facilità con cui tutti possono comunicare tutto sulla internet, fa capire velocemente: i contenuti non sono sempre controllati, verificati, depurati da opinioni troppo personali, e sarebbe anche sufficiente che chiunque ne esprima mettesse un preambolo a chiarirlo. Credo di farlo sempre, quando scrivo qui: raccolgo fatti, di prima o di seconda mano che siano, nel commento ci metto sempre qualcosa di mio (altrimenti a che servirebbe il commento?).
Si trovano al contrario troppe "guide", "manuali", che spesso non si rivelano obbiettivi.

Lasciato da parte internet, tornando nella comunicazione ufficiale, quella dei professionisti dell'informazione, è tutto roseo? Certamente no, di sicuro non lo è mai stato. Eppure non riesco a capire se si tratti di aver acuito una mia sensibilità, o se semplicemente sono aumentate le opinioni, le fantasie, finanche le falsità, raccontate come fatti.
Ogni volta che leggo un articolo, ascolto un commento giornalistico, relativo a qualcosa di cui posso dire di capirne qualcosa, finisco sempre per trovare la stonatura.
Una delle cose che trovo più irritanti è sentirmi canzonato da qualcuno che si dichiara esperto, o conoscitore dei fatti.

Un articolo di giornale parla di case ecologiche, costruite in legno. Tutto molto interessante, convengo con buona parte di quel che leggo, sui fattori ecologici e ambientali. Poi trovo la frase
[il legno] scherma le radiazioni elettromagnetiche

Non c'è falsità nella frase, in effetti, ma solo incompletezza. Un'incompletezza assai colpevole, se si valuta una certa intenzionalità: quando leggete di radiazioni elettromagnetiche, a cosa pensate?
Il primo pensiero di molti andrà verso le famigerate onde radio dei telefoni cellulari. Ecco questo è il tipo di radiazione elettromagnetica che sicuramente non viene schermato dal legno in modo apprezzabile. Ne sanno qualcosa i vecchi radioamatori di un tempo, che costruivano dei telai in legno per le antenne radio, visto che questo non influiva sui segnali elettromagnetici.
Però il legno è un bel materiale, ecologico, naturale, fa venire il desiderio di attribuirgli ogni buon influsso.
Se qualcuno poi ha già in casa degli infissi in legno, le persiane, i frangisole, degli scuri da casa di montagna, ha invece già sperimentato che il legno scherma bene da altre radiazioni elettromagnetiche. Quelle che di solito cataloghiamo come luce visibile.

La rincorsa ecologica degli ultimi tempi, ha un po' di colpe nell'amplificare questi messaggi confusi.
Una ventina d'anni fa era un fenomeno più di nicchia, quello dell'ecologia come pseudo scienza. Erano sì più forti i cosiddetti movimenti verdi, che ora sono spariti, inglobati, ma l'asserzione di alcune inesattezze come quella sopra era più legata a certi circoli di fanatici. Mentre oggi, l'informazione è stata depurata dal significato politico, permettendo a più persone di condividerla come fatto.
Se è stato detto in televisione è vero. Se è scritto su un giornale (di nostra fiducia) è vero.

L'informazione è sempre più manipolata. Ho scritto un luogo comune? In realtà ci sono dei fatti di fondo che vanno ben oltre la preoccupante escalation di questo fenomeno.
Da un lato (per quanto abominevole) è comprensibile che l'informazione tenda ad essere manipolata da parte di chi la usa come strumento di potere, di plagio. Non è un fenomeno nuovo, a ben vedere. Politica e commercio (anche in tandem) hanno sempre abusato di questa possibilità, in modo più o meno evidente.
Dall'altro lato, quello di chi dice di opporsi al predominio delle informazioni fasulle, è preoccupante che si usi lo stesso metodo. Un pubblicitario che distorce le informazioni per un ritorno economico lo posso comprendere, e condannare. Ma perché si distorcono allo stesso modo anche altre informazioni, di valore sociale e culturale?
Forse per essere al centro dell'informazione, per acquisire la posizione egemonica di chi vi dice la verità vera, in un mondo in cui tutti (gli altri) mentono.

Faccio ogni giorno una maggior difficoltà a leggere quotidiani e notiziari. Non perché voglia trovarci comunque l'inganno, ma perché mi rendo conto di quanto sia facile manipolare.
Provate a leggere uno di quegli articoli con abbondanza di frasi virgolettate: se la stessa frase viene riportata due volte, è scritta in due modi diversi.
Non mi conforta pensare che sicuramente il modo di fare informazione oggi sarà la scuola dell'informazione del futuro. Vedo lontani i tempi per un'informazione indipendente, fatta di sola cronaca, dove sta a noi trarre opinioni e conclusioni.

martedì, aprile 14, 2009

Lingua e società

Il titolo di questa annotazione potrebbe essere lo stesso di un serissimo libro. Se ci mettiamo a sviscerare l'uso della lingua italiana, l'impatto sociale e tutte le strade che li collegano (in ogni direzione), il risultato può essere molto lungo e complesso.

Leggo su una rivista settimanale, pure di un livello culturale sopra la (bassa) media dei settimanali, un articolo sulle vicende della grammatica e ortografia italiana, nei tempi odierni.
Niente che mi sorprenda, mi è sufficiente peraltro camminare per strada o sfogliare un quotidiano, per avere una misura del decadimento linguistico.
Se la lingua latina classica veniva evitata dal volgo, tanto da creare qualcosa di più semplice, viene ora da porsi qualche domanda.
Anzitutto mi chiedo se l'idioma volgare, dal Rinascimento ad oggi, è diventato così tanto complesso, oppure se la nostra condizione culturale è scesa ad un livello inferiore di quella del contadino medievale: tanto che neppure il latino semplificato ci basta, così da aver bisogno di un volgare semplificato.
Certo, mi obietterete che non cito i dialetti, probabilmente più semplici ancora della lingua volgare rinascimentale. E la mia omissione è infatti puramente strumentale, perché la mia percezione è indirizzata verso una direzione: i servi della tecnologia, versione aggiornata dei servi della gleba, hanno bisogno di un nuovo linguaggio, basso nei contenuti, semplificato nella forma, che accetti le storpiature come parte integrante.

I punti di collegamento fra il medioevo agricolo e questo medioevo tecnologico ci sono tutti.
Anzitutto il bisogno angosciato di essere parte di un grande disegno. Nella visione odierna sembra che si voglia privilegiare l'individualismo, ma nei fatti l'individuo viene premiato se sceglie di essere diverso, inquadrandosi in un altro gruppo sociale, rispetto a quello d'origine. Così si sente realizzato se fa la vacanza nell'isola tropicale, se acquista un'automobile importante, se compra casa nel quartiere giusto, se veste con gli abiti di moda. Non ha poi percezione del fatto che entra in un gruppo uniforme, perché l'appagamento viene dal distaccarsi dal gruppo originario, sentito come povero, umiliante, comune.
Che il padrone del proprio gruppo sia un latifondista medievale, o una compagnia di telefonia mobile odierna, un marchio di personal computer, il risultato è poco dissimile: valgo in quanto appartengo, penso perché mi hanno spiegato esattamente cosa pensare.

Già ai tempi in cui frequentavo la scuola media superiore c'era chi si preoccupava dell'uso delle calcolatrici: gli allievi stavano imparando ad usarle sempre e comunque, senza alcun senso critico. Se lo strumento aveva le batterie scariche, e digitando 3 per 2 appariva zero, c'era chi pedissequamente ne copiava il risultato. In fondo era la cifra apparsa su uno strumento elettronico avanzato.
La sindrome del calcolatore non ha avuto freni, la sua diffusione endemica porta oggi a scrivere SMS nelle occasioni più bizzarre, a consultare internet per sapere se le previsioni meteorologiche dànno bel tempo, anziché guardare fuori dalla finestra.

Quanto sono arrivato lontano, partendo da un argomento semplice semplice.
In origine era tutto riassunto in una letterina:
Ho letto con interesse l'articolo sulla deriva della grammatica italiana nell'uso comune, sono rimasto però perplesso su alcuni contenuti.
In due virgolettati (che immagino quindi conformi agli originali), leggo gli interventi di due esperti di linguistica.
Fra le varie argomentazioni, il primo afferma: "Nella Prima Repubblica c'era un modello democristiano e uno comunista".
Mi auguro si tratti di un refuso, sulla coniugazione del verbo. Poi proseguo nell'articolo e leggo in una frase del secondo intervistato: "Anche le ''convergenze parallele'' di Moro era un'espressione ambigua e surreale", e qui comincio ad essere sospettoso, verso il nuovo possibile refuso, tanto da pensare più a una frase complessivamente scritta (o detta) male.

La mia tolleranza verso l'italiano scorretto, quando è espresso da chi si occupa di comunicazione pubblica, è decisamente bassa. Se poi sono io ad accorgermene (che non sono un esperto) prima ancora che l'Accademia della Crusca, lo trovo decisamente grave.
Nella lettura dei quotidiani mi sembra poi che la situazione sia peggiorata con una progressione inquietante. Errori fino nei titoli principali, che anche il più vetusto correttore ortografico avrebbe risolto. La fretta di vendere informazione, oppure la riduzione delle risorse economiche assegnate, sembrano aver decretato a loro volta la decadenza della lingua.

Forse l'articolo andava interpretato diversamente? Dovevo desumerne che la decadenza del linguaggio ha ormai attaccato anche coloro che dovrebbero salvarlo?
Comprendo l'indulgenza dei tecnici del linguaggio, che nel tempo concedono sempre più aperture verso nuove espressioni e nuovi termini: in fondo la lingua è viva, si plasma, cambia secondo necessità.
Trovo però indisponente che i cambiamenti siano dettati da un progressivo abbassamento culturale, anziché da una crescita.

sabato, aprile 11, 2009

Salute alternante

Questa raccolta di appunti pubblici fa spesso dei salti indietro, aggiornando vecchie opinioni o completandole.
Resta ferma la mia opinione passata, sull'attenzione da porsi verso certe alternative alla medicina (detto più propriamente che nell'ossimorico medicina alternativa).
Cosa ne è invece della medicina convenzionale, nella sua applicazione?

Il caso vuole che sia stato ospite, per un certo tempo (a mio parere lungo) della struttura ospedaliera citata nel vecchio articolo. Potrei elencare tanti aspetti positivi della mia permanenza, quale ad esempio l'occasione (seppure un po' forzata) di prendermi una vacanza. Oppure l'incontro professionale ed umano con qualche serio e motivato professionista. Eppure, quello che ci condiziona di più, in condizioni di disagio, sono senz'altro le situazioni sgradevoli che non fanno che accrescerlo.
Se hai un minimo di comprensione della medicina, e del corpo umano, cominci a porti domande.
E se hai molto tempo, diventano molte domande.

Ti chiedi ad esempio perché ti venga fatto un prelievo di controllo della glicemia, mentre stai digerendo la cena: ovvio che darà un valore falsato.
"Lei soffre di diabete?"
"No, è evidente che il prelievo fosse nel momento sbagliato!"
"Eh, sì, forse sì... intanto facciamo gli stick di controllo della glicemia..."
Pensi che dopo i (molti) buchi sulle dita, tutti con risultati in perfetta salute, la pantomima abbia termine. Sbagliato: dopo quattro o cinque giorni torna il test.
"Ancora?"
"A me scrivono di farlo, io devo farlo!"
"E va bene, facciamolo; quant'è il risultato?"
"Vediamo... [tempo di risposta del glucometro] è 101"
"E il range di normalità?"
"Da 80 a 120..."
Mi riservo il commento successivo per qualcuno più alto in grado. E non è un commento di buonumore.

Il cardiologo esegue l'ecocardiografia, e commenta.
"Ecco, è tutto in ordine, non ci sarebbe niente che non va, ma visto che lei ha ancora la febbre, ci deve essere qualcosa che non va"
"In che senso?" -- l'ipotesi mi pare così bizzarra che non credo alle mie orecchie
"Ecco, vede qui, la valvola aortica? Questa massa che si muove sopra, in condizioni normali potrebbe essere una normale formazione, ma in questo caso può essere una grave infezione batterica"
Sono talmente sorpreso dal tono stolido con cui mi viene detto, che sinceramente non riesco a preoccuparmi, ma guardo il mio interlocutore con lo sguardo bonario che si adotta con i ritardati mentali.
Dietro minaccia di morte imminente eseguo altri esami invasivi, e una profilassi che mi crea allergie, oltre al rischio secondario di prendermi una labirintite, senza contare che potrebbe anche farmi saltare i reni. Però salvandomi il cuore. Così dicono, per qualche giorno.
Il nuovo cardiologo ripete l'ecocardiografia dopo una settimana.
"Lei cos'ha fatto?" -- riferendosi alla mia patologia
"Ho aspettato" -- riferendomi alla lunga attesa
Sorride, legge la cartella, cerca riscontro nel nuovo esame. Dopo un po' si alza, si scusa ed esce, quasi spazientito. Torna dopo poco.
"Mi scusi, vorrei rifare l'esame con la nostra macchina migliore, perché qui io non riesco proprio a vedere niente che non va"
Ha tutta la mia comprensione. Mi trasferiscono davanti ad uno strumento estremamente accurato, mi esaminano in due, girandomi come una salsiccia sulla griglia. Da qualsiasi lato guardino non riescono a trovare qualcosa che non vada. Si chiedono perfino chi possa aver diagnosticato così male.
Torno al mio reparto, dove la cura cambia. Ma non si capisce bene con che criterio, visto che non hanno ancora idea di cosa ci sia da curare.

Una notte mi sveglio con la gola che brucia: è per il fumo di sigaretta, qualcuno sta fumando all'una e mezza di notte. Fortunatamente sono fra i pazienti deambulanti, il mio vicino è sotto ossigeno, non potrebbe lamentarsi. Mi alzo e vado dritto verso la fine del corridoio: il personale ospedaliero del turno di notte ha pensato bene di farsi qualche sigaretta lasciando la porta esterna aperta, che per effetto camino sta tirando dentro il loro fumo.
Un mio breve e seccato commento interrompe le loro attività, senza alcuna risposta.
Torno a letto sperando che il fumo venga presto eliminato dagli aspiratori, e mi viene naturale pensare che la situazione è grave, se non c'è una preoccupazione primaria per la salute dei degenti. Un'azione repressiva colpirebbe pochi, mentre i molti fumatori (ho stimato che il 70-80% del personale non medico sia fumatore) continuerebbero a non riflettere sui loro gesti.

Grazie alla cura non richiesta per il cuore, mi ritrovo nel giro di qualche giorno con due piedi gonfi come borse dell'acqua calda.
Il primario riconosce il problema e soggiunge
"Posso darle un antistaminico, ma non un cortisonico: falserebbe le analisi che stiamo conducendo"
Non faccio fatica a comprenderlo e ne convengo.
Il giorno dopo l'antistaminico ancora non è arrivato, e i miei piedi sono lì a testimoniarlo, per il nuovo medico che mi visita.
Il terzo giorno arriva una compressa di antistaminico. Ma prima ancora che possa chiedere, qualcuno mi inietta in flebo qualcos'altro.
"Che cos'era questo?"
"Un cortisonico"
Rimango perplesso. Per tutta la giornata il mio stato fisico è molto diverso, così alla sera chiedo di nuovo chiarimenti: mi confermano che si trattasse di un cortisonico, come prescritto.
Al mattino dopo i medici trasaliscono: non c'è alcun cortisonico indicato nella mia cartella clinica, forse il medico del giorno prima ha dimenticato di firmare la prescrizione. Cose che capitano, come quando lasci i panni stesi e prendono la pioggia. Forse non sanno che so rimediare meglio al dispiacere di rovinare un maglione, rispetto all'avere rovinati i polmoni?

In conclusione, ho saltato molti altri aneddoti per non dilungarmi, ma la percezione globale è stata quella di essere ospite in una grande fiera del dilettante.
Alcuni anche motivati, altri decisamente superficiali, ma nel complesso dei dilettanti della medicina applicata.
Si salvano sicuramente alcune figure guida, come gemme in mezzo al minerale grezzo. Finché stanno lì in mezzo però il loro valore è piuttosto limitato.

Diventa comprensibile perché la statua votiva all'ingresso riceva tanti consensi floreali: dove la scienza viene applicata a singhiozzo, ci si augura una maggior costanza dalle figure mistiche immaginarie -- che non apparendo mai, fisicamente, non fornendo alcun aiuto verificabile, sono di confortevole coerenza: vuoi mettere un santo, che non vedi, con un medico, che vedi e sbaglia cura?

venerdì, gennaio 16, 2009

Pubblicità ingannevole

Qualche giorno fa ho ascoltato con curiosità un articolo, sul telegiornale di RAI2, che parlava di un'iniziativa promozionale dell'ateismo. L'idea pare fosse partita da una scrittrice, di cui non ricordo nome o nazionalità, che aveva proposto l'affitto degli spazi pubblicitari su alcuni autobus, per veicolare messaggi specifici.

La curiosità era più per la rete televisiva e il programma relativo, che di solito mi appare nettamente schierato verso posizioni non certo simpatizzanti per l'ateismo. Poi è sopravvenuto il chiarimento, nella forma di un'intervista al signor Vittorio Messori, presentato come scrittore, giornalista, ex-ateo e ora fervente cattolico. Mentre per le interviste di economisti o scienziati la tendenza è di andare direttamente al colloquio, in questo caso è stata prima inserita un breve introduzione al personaggio, con le riprese video che vagavano intorno alla sua persona, che cammina in mezzo a librerie stracolme. E' un'immagine sempre d'effetto, soprattutto sugli spettatori più sempliciotti. Mi ricorda un vecchio amico, di bassa cultura, che vedendo qualche mia libreria mi chiedeva "ma questi libri... li hai letti tutti?", come se ogni libro letto mi avesse automaticamente trasformato in un esperto di qualche materia.
Il Messori ha fatto qualche considerazione generale, che neppure ricordo, più qualcuna in particolare, che mi ha fatto sorridere per l'apparente stupidità, ma che ho preso in considerazione per il serio significato.
L'ipotesi di base del Messori era questa: tutti i regimi autoritari dello scorso secolo, proponenti il comunismo, hanno cercato di sopprimere lo spirito religioso, che invece si è ribellato, ed è sopravvissuto, indicando come esso sia il bene, mentre l'ateismo è il male.

Ora, chi ha visto e ascoltato le altre notizie, nello stesso telegiornale, ed è dotato di senso critico, potrebbe avere delle serie perplessità, indipendentemente dalla posizione spirituale.
Il conflitto israeliano-palestinese, dove le basi della guerra sono fra due popoli di religione diversa, è fomentato dall'ateismo?
L'appoggio dei rappresentanti di una delle religioni più diffuse al terrorismo internazionale ha origine nell'ateismo?
E se usciamo dalle notizie di quel telegiornale: era forse ateo, l'Adolf Hitler del "Gott mit uns"?
Come mai, per far digerire ogni proposta di guerra, il presidente degli Stati Uniti d'America ce la condisce con la frase "è Dio a chiedercelo"?
L'ossimorico Messori avrebbe usato un paragone decisamente fuorviante, sicuramente pericoloso: in fondo è sempre stato un buon appiglio citare Dio in ogni grande decisione impopolare. Anche nei regimi da lui citati, come quello sovietico, o quello cinese, l'abolizione di Dio in realtà è puramente strumentale, in questo caso ai fini di togliere potere politico ai rappresentanti religiosi. Così come invece altri ordinamenti (dittatoriali o meno) ne hanno fatto uso per avere alleati politici, nei rappresentanti religiosi.
La questione religiosa, in quei termini, non ha quindi rilevanza nelle scelte del singolo, quanto nella manipolazione delle masse: se il punto è sull'essere religiosi oppure no, il Messori non ha detto proprio niente.

La notizia degli "ateobus" ha comunque avuto un po' di eco ancora per giorni, visto che a Genova c'è chi si propone di introdurla in versione italiana (le due iniziative originali erano in Spagna e in Gran Bretagna).
L'idea di apporre dei messaggi che recitano
La brutta notizia è che Dio non esiste.
Quella buona è che non ne hai bisogno.

ha scatenato le solite polemiche protezioniste, nel nostro Stato falsamente laico.

In un quotidiano di oggi però, leggo un piccolo trafiletto che fortunatamente ci chiarisce le idee.
Su indicazione di un senatore di AN, l'AGCM (Agenzia Garante della Concorrenza e del Mercato), ha aperto un fascicolo per pubblicità ingannevole, relativamente alla suddetta frase (che ancora non è apparsa su alcun autobus, ma solo in delle proposte).
Se ci leggiamo il Decreto Legislativo numero 146, del 2 agosto 2007, ci appare subito chiaro cosa regolamenti la pubblicità per non essere ingannevole. Anzitutto chi sono i soggetti: consumatori, prodotti, produttori, pratiche commerciali, e così via.
Insomma, non ci sono fraintendimenti: qui si vuole contrastare un prodotto che genera ritorni economici, denominato "Dio" oppure "religione", affermando che il prodotto è fasullo e/o truffaldino. Adesso sono nuovamente curioso, di vedere come potrà essere portato in tribunale il prodotto, e anche di come verrà quantificato il danno economico al produttore.