martedì, giugno 08, 2010

Vite inesperte

Non appena si ha l'età per procreare, con maturità, si tende a valutare chi è molto più giovane con dei paternalismi. Il fenomeno si esaspera solitamente nelle espressioni che vogliono i giovani "non più come una volta".
Sotto un profilo sociologico, ma anche filosofico, l'espressione è ovviamente ridicola. Ovviamente, sia i giovani, che i vecchi, ma anche le persone di mezz'età e i bambini, non sono mai un'esatta replica del passato. Si scopre così, inevitabilmente, che gli stessi periodi della nostra età, in tempi diversi, hanno usi e costumi diversi, anche restando nella stessa città o paese. Questa scoperta genera spesso disappunto, in chi è abituato a pensarsi come al meglio per i propri ideali, la propria famiglia, o ad esempio il proprio gruppo sociale.
Cercando invece di tendere al meglio, aggiornandosi con i tempi, si vive con minori sorprese di sdegno, e un maggiore senso di comprensione degli altri.

Cosa ricordate di migliore, nei tempi andati? Qualcosa può essere comunque migliorato, in quelli odierni, oltre ad essere cambiato.
Ricordo da sempre delle persone superficiali, di ogni età, così come le vedo oggi. Rimane un po' difficoltoso giudicarle dal punto di vista di una diversa età, restando attento a non cadere nel tranello detto sopra: si rischia sempre di valutarle con comportamenti inadeguati, dal punto di vista del nostro presente.

Ciò detto, con le cautele del caso, vado quindi a sottoscrivere il grave rischio di superficialità dei più giovani, in questo ventunesimo secolo.
La prima causa è da attribuirsi alla velocità dei consumi, che a ben vedere non è molto distante dai dieci o venti anni prima, ma con delle varianti. I genitori degli anni '60 o '70 del secolo scorso erano infatti lì a beneficiare del boom economico (per quanto ci fossero alti e bassi col petrolio o altre commodities, come si dice oggi), ma pur sempre con il fiato sul collo della generazione precedente, sopravvissuta alle guerre. C'è stato quindi un progressivo rilassamento del rapporto genitori-figli, inizialmente con diretto legame all'incremento di benessere economico e sociale. Le generazioni più giovani sono quindi fra le più "spensierate", fin dal rapporto con i propri genitori. Tutto bene? Non proprio.
Il rilassamento del rapporto genitori-figli è anche entrato in una fase di lassismo, nell'ingenuo tentativo di dare ai figli una maggiore libertà di quella che avevano goduto i genitori. Sfortunatamente non sono stati forniti gli elementi per godere della propria libertà. Dopo essere cresciuti senza qualcuno che spiegasse loro quanto sia prezioso avere una libertà da spendere, sono così approdati al concetto che sia del tutto automatico averla.
Si sono così creati tanti pericolosi automatismi, come quello del denaro, o quello dei sentimenti. Ogni cosa banalizzata, per essere comunemente disponibile.

Alla riflessione c'ero arrivato da tempo, ma oggi me l'ha portata alla mente la recensione di un libro, del signor Alberto Bracci Testasecca.
Mi trovo d'accordo con questo signore, sulla banalizzazione delle emozioni, per cui sono a rischio i più giovani, seguaci di un'ideologia a loro stessi sconosciuta come tale, ma in cui fedelmente si riconoscono. Lo sfrontato ottimismo del felice finale, per cui esistono fragili simboli da possedere li rende pericolosi per se stessi, così come per il futuro del pianeta. Quando penso a qualche figlio gravemente disabile, che nel proseguo naturale della vita prima o poi dovrà vivere senza l'aiuto dei genitori, penso anche che le disabilità emotive e intellettive possono essere altrettanto catastrofiche.
Il Bracci Testasecca si augura che "nel giro di un paio di generazioni" l'umanità impari a tenere sotto controllo i nuovi mezzi di comunicazione, quali Internet, per non esserne più contagiati in modo virale. Ma ho il timore che sia fin troppo ottimista; infatti sono io a definire virale l'informazione che sfugge al controllo, e nello stesso modo sarà sempre avanti rispetto alla capacità dell'organismo d'imparare a tenerla sotto controllo.
E' sufficiente pensare a quanto velocemente sono avanzate tutte le tecnologie, negli ultimi cinquant'anni. Il passo è ormai molto più veloce delle nostre capacità di metabolizzazione: se anche ogni progresso si fermasse adesso, per dieci o vent'anni, sarebbe molto difficile riempire il divario che si è creato finora.
Molte cose rimarranno sempre fuori controllo, ma le soluzioni saranno di riportare al controllo solo quelle fondamentali (come la tutela dell'ambiente), accettare la variabilità di altre (penso alle emozioni), e superare l'angoscia per quelle che hanno anche connotati positivi nel loro caos (come con Internet).