mercoledì, novembre 14, 2007

Futuro possibile

Ho l'impressione sempre più spesso, quando torno in Italia, che siamo diventati un paese prigioniero delle paure. E la prima è quella del futuro. Declinata in varie forme. Fanno paura la società multietnica, i cambiamenti sociali, le scoperte scientifiche, sempre rappresentate come pericoli, la contemporaneità in generale. Si fa strada, perfino fra i giovani, la nostalgia di un passato molto idealizzato. Si combina una memoria corta e un speranza breve, e il risultato è l'immobilità.
Il passato sarà un buon rifugio, ma il futuro è l'unico posto dove possiamo andare.
Renzo Piano

Qual è il futuro più probabile che ci aspetta? Chissà quante volte ci poniamo la domanda, davanti agli eventi che ci attorniano, ma anche con quelli che in prima persona condizioniamo.
Il breve periodo citato sopra, da un'intervista al signor Renzo Piano, credo che sintetizzi in modo chiaro ed esemplare la sempre più comune visione del futuro. Lo si vive con timore, tanto da voler desiderare che non arrivi, chiedendosi con ansia come sarà, anche quando siamo deputati a costruirlo direttamente.
E quanti casi mi vengono alla mente, di questo comportamento.

Il caso di Piano è il progetto di una torre, nella città di Torino. I primi articoli che avevo visto, alimentati dai detrattori, avevano creato immagini tanto allucinanti, quanto false. Negli articoli successivi la cosa si ridimensionava, eppure non rendeva ancora il risultato finale, visto che nella realtà le due costruzioni comparate sarebbero a 2,4 km di distanza.
Un gioco di prospettiva, e la sollevazione del populismo è servita.
L'intervista di Piano è molto interessante, ma non la posso riportare per intero. Qualche estratto però rende bene l'idea di quel che stiamo alimentando, con l'idea dei buoni propositi
[...] costruire in verticale ha dei vantaggi. Qui per esempio, il vantaggio è di poter creare un grande parco per i torinesi. Il San Paolo [l'istituto bancario che ha commissionato l'opera] ha molto terreno, io potrei sdraiare la torre in orizzontale. E i verdi, per assurdo, sarebbero contenti di far sparire un parco.

Nelle immediate vicinanze di Firenze è in discussione, credo ormai da anni, la costruzione di un impianto d'incenerimento dei rifiuti. Nella zona, come spesso accade, ci sono decine di comitati cittadini contrari, che periodicamente organizzano manifestazioni, in alcune delle quali hanno avuto come sostenitore anche il signor Beppe Grillo.
La stessa zona è limitrofa niente meno che ad un'oasi faunistica: quale scempio, viene da pensare.
Ma se non avete mai transitato da quelle parti, forse è anche opportuno sapere che adiacente all'oasi faunistica si trova una discarica di dimensioni ciclopiche. Ha creato ormai colline geograficamente rilevanti, la cui fauna sono interi stormi di gabbiani. E' forse questa la vera oasi faunistica in pericolo?
C'è da credere che sia in pericolo assai grave, perché nel giro di pochi anni, due o tre al massimo, dovrà essere chiusa la discarica. Niente più rifiuti come cibo per i volatili, ma magari resterà l'odore della decomposizione, già oggi percepibile a parecchi chilometri di distanza, così da ricordare di vivere vicino a un'oasi faunistica.
Il presidente della Provincia ha iniziato una campagna a sostegno del futuro inceneritore, visto che il 2 dicembre prossimo sarà proposto un referendum popolare, per deciderne il futuro. Su un cartellone si estende una superficie d'acqua, da cui emergono due mani, come in gesto d'aiuto, mentre sopra si legge: "Problema: se una famiglia produce 5,7 kg di rifiuti al giorno e solo il 50% è riciclabile, tra quanto tempo saremo nella cacca?".
I numeri, purtroppo, non fanno breccia in chi solleva l'emozionalità popolare.

Lo stesso discorso è valido a meno di venti chilometri di distanza, dove un altro inceneritore genera da sempre polemiche. La goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata la chiusura di questo per un eccesso nelle emissioni nocive, dopo moltissimi anni di funzionamento regolare.
Dalle analisi di questi giorni è risultato che ci sia stata una partita difettosa di carbone attivo, impiegato nei filtri. L'azienda di gestione ha cambiato fornitore, fatto nuovi test, e si sta preparando a riaprirlo, ma in quale clima?
I comitati del "no" si presentano casa per casa, facendo più terrorismo che informazione. Alla domanda posta loro "Perché non agite prima contro i vivai di piante, che stanno infiltrando diserbanti e altri inquinanti sicuramente tossici nelle falde acquifere da anni?" la risposta è stata "Ah, ma contro quelli chi può farcela?"
Quindi, non potendo combattere gli inquinatori dichiarati (perché troppo forti economicamente) han deciso di ripiegare sugli inquinanti probabili.
Quando mia nonna, abitante della zona, è stata fermata al mercato, per una distribuzione di volantini contro l'impianto di termovalorizzazione, ha detto di essere stufa di quelle proteste e ne ha rifiutato uno. La risposta del ragazzo che li propugnava è stata "Speriamo che tua sia la prossima a morire". E' questo il tipo di benessere che ci si augura di raggiungere?

La guerra alla radiofrequenza, come le emissioni dei telefoni cellulari, è un altro campo di battaglia in cui non si vuole vedere futuro.
Nonostante tante ricerche scientifiche, condotte in modo indipendente, che hanno assolto certe emissioni dalle cause di patologie, si preferisce ancora cercare qualcuno che le smentisca. Insomma, non è possibile che non siano estremamente dannosi, perché la tecnologia deve esserlo, in qualche modo.

Ieri ho assistito casualmente a una breve intervista televisiva, con argomento le centrali nucleari, realizzata in differita con domande uguali a un sostenitore e a un detrattore.
Il nodo delle centrali nucleari a fissione è sicuramente spinoso.
Tanti anni fa, al referendum abrogativo, fui decisamente contrario alle centrali in Italia. E sono convinto di aver fatto una buona scelta, in quei tempi. Ad oggi però trovo ragionevole che se ne torni a parlare, sia per le nuove tecnologie, sia per le stringenti necessità energetiche.
Non saprei capire però se siano la scelta migliore, visti gli aspetti negativi, come lo smaltimento di scorie (che negli impianti moderni è però ridotto, rispetto ad allora).
Sugli impianti nucleari a fusione sono tutti d'accordo per farli: che sia principalmente perché non sono ancora fattibili a livello tecnico?
Quello che però so capire è quando mi si raccontano alcune bugie (non tutte, purtroppo).
Il detrattore delle centrali nucleari, nell'intervista detta sopra, era un esponente parlamentare dei Verdi. Non ricordo il nome di questo signore, ma ricordo benissimo quello che ha detto (molto più importante).
Alla domanda su cosa ne pensasse del fatto che siamo attorniati in Europa da altre centrali nucleari, di paesi stranieri che ci vendono energia elettrica, ha sentenziato che non è vero, e che secondo il presidente dell'ENEL noi vendiamo energia elettrica all'estero. Devo dire che questa frase mi ha lasciato attonito, viste le relazioni dell'Agenzia Internazionale per l'Energia, che ho avuto modo di leggere e commentare. Com'è possibile affermare ciò, quando dipendiamo per una percentuale così platealmente enorme dall'estero?
Alla seguente affermazione che poi l'energia nucleare è la più costosa in assoluto, viene nuovamente da chiedersi se abbia mai letto qualche resoconto reale di costi, come quello in breve sempre della IEA. Nonostante gli alti costi d'impianto e smaltimento, il costo totale risulta infatti paragonabile alle centrali a gas o carbone.
E se proprio vogliamo fare il conto dei costi, la generazione da energie rinnovabili è spesso svantaggiosa, addirittura il solare fotovoltaico è del tutto sconveniente: infatti il costo di generazione è già superiore al costo massimo dell'energia per gli utenti.