giovedì, febbraio 16, 2006

Simboli di morte

C'è un che di tetro nella simbologia di molte religioni, forse per il legame che hanno col mondo delle tenebre eterne, dell'aldilà.
Certo, il simbolo chiave del cristianesimo, un uomo morente su una croce, non ha niente di comparabile con la positività del buddismo, dove nella simbologia di base c'è un uomo seduto e sorridente.
Già questo dovrebbe far riflettere un bel po', il fatto che la più diffusa religione europea, di matrice medio orientale, abbia come simbolo centrale non solo la morte, ma la morte per tortura. Di per sé non c'è niente di male nella morte per vie naturali, diciamo non forzate dalla mano umana. Assurgere a simbolo quel tipo di morte, pare invece una deviazione, se si dovesse commentare con il moderno strumento della psicanalisi.
Spesso partiamo da concezioni che abbiamo appreso per tradizione culturale, punti di vista che mettiamo in discussione con maggior difficoltà. Quasi come se metterli in discussione sconfessasse la buona fede e il prestigio dei nostri antenati.

Se qualcuno vi dicesse che oggi, nell'anno 2006 del nostro calendario, qualcuno scegliesse come simbolo un mutilato di guerra, nel momento in cui viene mutilato, cosa ne pensereste?
Supponiamo che ve lo proponga come simbolo di vita: penso che avreste qualche dubbio.
Così come se per simbolo d'amore venisse scelta una donna che viene stuprata, non penso che incontrerebbe molti favori.
Va però notato che in ogni epoca, in ogni cultura, ci sono sensibilità diverse. La simbologia cristiana di un paio di migliaia d'anni fa, era probabilmente in linea con i suoi tempi.
Sfortuna vuole che le basi religiose siano solitamente inamovibili, per cui mentre un'azienda può aggiornare il suo marchio, coll'avanzare dei tempi, una religione deve mantenerli rigidi. Pena la perdita di credibilità (o credulonità, se mi si perdona il termine puramente inventato).

Quello che si dovrebbe trovare sorprendente è il rapporto fra Chiesa e Stato, in certe nazioni che diciamo occidentali.
Se da un lato si è delineata la necessità pratica di svincolare i governi dalla religione, dall'altro era quasi impossibile operare questa separazione chirurgica.
I governi che sono andati più in questa direzione, forse sono stati quelli di matrice marxista, che hanno cercato di sostituire il populismo della religione con quello della politica. Vedendo infine ogni religione come attentato al potere del popolo, quando in realtà questo potere era pura utopia. Ironicamente hanno cercato di togliere il credo religioso, sostituendolo con il niente, un cambiamento inaccettabile per la spiritualità umana.
All'opposto si sono schierati i paesi di derivazione anglosassone, come il Regno di Gran Bretagna e Irlanda, dove la reggente è automaticamente anche il capo della Chiesa Anglicana.
Probabilmente sorte analoga è toccata agli Stati Uniti d'America. Ricordo infatti che nei più recenti sondaggi, prima delle elezioni presidenziali, gli americani non avrebbero mai accettato un presidente che non credesse in Dio. Un loro modo d'investire con delle elezioni, il capo del governo insieme al rappresentante di Dio in patria.
Non cito neppure i tanti paesi dove la separazione fra Chiesa e Stato non è mai stata neppure paventata, tanto sembrava assurda, per le loro popolazioni.

Ora, circa un centinaio d'anni dopo lo Statuto Albertino, che metteva nel primo articolo la religione Cattolica, come suo fondamento, siamo invece giunti ad una Costituzione di tipo laico, dove il primo riferimento alla religione è all'articolo 3. E col tentativo di garantirla indipendente dallo Stato.
Nei fatti siam rimasti un po' come gli statunitensi, non c'è stata una dissoluzione dei legami fra Stato e Chiesa. E' un po' come un bambino che pure imparando a camminare da solo continua a cercare la mano del genitore, per il conforto di non essere da solo. Allo stesso modo abbiamo creato una nazione infantile, che vuole correre indipendente in avanti, ma tranquilla di poter correre anche indietro, di tanto in tanto.

Un caso eclatante, che dovrebbe far salire l'indignazione (o almeno la sorpresa) di chiunque creda nella separazione di Stato e Chiesa, è quello del crocifisso nelle aule scolastiche.
Una sentenza del Consiglio di Stato (quello Italiano, non Vaticano, come si potrebbe supporre) ha infatti espresso che tale simbolo debba rimanere nelle aule scolastiche, in quanto "è un simbolo idoneo ad esprimere l'elevato fondamento dei valori civili" (sic).
Queste sole parole dovrebbero scatenare domande inquietanti.
Perlomeno dovrebbe esserci qualcuno, che vista l'esposizione di un uomo torturato come fondamento dei diritti civili, spieghi ai giovani alunni il perché sia obbligatorio mettere proprio quell'uomo nelle aule e non un altro. Potrebbe funzionare al suo fianco la foto di una donna lapidata?

Leggendo più avanti la sentenza c'è veramente di che rabbrividire:
"un simbolo idoneo ad esprimere l'elevato fondamento dei valori civili che sono poi i valori che delineano la laicità nell'attuale ordinamento dello Stato".
Il concetto di laicità espresso mi pare in diretta antitesi con quello che dice ogni dizionario della lingua italiana.
La laicità, secondo il Consiglio di Stato, sarebbe l'apposizione obbligatoria di un simbolo religioso?

E' naturale dubitare delle capacità del Consiglio di Stato verso le sue funzioni, visto che non riesce neppure ad esprimersi in lingua italiana!
Ma c'è dell'altro, di molto più inquietante: e se chi ha scritto, firmato e pubblicato un atto del genere, fosse davvero a conoscenza di quel che ha scritto?
Se non fosse (come fa pensare) di un'ignoranza così imbarazzante?
Se avesse davvero saputo che stava prendendo in giro la religione Cattolica (affermando che non si tratta di un simbolo religioso) e ogni italiano (affermando che si tratta di laicità), come mai ha dichiarato una tale assurdità?

Ma in fondo che importa. A televisore spento niente importa, in questa nazione.

P.S.: Anche l'associazione dei consumatori ADUC si dissocia dalla decisione del Consiglio di Stato, come apprendo da una loro nota.

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