mercoledì, febbraio 01, 2006

Grandezza e limiti del pensiero

Riflettendo sulla mia scarsa tolleranza verso tante cose, sono giunto a qualche risultato a cui non avevo mai pensato prima, in proposito alla psicoanalisi e alla psicoterapia.
Devo anzitutto confessare che il mio interesse per entrambe mi ha fatto pensare più volte se prendere quel corso di studi, per cui rientro fra coloro che in qualche modo hanno una velleità di analista.

Il punto saliente della mia riflessione è sul fatto che il terapeuta, di fronte al paziente, non può rivelare ogni sua intuizione.
Questo è ovvio per tanti motivi. Se qualcuno raccontasse un'angoscia verso la torta di mele, oppure l'incapacità di mangiare un'insalata, magari il professionista che ascolta ha compreso che è una situazione in cui agire indirettamente: non può dire al paziente che i timori sono tutti stupidaggini. Deve prendere qualche strada più lunga e tortuosa, affinché il paziente possa affrontare il problema in modo graduale.
Potrebbe anche condurlo fino alla soluzione, senza mai rivelare la sua intuizione -- che magari, per me e voi che leggete, era banalmente "da bambino ti han costretto a mangiare solo torta di mele e insalata e ti ha scioccato!": solo che la banalità non esiste, per chi ne ha ansia.

Quanto si può accettare senza una spiegazione?
Perché se anche una spiegazione ci fosse, per chi è abituato ad approfondire - come me - appare evidente quand'è fittizia o incompleta.
Direi che io non possa accettare proprio niente, se mi viene negata una spiegazione completa o comunque veritiera. Fortuna che non ho problemi con le torte di mele o le insalate.

Quanto si accetta delle manipolazioni?
Un amico mi raccontava di alcune scene da lui viste, che a me risultano classiche. La moglie che apostrofa con veemenza il marito, in pubblico, perché doveva mettere le scarpe di quel colore e non di questo, e anche quell'altro maglione e non questo, con l'uomo che annuisce silenziosamente.
Eppure non tutte le manipolazioni sono con lo scopo di prevaricare, così come non tutte sono sintomo d'impotenza da parte di chi viene manipolato. Ci sono infatti situazioni in cui si crea un rapporto fra dominatore e sottomesso, in modo cosciente e accettato da entrambi.
Senza giungere a casi estremi, è evidente che anche nel rapporto fra terapeuta e paziente si deve accettare un ruolo di questo genere, visto che altrimenti può diventare difficile l'accettare i consigli di chi li propone.
E qui mi felicito di nuovo di non avere problemi con le torte di mele, visto che sono spesso piuttosto restìo nell'accettare i consigli altrui, ma anche estremamente intollerante verso i tentativi di condizionamento.

Quanto si pensa?
Solitamente in modo sproporzionato: come se l'attività cerebrale fosse sempre ad un ritmo diverso dalle nostre necessità fisiche quotidiane.
Si prendono alla leggera le situazioni che necessitano riflessione. Si prendono come estremamente serie quelle da vivere spensieratamente. Certo, detto così non lascia scampo: è certamente vero che esiste tutto un mondo in cui le azzecchiamo.
Coordinare mente e azione però rimane sempre una gara, come lo dimostra qualsiasi gioco di riflessi.

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