martedì, febbraio 14, 2006

San Valentino

Ascoltavo ieri alla radio un'intervista al signor Piero Angela, sul suo recente libro Ti amerò per sempre. La scienza dell'amore.
Ovvio che non fosse casuale l'evento, ma studiato per arrivare giusto prima della ricorrenza del 14 febbraio (oggi).
Come scrivevo tempo fa, non trovo blasfema la ricerca scientifica sui sentimenti, piuttosto la vedo talvolta inutile. Certo, magari il libro di Angela si focalizza sui fenomeni fisiologici (non l'ho letto, per cui non saprei), dove è relativamente semplice capire quali stimoli producono quali effetti.
Non so poi come affronti le tematiche sociali e psicologiche, che sicuramente sono molto complesse e meno facilmente indagabili.
Il punto che rimane sicuramente più difficile da capire è la soggettività, il modo in cui in una persona tutti i singoli aspetti si combinano (fisici, chimici, psicologici e sociali) per ottenere il suo senso dell'amore.

Quello che scatena, una ricerca del genere, è poi esattamente ciò che immaginavo, leggendo alcuni commenti di lettori (o presunti tali), su un sito di libri on-line.
Toccare un argomento che copre molte delle nostre sfere di percezione e d'azione, fa altalenare i commenti fra gli entusiasti e gli inorriditi.
Certo, avessi letto il libro, magari anch'io mi schiererei su un fronte d'opinione. Va da sé che per quanto io sia di pensiero spesso netto, deciso, non amo molto le prese di posizione estremistiche.

Ogni pensiero, sentimento, relazione, che ci coinvolge in modo emotivo, diventa facilmente un territorio di battaglia. L'emozionalità rende facilmente giustizia al nostro essere tutti diversi, e nel senso buono.
La diversità però è un peso da portare, qualcosa da sostenere. Assai più facile è conformarsi a qualcosa di esistente, ci rafforza il fatto che non si è da soli.
In ogni relazione dove le diversità si mettono a confronto, si nota facilmente un conflitto, talvolta esasperato, nel tentativo di far valere la propria visione, emozione, percezione.

In certe festività, ricorrenze, prese come assodate da lungo tempo, si vede spesso chi cerca di distaccarsene. Un esempio classico è il Natale, che col suo significato canonizzato, anche nei consumi, spazia ampiamente dagli accaniti sostenitori, agli indispettiti dal formalismo.
Fenomeno analogo capita a questo San Valentino, che non è legato ad una festività religiosa (a parte la casualità del nome di un santo?), ma che porta in tavola l'amore, come piatto unico.
Così c'è chi senza il regalo, ormai simbolo abusato, non lo sente vero, non sente di essere amato o amata. E c'è anche chi ha l'avversione del regalo, oppure il morso della solitudine o dell'amore tradito, per cui propone odio verso la ricorrenza.

E insomma, perché non accettare di più?
Dico, prendete il regalo con più attenzione al pensiero di chi l'ha dato, passando sopra al fatto che avvenga in una ricorrenza così consumistica.
E prendete l'amore per quel che è: il fatto che ci siano degli ormoni in circolo, che ce lo fan sentire, non lo sminuisce di valore, non lo meccanicizza, come si è soliti pensare di ogni cosa che passa per lo studio scientifico.
E arrabbiatevi per i regali fatti "per il senso del dovere", infastiditevi di chi vi vuole spiegare come ci si sente da innamorati.
Non ho scritto delle contraddizioni, è la vita ad essere continua contraddizione, niente segue un percorso ripetibile: di volta in volta abbiamo la possibilità di scegliere, cambiare opinione, emozionarci. E vedere tanti aspetti diversi.
La rigidità di pensiero, la celebrazione di quello meccanico o etereo, è l'unica cosa da non festeggiare.

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