domenica, marzo 26, 2006

Opinioni politiche

Tutti noi ne esprimiamo in fondo, coscienti o no di farlo. Anche la scelta di un gelato, di un colore per l'automobile, del tessuto di un indumento, tutto fa politica.
Gli apolitici sono in realtà degli utopisti, solitamente delusi dal non trovare una posizione esattamente coincidente con le loro idee. Certo vale per chi si dichiara tale e ne difende la posizione, mentre è piuttosto diverso per gli indifferenti verso la politica, che spesso sono i soggetti più facilmente manipolabili -- dalla politica, ovvio.

Verso la metà degli anni '80 ero molto più attivo a mia volta, verso la politica e il suo rapporto con i giovani, essendo ancora studente, in mezzo ai cambiamenti che mai sembravano favorevoli.
La protesta verso l'allora Ministero dell'Istruzione ed i suoi provvedimenti, dall'orwelliano 1984 proseguì fino all'85, in quello che qualcuno definì il movimento dei ragazzi dell'85.

Riflettevo giusto ieri sulle parole di una persona, che in una chiacchierata del tutto informale, mi ha colpito dicendo più o meno che "da giovani, si sceglie sempre uno schieramento, se stare a destra o a sinistra".
Quel che c'è di triste, nella riflessione, è il fatto che poi negli anni, molti perdano interesse verso qualsiasi obbiettivo politico. Cerchino la tranquillità della non-politica, lasciando le ideologie per i nuovi idoli, i simulacri del benessere.
Sembra quasi che rinuncino a qualsiasi coinvolgimento, nel timore che li distragga dal nuovo obbiettivo. Finiscono per esprimere opinioni politiche - dirette - solo quando la politica insidia il vitello d'oro. Allora si rivoltano maldestramente, lanciando strali contro gli eretici, avversi al nuovo Dio.

E qui ammetto che a mia volta ho allentato gli interessi verso la politica, non sono più l'attivista della mia giovinezza, anche se in realtà non ho perso interesse per la politica, non ho coltivato l'illusione di un ovattato mondo apolitico.
Quello che mi ha stancato, annoiato, è la gente stessa per cui potresti fare qualcosa. La domanda che mi sono posto è suonata come "ma davvero c'è chi merita di meglio? C'è davvero qualcuno per cui battersi?".
Se fossi minimamente religioso, la domanda non si porrebbe neppure: ovvio che il bene universale debba essere un obbiettivo primario.
Se avessi dei figli, una famiglia, mi sentirei altrettanto tenuto a perseguire quell'obbiettivo.
Come mai, le tante persone che hanno queste due condizioni, non si sentono altrettanto motivate a migliorare il futuro?

Nella metà degli anni '80, sempre quelli citati prima, nutrivo una certa avversione per gli articoli del signor Eugenio Scalfari, sul suo quotidiano (era fondatore e direttore de La Repubblica, per chi non lo ricorda). Le sue posizioni mi scatenavano sempre una certa irritazione.
Anche oggi, che i miei spigoli si sono smussati, lo trovo talvolta su quegli arroccamenti dell'intellettuale che protesta e si indigna, con un suo snobismo culturale.
Trovo invece abbastanza condivisibile il suo articolo di oggi, sull'inesistenza dei moderati.
In fondo il paese non si distanzia granché dalle finzioni letterarie di un romanzo di Benni, come in Spiriti, dove le forze che si contendono il potere si dividono fra moderati e moderisti.

Quel che trovo sicuramente condivisibile, nell'articolo di Scalfari, è l'ormai palese incapacità d'indignazione degli Italiani.
Se un tempo potevo stancarmi dell'italiano medio, con la sua mediocrità, adesso sono davvero inorridito davanti al fatto che neppure dietro le associazioni più potenti del paese ci sia più decoro. Anche falso decoro, come siamo abituati a mostrarlo benissimo in questo paese, ma decoro.
Un'associazione come Confindustria, che un tempo poteva farmi arrabbiare per le arroganti posizioni sul lavoro, adesso è talmente anestetizzata da rivoltarsi contro chi la vuole svegliare, perfino se è un suo membro, come il signor Della Valle.
Che ha semplicemente raccontato quello che tutti coloro che non sono ipnotizzati possono vedere, il fenomeno di un paese a rotta di collo verso il disastro economico, oggi per le famiglie più povere, domani per quelle più ricche.

Scarsa lungimiranza. Come si può credere che la nazione stia davvero andando bene così?
Eppure un disegno c'è, dietro a tutto questo. Faccio un'ipotesi inquietante, che mi è saltata alla mente giusto ora.
Supponiamo che l'impoverimento cresca ancora a dismisura. Qualcuno tempo fa lanciava l'ipotesi che fosse una manovra per garantire lavoratori a basso costo per le aziende, ma non penso sia il quadro completo.
Proseguiamo.
Supponiamo che l'impoverimento renda molto fragili la maggior parte delle aziende che ancora oggi galleggiano. Come alcuni avranno notato - non molti, altrimenti le cose sarebbero cambiate - ci sono, al contrario, delle aziende ad ampio spettro di attività che invece stanno crescendo; vuoi per la pubblicità, vuoi perché si stanno facendo spazio a gomitate sempre più forti.
In un futuro in cui una miriade di aziende medio-piccole (ma non solo) saranno in difficoltà, diverrà facile per un colosso acquisirle, colonizzarle. In quel futuro potrebbero esserci molti marchi italiani, ma una sola azienda a controllarli. A quel punto l'amministrazione dello Stato diverrà solo un'attività collaterale, un fantoccio per le relazioni internazionali; o anche per indire di tanto in tanto delle libere elezioni, che sponsorizzino partiti politici incapaci di cambiare uno Stato delle Cose.

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