mercoledì, agosto 16, 2006

Spazio per i commenti

Alla sera, mentre consumo la mia cena, sono solito tenere il televisore acceso, sintonizzato sui vari notiziari. La funzione non è solo quella di conoscere ciò che accade nel mondo ed in questo paese.
Già la pretesa di voler conoscere i fatti del giorno si fa ardua, cambiando infatti il canale, si ottengono tante piccole sfumature dello stesso evento. Non mi sorprende, ed anzi mi porta divertimento, perché amo l'enigmistica: il rebus è interpretare le inflessioni, le pause, le enfasi, oltre che le parole. Assai spesso capita che una semplice notizia assuma connotati assai diversi, in notiziari diversi.
La funzione del televisore è inoltre d'intrattenimento, visto che cenando da solo non ho commensali con cui discutere. Con la televisione però non si discute, la comunicazione è necessariamente in un solo senso -- fatta salva la possibilità di guardarne i contenuti in modo critico.
Ricordo a questo proposito un mio nonno, e la sua visione dei telegiornali, negli anni '70 del secolo scorso. Era solito farsi prendere dal trasporto emotivo, quando vedeva e sentiva personaggi politici che si esprimevano difformemente dalle sue opinioni. Discuteva così animosamente, con loro, agitando le mani. Chiaro che sapesse di non essere sentito, ma lo sfogo sopperiva alla sua necessità di commenti (se non quando d'invettive).

Ad ogni notiziario a cui assisto, sia esso per radio o televisione, scopro di avere sempre dei commenti da fare. Ogni tanto li riporto qui, ma spesso mi è difficile, perché ne accumulo così tanti che mi diventa difficile ricordarli.
In un commento di poco tempo fa, ai miei post su questo sito, c'era l'osservazione secondo cui porto le mie chiacchiere, nel singolo articolo, a saltare da un argomento all'altro, per infine condurre il lettore fin dove avevo pensato di arrivare.
Se questo in parte è vero, c'è comunque una buona parte di casi in cui scrivo a partire dal titolo. Il titolo lo penso come sintesi estrema di un concetto, ma l'articolo finisce per essere non incentrato sul concetto, quanto sul titolo. Il racconto, la narrazione, diventa una raccolta di fatti che ho raccolto in mesi o anni di riflessioni, da cui pesco pezzi che sembrano scelti alla rinfusa, ma con un collegamento logico che talvolta sorprende anche me. Il puzzle mi ricorda le composizioni artistiche che appaiono misteriosamente in Luce virtuale, di William Gibson.
La mia percezione è infine che questo spazio per i commenti sia interessante, ma io non riesca mai a compilarlo con tutto quel che vorrei commentare, per pigrizia o dimenticanza che sia.

I cosiddetti commenti a caldo hanno poi un valore estremamente variabile.
Una regola che dovevano osservare gli ufficiali napoleonici, imponeva loro di differire di 24 ore il pronunciamento di una punizione, nei casi in cui sorprendessero un subordinato ad infrangere le leggi. Questo permetteva di freddare gli animi del giudice, affinché non comminasse pene dettate dall'emozionalità.
Questo metodo mi ha sempre colpito, da quando lo trovai raccontato in un libro di Germano Squinzi, "Una carezza incondizionata (salverà il mondo)", che si propone come saggio sull'analisi transazionale. E' in effetti una buona pratica, applicabile alla quotidianità, per evitare giudizi sommari, quando qualcosa ci crea rabbia o indignazione.

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