giovedì, febbraio 11, 2010

Rapida accelerazione

Ci sono momenti in cui sembra velocizzarsi la caduta della nostra società, il declino della cultura e del senso civico.
Dopo l'avvio verso il riconoscimento dell'impunità dei politici di una certa levatura, adesso si corre ai ripari per cercare di salvare quanti più servi del padrone (senza espressioni figurative) si riesca.
S'invoca così l'estensione dell'impossibilità a procedere per signori come Guido Bertolaso, ma la lista potrebbe espandersi rapidamente, sempre che non venga posto un freno deciso alla magistratura.
Queste fasi di velocizzazione sono peraltro incostanti, un po' come certi diagrammi dei valori azionari. Al contrario dei valori azionari, dove una discesa continua porta prima o poi ad un fallimento, pare che qui non ci sia un fondo.
E in fondo, anche leggendo qualche quotidiano che riporta opinioni alternative a chi governa il Paese, non se ne ha un'immagine molto migliore. Sotto prospettive diverse c'è sempre qualche sensazionalismo inutile, o la messa in disparte di fatti che diverranno esplosivi.
E' mai possibile che una maggioranza così ampia della popolazione non abbia un senso di sprofondamento?
Una valida risposta viene da qualcosa che ho letto tempo fa, riguardo gli italiani e la loro cultura. Tutto questo fa parte del retaggio culturale: la sottostima delle prevaricazioni, l'ignavia, l'arrendersi facilmente. L'italiano medio sa bene che esistono mafia, corruzione, politici disonesti, e perdona bonariamente chi lo nega. L'italiano medio si adegua, è chiassoso nelle risse da studio televisivo, ma cerca di non cambiare troppe cose reali del suo Paese. Metti ad esempio che la legge debba essere davvero rispettata da tutti: l'italiano medio non è onesto, e lo sa bene.
Il signor Antonio Di Pietro aveva proposto qualcosa anni fa, che infine neppure lui è tanto propenso a sostenere, con una caduta di stile motivata dalla necessità di regnare. Per tenere le redini dell'Italia sembra servire sempre un conduttore pronto ai compromessi, capace di chiudere un occhio di tanto in tanto: l'onestà e la legittimità non possono fare parte stabile di questo Stato, serve citarle solo nelle occasioni formali.

A che serve allora continuare a combattere per simili ideali? Brevemente: a rallentare la discesa ad inferi, a renderci meno invivibile il quotidiano e il futuro prossimo. Per quello remoto è meglio non consultare o enunciare oracoli.

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