martedì, febbraio 16, 2010

Animali da compagnia

Ho sentito giorni fa di una polemica, su un personaggio televisivo cacciato dalle trasmissioni, perché aveva indicato come si cucina la carne di gatto. La cosa mi lasciava quasi indifferente, non perché non avessi cura dei piccoli felini (e questo lo può testimoniare un esponente qui ritratto), ma perché so quanto certe pratiche, soprattutto in persone anziane, che hanno trascorso periodi di guerre e carestie, possano evocare il vissuto. Pur essendo in disaccordo quindi, non ho speso molta considerazione.
Quest'oggi trovo casualmente un link ad un weblog, sui risvolti dell'argomento, che invece mi ha provocato una certa irritazione, tanto che quasi non vorrei citarne la fonte, ma lo faccio per la pigrizia di riportare ogni riga.

Anzitutto, su cosa sono d'accordo: che le condanne spesso celino ipocrisia. Così chi ha condannato il personaggio televisivo, per la sua poco eleganza, probabilmente non è così scevro di colpe da ergersi a difensore degli animali tutti, chissà.
La medesima regola aderisce perfettamente all'etica disneyana dello scrittore di weblog succitato, nella sua foga accusatoria. Ci riassume, che chi ha cura e affetto per gli altri animali non dovrebbe cibarsene, altrimenti diventerebbe ipocrita. Per quanto cerchi di distaccarsi, di trasmettere un messaggio oggettivo su qualcun altro, la ricerca delle parole rende chiaro il messaggio come opinione personale, anziché denuncia di una scomoda verità oggettiva.
Il piccolo felino raffigurato ha ben più qualità del mediocre scrittore. E' intelligente, anche se d'intelligenza diversa da quella umana, e magari neppure come felino è una cima. E' sinceramente affettuoso verso altri animali, quali altri felini, ma anche verso alcuni umani. Eppure non ha la minima angoscia nel cibarsi di carne, com'è appunto nella sua natura. Non avrebbe alcun problema ad uccidere le sue prede, ed a cibarsene mentre non sono neppure morte. Perché è normale che sia così, non è un comportamento a cui si possano applicare appellativi come crudeltà, né gli si può dare dell'ipocrita.

Il profilo psicologico di chi (come lo scrittore dell'articolo sopra) usa espressioni quale "digerire cadaveri di animali morti" è ben chiaro, aldilà delle difficoltà lessicali. Così com'è significativa l'espressione "sterminio organizzato di esseri innocenti", quale a sottintendere che ben altro sarebbe uno "sterminio organizzato di esseri colpevoli".
In molti dei manifesti in favore dell'alimentazione vegetariana (o una della sue varianti) di solito sono evidenti queste derive ansiose, come manifestazione di psicosi. La motivazione addotta dai soggetti è raramente quella salutistica, quantomeno citata solo come introduzione all'argomento, mentre l'attenzione viene subito portata su fattori quali il rispetto per gli (altri) animali, sottolineando che sono esseri viventi.
L'essere vivente morto, il cadavere, diventa simbologia della morte stessa; ansiogeno in quanto scatenante paura della morte. In questo contesto, il giungere quindi al nutrirsi della morte stessa diventa un atto terrificante per il soggetto.
Non ha lo stesso effetto il nutrirsi di un vegetale morto o vivo che sia -- una carota bollita non è sicuramente viva, mentre quella ben fresca fortunatamente lo è. La differenza morfologica e di genere crea un sufficiente distacco, per cui anche il nutrirsene è difficilmente altrettanto psicogeno per i soggetti sensibili.

Non sono d'accordo quindi col divenire vegetariani, per essere persone migliori (come lo dimostrano nei fatti alcuni personaggi storici, quale un sanguinario dittatore tedesco del secolo scorso). Così come non sono d'accordo che evitare il consumo di carne sia una scelta naturale (come dimostrano i nostri processi metabolici). Piena libertà a chi vuol essere vegetariano ritenendola una scelta salutare, ovviamente.
Nel frattempo, io e un paio di piccoli felini di mia stretta conoscenza, continueremo a scegliere cosa mangiare con tranquillità, senza angosciarci del fatto che gli esseri viventi possano morire e divenire un alimento.
E ovviamente, gli animali da compagnia siamo io e mia moglie, per i due felini.

Non esistono uomini cattivi [...] se sono cucinati bene -- da "L'ultima lacrima", S. Benni

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