lunedì, maggio 21, 2007

Molte scomode verità

Ho acquistato pochi giorni fa il DVD del documentario sul grave stato dell'ambiente terrestre, intitolato "Una scomoda verità".
L'immagine che si ha, dello stato del pianeta, è semplicemente allarmante.
L'esempio con cui ci descrive il signor Albert Gore, il documentarista che ne racconta i fatti, è perfettamente calzante. Siamo come delle rane, che messe in una pentola d'acqua bollente saltano fuori, ma messe in una pentola d'acqua che sale in temperatura progressivamente, ci lasciamo cuocere, se qualcuno non ci tira fuori. Ci servono delle scosse, ci servono fatti che scuotano, affinché li consideriamo importanti da subito.
Per l'ambiente quindi si fa poco o niente, grazie alla capacità di alcune grandi aziende di mettere tutto in relazione al profitto: rispettare i limiti naturali, cercare soluzioni che non distruggano l'ambiente, appare a loro puramente una riduzione dei profitti. Non hanno capacità di capire che distrutto il pianeta su cui viviamo non avranno un secondo posto dove spendere quei soldi.

Un lato inquietante, che dovremmo trovare oltremodo offensivo, è quello secondo cui le informazioni scientifiche vengono mutilate e modificate dal loro significato originale.
E' interessante un semplice dato.
Mentre su un campione di 928 pubblicazioni scientifiche che trattano l'argomento del riscaldamento globale, nessuna smentisce che ne siamo la causa diretta, su un campione di 636 pubblicazioni per il grande pubblico, quelle che non aderiscono a nessun rigore scientifico nelle loro affermazioni, ben il 53% degli articoli afferma che gli scienziati sono in discussione sull'argomento.
La manipolazione di quel tipo d'informazione, quella ad uso dei profani, è così evidente che non può evitarci un moto di animosità, quando si leggono o si ascoltano le parole di alcuni ciarlatani. In qualche caso si tratta addirittura di personaggi descritti come esimi scienziati.

Se da un lato arrivano le manipolazioni e le falsità che cercano di modificare i dati certi, dall'altro c'è anche chi li piega in altri modi.
Mi sono imbattuto giusto ieri in un centro cittadino chiuso al traffico dei veicoli a motore, per quel curioso evento denominato domenica ecologica.
Forse sarà capitato anche a voi di vederne o di sentirne parlare, ma vorrei raccontare le informazioni che ho raccolto sul campo, in qualche chiacchiera, e sulla carta.
L'evento consiste nel chiudere al traffico dei veicoli a motore, escluse alcune tipologie (con alimentazione a gas metano o GPL, oppure ibrida), ampie zone cittadine limitrofe e inclusive dei centri urbani.
La città gode a tale scopo di un cofinanziamento da parte del Ministero dell'Ambiente (D.M. 25/1/2000). Questo significa che per ogni cittadino interessato alla zona del provvedimento il Comune riceve un certo importo. Tanto più grande è la zona interessata, tanti più soldi ne derivano: come vengano spesi non è dato saperlo. In un periodo di "vacche magre", con scarsi finanziamenti ai Comuni, anche poche centinaia di migliaia di Euro non sono certo da buttare.

Quello che poi ho rilevato sul posto, intorno a queste presupposte oasi ecologiche, è poi sconfortante.
Se in una città che la domenica si svuotava del traffico, causa bel tempo e fuga verso il mare, si chiude il traffico ai pochi che sarebbero rimasti, questi cominciano a girare intorno alle strade chiuse, cercando un parcheggio. Inutile dire che non tutti questi sono necessariamente interessati ad andare a vedersi il centro cittadino.
Il risultato è stato di creare un anello di smog e di traffico in zone che neppure lo sognavano.

Sentii lo scorso anno, in un intervista, qualcuno che sembrava essere preparato sull'argomento.
Le sue osservazioni sembravano ragionevoli, per cui mi sembra doveroso riportarle.
In breve concludeva che non serve chiudere un centro cittadino per solo un giorno. La coltre d'inquinamento non si dissipa quanto necessario. E qui mi viene da pensare, come detto prima, che non si elimina un settimo dell'inquinamento settimanale: perché di domenica il traffico sarebbe già ridotto (in alcune aree).
E' vero, concordo che quel piccolo contributo sia meglio di niente.
Ma il fatto più terribile è l'effetto palliativo di quel poco-più-di-niente: con quello politici e amministratori si mettono il cuore in pace, i soldi in tasca e voti nell'urna. Molti si convincono che sia così, proprio così, che si sconfigge l'inquinamento, e tutto va avanti come prima, se non peggio.
Ci sono verità scomode su più fronti.

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