mercoledì, ottobre 18, 2006

Restituire dignità

Ho apprezzato molto l'assegnazione del Premio Nobel per la Pace al fondatore della Grameen Bank, anche se non conosco in dettaglio le loro operazioni.
Ne avevo sentito già parlare alcuni anni fa, e l'impresa mi sembrava decisamente lodevole.
Il modo in cui va decisamente al contrario, rispetto alle altre banche del mondo è il simbolo più chiaro di restituzione della dignità a chi vive nella povertà estrema.
Fornisce prestiti di piccolissime entità (l'equivalente di poche decine di dollari americani) e non richiede niente in garanzia, non fa firmare contratti legali, non costringe alla restituzione. E' anche aperta a fornire nuovi prestiti a chi non ha potuto restituire i precedenti.
I loro clienti, o meglio le loro clienti (visto che al 96% sono donne) vivono in condizioni poverissime, ma uno dei fondamenti è di offrire possibilità anche a chi vive di elemosine, dando quel poco denaro per incoraggiare il potenziale umano, ad esempio trasformando progressivamente il mendicare in un'attività commerciale. E non si ferma qui: incita anche al migliorare le condizioni di vita dei loro clienti, l'educazione dei figli, le condizioni sanitarie e il rispetto dell'ambiente.

Se pensate che questo finisca per alimentare frodi sappiate che ben il 98% dei prestiti viene restituito, e la banca è in attivo al 2005 per 15,2 milioni di US$
Certo, una quindicina di milioni di dollari sono poca rendita per una banca, ma lo scopo non è l'attività di profitto -- con queste cifre non potrebbe proprio esserlo.

Ripensate ora alle banche a cui siamo abituati, qui.
Spero che il pensiero vi susciti lo stesso senso di disgusto, di schifo, che genera in me.
Sia ben chiaro, non perché io voglia predicare l'uguaglianza socialista, l'utopia che ha creato nazioni in cui (quasi) tutti sono uguali fra loro, ovvero immensamente poveri (penso a certe nazioni del continente asiatico).
Sono certo che però debba esserci una misura, per la quale devono corrispondere persone dalla vita dignitosa, anche se non ricca, in proporzione alla quantità di persone estremamente facoltose. Detta in altre parole: è giusto che chi azzarda di più (legalmente) ne abbia guadagni maggiori, in caso di successo; allo stesso tempo è un motivo valido per ridistribuire una minima parte di quella ricchezza, per far sì che altri superino la soglia di povertà.

Ho seguito qualche giorno fa pochi minuti di un dibattito televisivo. Ho cambiato canale quando la domanda del conduttore, il signor Giuliano Ferrara, ha posto come questione le tassazioni al merito. Voleva insomma sapere, con chiaro intento provocatorio, se proprio chi è stato bravo ad accumulare denaro, chi ha avuto il merito di guadagnarselo, doveva farsi carico di pagare le tasse.
Letta per intero, diceva chiaramente: "perché non far pagare le tasse solo a chi non è capace di diventare ricco?"
L'idiozia della domanda, per quanto sembri considerevole, era pressoché nulla, rispetto all'arroganza ed alla spregiudicatezza del signor Ferrara. Del resto, quel modo di porsi, è cronaca dei tempi recenti, sia da parte di chi amministra poteri forti come di chi ne è servitore.
Concluderò con un'ironia, come mi piace spesso fare: pochi dollari possono restituire piena dignità del vivere a una mendicante, eppure non riesco ad immaginare nessuna cifra che possa dare dignità al signor Ferrara ed a coloro che rappresenta.

Nessun commento: