martedì, ottobre 24, 2006

Eresie tecnologiche

Vagare fra i canali di trasmissione televisiva, alla ricerca di una programmazione interessante, almeno divertente, diventa sempre più difficile.
Mentre scovare assurdità è sempre più semplice.

Una trasmissione televisiva, che credo si proponga a metà fra i thriller e la risoluzione di piccoli casi popolari, stava giusto parlando di qualcosa di tecnologico, mentre casualmente passavo in rassegna i vari canali.
Narrava di una persona scomparsa (non ho seguito la storia in dettaglio), e partiva dal presupposto che era stata condotta da qualcun altro sul luogo dove è stato rinvenuto il suo telefono cellulare.
Secondo i narratori, era avvenuto perché il telefono non era solo stato spento, ma volutamente ne era stata scollegata la batteria da qualcuno -- nelle immagini video seguiva un esempio di qualcuno che rimuove una batteria da un telefono cellulare.
Questo fatto, a loro dire, perché un telefono cellulare, anche se spento, sarebbe individuabile dalla centrale più vicina.
Questa favola metropolitana pare che non sia la sola a resistere, nella subcultura pseudo tecnologica che ci avvolge.
Certo, è possibile che allo spegnimento possano essere inviate informazioni di disconnessione alla centrale, che in caso di distacco immediato della batteria possono non essere inviate; il sostenere invece che il telefono, spento, sia continuamente in collegamento con la centrale è pura fantasia.
Primariamente ha degli svantaggi pratici: a che serve consumare energia dalla batteria e risorse di trasmissione sulla centrale?
Secondariamente è facilmente verificabile che non sia così: se avete il telefono acceso, molto vicino ad una sorgente audio (radio, televisore, ecc.) vi accorgete spesso dei segnali di connessione alla centrale, sotto forma di disturbi sonori. Fare la stessa prova con un telefono spento è cosa facile, e infatti non crea gli stessi disturbi.
Pensate poi alla strumentazione di bordo di un aereo: un solo telefono cellulare acceso può infastidirla anche molto, durante alcune fasi vicine a terra. Infatti vi viene solitamente chiesto di tenerlo semplicemente spento, non di scollegare la batteria. Su un volo con un centinaio di passeggeri, di cui almeno la metà ha un telefono cellulare, se bastasse la batteria collegata a stabilire la connessione con la centrale, sarebbe un bel fastidio partire e atterrare.

Le pubblicità sono poi altre fonti inesauribili di racconti incredibili.
Ho sentito solo ascoltandola, senza troppi dettagli, una pubblicità che prometteva un ottimo trattamento della pelle con una crema idratante che non agiva solo in superficie, ma nel DNA.
Non so bene se la cosa suoni poderosamente tecnologica, ma a me dà due sensazioni sgradevoli.
La prima è nel caso che la pubblicità possa dire il vero: ci siamo scandalizzati per la clonazione della pecora Dolly e ora usiamo un prodotto cosmetico che veramente altera il nostro DNA? E' davvero possibile vendere un simile prodotto come cosmetico? Non c'è nessuno che si preoccupa di quel che può significare un'alterazione del DNA?
La seconda sensazione è che sia l'ennesima sciocchezza, quindi non tanto lecita, visto il rigido codice di regolamentazione pubblicitaria.

Saltando ancora: la moda recente è poi la ricerca di soluzioni new age per tutto, mischiando la letteratura leggendaria (con forte appoggio della comunicazione via Internet) con pezzi di realtà tecnologica.
E continuano a fare sempre gli stessi errori: semplificando (con errori) le cose difficili e costruendo complessità su quelle semplici.
Leggo su un settimanale (Il Venerdì di Repubblica, 20 ottobre 2006, n. 970) un articoletto sul mal d'ufficio.
In realtà lo scopo primario dell'articoletto sembra giusto la promozione di un libro, guarda caso diretto all'argomento, che ci spiega come gli ambienti siano insalubri, ma anche come renderli salutari. Pare, dal riassunto che ne fanno, con i soliti criteri misti di feng shui e realismo.
Che in mezzo a tanti buoni consigli ci siano anche delle leggerezze, si evince dalla terminologia adottata da chi scrive.
Spesso certi articoli con un minimo di profilo tecnico, anche solo a livello saggistico, sembra siano infatti redatti da persone disattente, con nessun rigore verso i termini esatti.
Leggo infatti che si sconsiglia l'uso di "tubi al neon", mentre si preferiscono i "True-lite fluorescenti".
Ce li presenta come due cose fondamentalmente diverse, mentre non lo sono poi tanto. E in particolare, i mitici tubi al neon perlopiù non esistono. Già, perché raramente è il neon il gas impiegato nei comuni tubi fluorescenti (che già possediamo, anche se non sono True-lite). La maggior parte del neon, nei tubi fluorescenti di uso quotidiano, è sicuramente nello starter, una piccola lampadina al neon che serve per innescare l'accensione del tubo vero e proprio -- in qualche caso è possibile vedere la piccola lucetta color arancio illuminarsi, prima dell'accensione del tubo fluorescente.
Per non parlare delle piante del genere Tillandsia, che certo non si nutrono di "radiazioni fisiche", come citato dal suddetto articolo. Nemmeno un episodio di Star Trek sarebbe arrivato a tanto.
E dire che sarebbe bastato un giretto su Wikipedia, per evitarsi una figura ridicola.

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