sabato, aprile 11, 2009

Salute alternante

Questa raccolta di appunti pubblici fa spesso dei salti indietro, aggiornando vecchie opinioni o completandole.
Resta ferma la mia opinione passata, sull'attenzione da porsi verso certe alternative alla medicina (detto più propriamente che nell'ossimorico medicina alternativa).
Cosa ne è invece della medicina convenzionale, nella sua applicazione?

Il caso vuole che sia stato ospite, per un certo tempo (a mio parere lungo) della struttura ospedaliera citata nel vecchio articolo. Potrei elencare tanti aspetti positivi della mia permanenza, quale ad esempio l'occasione (seppure un po' forzata) di prendermi una vacanza. Oppure l'incontro professionale ed umano con qualche serio e motivato professionista. Eppure, quello che ci condiziona di più, in condizioni di disagio, sono senz'altro le situazioni sgradevoli che non fanno che accrescerlo.
Se hai un minimo di comprensione della medicina, e del corpo umano, cominci a porti domande.
E se hai molto tempo, diventano molte domande.

Ti chiedi ad esempio perché ti venga fatto un prelievo di controllo della glicemia, mentre stai digerendo la cena: ovvio che darà un valore falsato.
"Lei soffre di diabete?"
"No, è evidente che il prelievo fosse nel momento sbagliato!"
"Eh, sì, forse sì... intanto facciamo gli stick di controllo della glicemia..."
Pensi che dopo i (molti) buchi sulle dita, tutti con risultati in perfetta salute, la pantomima abbia termine. Sbagliato: dopo quattro o cinque giorni torna il test.
"Ancora?"
"A me scrivono di farlo, io devo farlo!"
"E va bene, facciamolo; quant'è il risultato?"
"Vediamo... [tempo di risposta del glucometro] è 101"
"E il range di normalità?"
"Da 80 a 120..."
Mi riservo il commento successivo per qualcuno più alto in grado. E non è un commento di buonumore.

Il cardiologo esegue l'ecocardiografia, e commenta.
"Ecco, è tutto in ordine, non ci sarebbe niente che non va, ma visto che lei ha ancora la febbre, ci deve essere qualcosa che non va"
"In che senso?" -- l'ipotesi mi pare così bizzarra che non credo alle mie orecchie
"Ecco, vede qui, la valvola aortica? Questa massa che si muove sopra, in condizioni normali potrebbe essere una normale formazione, ma in questo caso può essere una grave infezione batterica"
Sono talmente sorpreso dal tono stolido con cui mi viene detto, che sinceramente non riesco a preoccuparmi, ma guardo il mio interlocutore con lo sguardo bonario che si adotta con i ritardati mentali.
Dietro minaccia di morte imminente eseguo altri esami invasivi, e una profilassi che mi crea allergie, oltre al rischio secondario di prendermi una labirintite, senza contare che potrebbe anche farmi saltare i reni. Però salvandomi il cuore. Così dicono, per qualche giorno.
Il nuovo cardiologo ripete l'ecocardiografia dopo una settimana.
"Lei cos'ha fatto?" -- riferendosi alla mia patologia
"Ho aspettato" -- riferendomi alla lunga attesa
Sorride, legge la cartella, cerca riscontro nel nuovo esame. Dopo un po' si alza, si scusa ed esce, quasi spazientito. Torna dopo poco.
"Mi scusi, vorrei rifare l'esame con la nostra macchina migliore, perché qui io non riesco proprio a vedere niente che non va"
Ha tutta la mia comprensione. Mi trasferiscono davanti ad uno strumento estremamente accurato, mi esaminano in due, girandomi come una salsiccia sulla griglia. Da qualsiasi lato guardino non riescono a trovare qualcosa che non vada. Si chiedono perfino chi possa aver diagnosticato così male.
Torno al mio reparto, dove la cura cambia. Ma non si capisce bene con che criterio, visto che non hanno ancora idea di cosa ci sia da curare.

Una notte mi sveglio con la gola che brucia: è per il fumo di sigaretta, qualcuno sta fumando all'una e mezza di notte. Fortunatamente sono fra i pazienti deambulanti, il mio vicino è sotto ossigeno, non potrebbe lamentarsi. Mi alzo e vado dritto verso la fine del corridoio: il personale ospedaliero del turno di notte ha pensato bene di farsi qualche sigaretta lasciando la porta esterna aperta, che per effetto camino sta tirando dentro il loro fumo.
Un mio breve e seccato commento interrompe le loro attività, senza alcuna risposta.
Torno a letto sperando che il fumo venga presto eliminato dagli aspiratori, e mi viene naturale pensare che la situazione è grave, se non c'è una preoccupazione primaria per la salute dei degenti. Un'azione repressiva colpirebbe pochi, mentre i molti fumatori (ho stimato che il 70-80% del personale non medico sia fumatore) continuerebbero a non riflettere sui loro gesti.

Grazie alla cura non richiesta per il cuore, mi ritrovo nel giro di qualche giorno con due piedi gonfi come borse dell'acqua calda.
Il primario riconosce il problema e soggiunge
"Posso darle un antistaminico, ma non un cortisonico: falserebbe le analisi che stiamo conducendo"
Non faccio fatica a comprenderlo e ne convengo.
Il giorno dopo l'antistaminico ancora non è arrivato, e i miei piedi sono lì a testimoniarlo, per il nuovo medico che mi visita.
Il terzo giorno arriva una compressa di antistaminico. Ma prima ancora che possa chiedere, qualcuno mi inietta in flebo qualcos'altro.
"Che cos'era questo?"
"Un cortisonico"
Rimango perplesso. Per tutta la giornata il mio stato fisico è molto diverso, così alla sera chiedo di nuovo chiarimenti: mi confermano che si trattasse di un cortisonico, come prescritto.
Al mattino dopo i medici trasaliscono: non c'è alcun cortisonico indicato nella mia cartella clinica, forse il medico del giorno prima ha dimenticato di firmare la prescrizione. Cose che capitano, come quando lasci i panni stesi e prendono la pioggia. Forse non sanno che so rimediare meglio al dispiacere di rovinare un maglione, rispetto all'avere rovinati i polmoni?

In conclusione, ho saltato molti altri aneddoti per non dilungarmi, ma la percezione globale è stata quella di essere ospite in una grande fiera del dilettante.
Alcuni anche motivati, altri decisamente superficiali, ma nel complesso dei dilettanti della medicina applicata.
Si salvano sicuramente alcune figure guida, come gemme in mezzo al minerale grezzo. Finché stanno lì in mezzo però il loro valore è piuttosto limitato.

Diventa comprensibile perché la statua votiva all'ingresso riceva tanti consensi floreali: dove la scienza viene applicata a singhiozzo, ci si augura una maggior costanza dalle figure mistiche immaginarie -- che non apparendo mai, fisicamente, non fornendo alcun aiuto verificabile, sono di confortevole coerenza: vuoi mettere un santo, che non vedi, con un medico, che vedi e sbaglia cura?

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