martedì, aprile 15, 2008

Difficoltà espressive

In ogni attività umana, più o meno consciamente, esercitiamo delle scelte politiche, quando il nostro pensiero o la nostra azione interessano la vita pubblica. E' in fondo una definizione scarna, da dizionario, eppure inevitabile.

I miei ripetuti interventi sul significato di democrazia, sembrano invece a tratti dissonanti con il senso della politica. Sarebbe come chiedersi "ma se la democrazia è solo illusoria, quale significato hanno le scelte politiche in un paese che si dichiari tale?".

Giocando con l'universale linguaggio della matematica, ho fatto qualche somma, con alcuni dei voti risultanti dalla recentissima elezione politica.
Se sommiamo le preferenze di voto, andate a partiti che non verranno rappresentati alla Camera, otteniamo oltre tre milioni e mezzo di schede, mentre per il Senato sono oltre due milioni e novecentomila. Essendo ottimisti, prendiamo il risultato migliore, ovvero i poco meno di tre milioni finiti nel vuoto. Sul totale delle preferenze valide sono circa il 9% delle scelte.

E' sicuramente l'ennesima dimostrazione dell'impossibilità del concetto di democrazia, quando viene trasposto nella pratica. E non lo lamento perché io fossi rappresentato in qualche modo in quel nove percento. E' lecito però il dubbio che tutti noi, pur se rappresentati in un Parlamento, o in un Governo, si finisca per appartenere al gruppo di chi non ha alcuna rappresentanza reale.
Sarebbe del resto inattuabile, che una rappresentanza politica fosse del tutto uniforme con chi la rappresenta. A meno di essere tutti cloni perfetti, l'individualità ci differenzia, e cerchiamo di aggregarci con un best match, il migliore raggruppamento. Secondo idee politiche, ma anche secondo stili di vita, svaghi preferiti, interessi sportivi, e così via.

Va da sé che quel nove percento non ha avuto alcun peso sulla più importante scelta in un paese, quella riguardo al suo governo. Se quei tre milioni fossero spariti, in un sol giorno, sarebbero almeno cambiate le percentuali assegnate a chi ha avuto maggiori preferenze. Eppure è ancora più inquietante il ruolo di continuare ad esistere, per un diritto di scelta che non ha diritto di rappresentanza (pur con i limiti dell'individualità detti prima).
E c'è un senso logico che diamo a questo fenomeno, quello della stabilità di governo. Si parla di rendere meno frastagliato l'orizzonte politico, rendere dei blocchi più netti, perché il Governo sia uniforme.
E' molto interessante il percorso seguito, verso la cosiddetta stabilità. Si parte dall'individualità: a nessuno viene negata, tutti (i maggiorenni) possono esprimere un parere. Poi si suddividono dei macro gruppi (chiamiamoli partiti politici). Qui si opera una selezione, da chi ha la massima preferenza a scendere, smussando con un taglio netto chi non raggiunge una quota interessante.

Certo, mi si può fare osservare che tutto questo dipende dalle leggi elettorali, ma per arrivare alla fine della mia analisi è del tutto indifferente. L'obbiettivo finale, infatti, è sempre quello di creare un gruppo oligarchico, uno solo. Ben definito. Quando questo avviene, e nel processo è stata coinvolta la popolazione, lo definiamo democrazia. C'è un evidente paradosso, se non altro a livello linguistico.

Mi viene facile sollevare un paio di domande. La prima è sulla qualità della vita: la popolazione di un paese, si sente veramente rappresentata, ben governata, sapendo che l'obbiettivo è quello di avere stabilità dall'uniformità di pensiero?
Premessa l'individualità, come ricchezza sociale, è un po' anomalo vedersi felici nell'omologazione. Sicuramente meno oppressi dalla difficoltà nelle scelte individuali (che vengono assolte dal gruppo, secondo uno standard), ma altrettanto meno liberi, nelle stesse scelte.

La seconda domanda che mi pongo è sulla possibilità di scegliere la propria vita: chi non ama l'uniformità più o meno forzata, la classificazione e massificazione, può in qualche modo decidere un cambiamento?
Facciamo un'ipotesi, un po' astrusa, ma con qualche esempio pratico. Supponiamo di accettare un'approssimazione di democrazia su un livello più fine. Una sorta di riunione condominiale: tutti che decidono insieme, anche se si detestano, avendo di volta in volta qualche vittoria e qualche sconfitta. Se il condominio in questione fosse un Parlamento (dove le liti sono già adesso come quelle condominiali), e finanche un Governo, potrebbe esserci maggiore rappresentanza per tutti. E mettiamoci pure la proposta fatta da molti: che non si vedano sempre le stesse facce, che sia garantito un ricambio.
Insomma, fatta un'ipotesi di cambiamenti radicali, se davvero fosse desiderata, potrebbe mai essere cambiato tutto nel profondo? I rappresentanti che abbiamo eletto, farebbero un'azione di sacrificio nel più grande interesse popolare?
Se a questo punto vi viene da sorridere avete centrato il sarcasmo.

Nella mia umile opinione, qualsiasi visione sociale dovrà comunque scontrarsi con la difficoltà nel darne espressione. Come in un gioco di prestigio, vedo quel nove percento come apparso dalla bacchetta dell'illusionista: prima del trucco, nella realtà, era un quasi cento per cento.

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