giovedì, agosto 02, 2007

L'ebbrezza dell'automobile

In questi giorni si sta preparando un decreto legislativo, per anticipare la legge sulla sicurezza stradale.
Quando il Legislatore si muove, verso i temi di attualità, dietro pressione dell'opinione pubblica, sono sempre piuttosto scettico sui risultati.
Certe leggi e decreti hanno la dote del facite ammuina, generati dalla capacità di mettere in movimento ministri e deputati, in un macchinario capace di sfornare in tempi più o meno lunghi, ma con vicende sempre complesse, degli editti pressoché inutili -- a meno che per utilità non s'intenda l'appesantimento dell'ordinamento giuridico.

Il punto caldo dell'estate, ma ricorrente anche negli inverni più rigidi, è quello delle sanzioni a scopo dissuasivo per chi assume alcolici prima di mettersi alla guida.
Il limite già presente per lo stato di ebbrezza, aldilà dei calcoli che si possono fare, è lamentato da molti per essere troppo basso, e facilmente superabile con modeste quantità. E' ben difficile sapere invece se la misura del troppo basso indicata da costoro sia reale, o esclusiva lamentela di chi ha la frequente abitudine di eccedere. Ricordo di aver udito il racconto sulle vicende di un signore, non presente alla narrazione, che non si era preoccupato di bere meno, ma di garantirsi che la compagnia assicurativa, nel caso di ritiro della patente, gli rimborsasse il taxi per andare al lavoro.
Tanto vale per chi ci ragiona su da sobrio.
Perché ci sono almeno un paio di considerazioni che si dovrebbero fare, prima di legiferare.
La prima è che il guidatore ubriaco (non solo leggermente ebbro) ha già perso da tempo il contatto con la realtà. Da quando ha iniziato a bere è arrivato più o meno progressivamente al bere sempre di più, e nella condizione finale non ha ovviamente la capacità decisionale di chi è sobrio. Chi è sobrio dovrebbe sapere ad esempio che è spesso impossibile far ragionare chiaramente un ubriaco. Chi è allora che dovrebbe essere spaventato dall'inasprimento delle sanzioni, se chi è già alticcio non se ne preoccupa più?
La seconda considerazione riguarda i livelli degli eccessi. Che il limite inferiore per l'ebbrezza sia troppo basso o no, la dimostrazione pratica, spesso dopo incidenti mortali, è che chi li supera in modo decisamente pericoloso non lo fa mai per "quel goccetto di troppo". I livelli misurati sono sempre più spesso di quattro o cinque volte il limite, prefigurando quindi una condizione di alcolismo.

Forse non se ne ha sufficiente percezione, di questa preoccupante tendenza all'alcolismo, l'ho realizzato qualche tempo fa, al pranzo per una festa, dove mi sono trovato invitato. Uno dei convitati, sulla trentina, era visibilmente alticcio, ma considerava se stesso in condizioni normali, anzi meglio del normale. Tanto da finire per raccontarci, insieme al suo amico del tavolo di fronte, che per loro un buon pranzo era quello in cui si erano scolati (in due) oltre una dozzina di bottiglie. Dopo erano usciti dal ristorante, ed erano andati verso il centro cittadino per l'aperitivo serale, ovviamente alcolico.
Così rimane non significativa la preoccupazione di chi vuole assecondare l'opinione pubblica, il partito dei pubblici scontenti, che ha bisogno della carezza consolatoria.
Si cerca di mettere un tappo in una sola perdita, con un problema che genera falle ovunque. Anziché prendere provvedimenti seri contro l'alcolismo, si cerca di limitare gli alcolisti a chi non guida l'auto.

Il fenomeno è molto simile a quello del consumo di tabacco.
Si cerca di tenere i fumatori fuori dal cerchio di chi non fuma, mentre l'interesse a ridurne il numero complessivo, a monte, non c'è.
Perché è faticoso, c'è da spendere tempo e denaro, e non si hanno risultati sufficienti da sbandierare dopo. E il denaro va perso come mancati introiti per l'erario, per non parlare delle inimicizie con i grandi monopolisti di alcol e tabacco.

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